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Ïðîãðàììèðîâàíèå è êîìï-ðû
Ïñèõîëîãèÿ - ðåôåðàòû
Ðåëèãèÿ - ðåôåðàòû
Ñîöèîëîãèÿ - ðåôåðàòû
Ôèçèêà - ðåôåðàòû
Ôèëîñîôèÿ - ðåôåðàòû
Ôèíàíñû äåíüãè è íàëîãè
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Ýêîëîãèÿ è îõðàíà ïðèðîäû
Ýêîíîìèêà è ýêîíîìè÷åñêàÿ òåîðèÿ
Ýêîíîìèêî-ìàòåìàòè÷åñêîå ìîäåëèðîâàíèå
Ýòèêà è ýñòåòèêà
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Áèðæåâîå äåëî
Áóõãàëòåðñêèé ó÷åò è àóäèò
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Âåòåðèíàðèÿ
Äåëîïðîèçâîäñòâî
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Äðóãîå : Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿí...

Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿí...

Êè¿âñüêèé íàö³îíàëüíèé óí³âåðñèòåò

   ³ìåí³ Òàðàñà Øåâ÷åíêà

²íñòèòóò ³íîçåìíî¿ ô³ëîëî㳿

Êàôåäðà ³ñïàíñüêî¿ òà ³òàë³éñüêî¿ ô³ëîëî㳿


 




Äèïëîìíà ðîáîòà ñïåö³àë³ñòà íà òåìó:

 

“Ñèíòàêñè÷í³ òà ôóíêö³îíàëüíî –   

     ñåìàíòè÷í³ îñîáëèâîñò³ âæèâàííÿ óìîâíîãî ñïîñîáó â ³òàë³éñüê³é ìîâ³ ”

 

 

 

 




Ñòóäåíòà: Êèðè÷åíêà Òàðàñà Ãðèãîðîâè÷à

5 êóðñó , ³òàë³éñüêî¿ ãðóïè

Íàóêîâèé êåð³âíèê: äîö.Màãóøèíåöü ².².

                                                        

                                                        Ðåöåíçåíò :  ___________________

 

 

 


Êè¿â – 2002 ð.

 

 

 

 

 

 

PIANO:

Introduzione……………………………………………….................................….3


Parte I. L’oggetto delle ricerche: I tempi del Condizionale ...............................…..4

a)     Cosa é il modo   …………………………………………………….…………..4

b)    Cosa é  il tempo  ……….…….....................................................................……5


Parte II.   L’uso del modo condizionale    …...................................……...………13


Parte III.   IL periodo ipotetico  …………..….….……......................................…17


1. Le frasi ipotetiche    …….............................................................……………...17


a) Semantica del costrutto condizionale .................................................................18

b) Concordanza dei tempi e semantica dei modi ....................................................19

c) Il sistema dell’italiano standard    ………………………...……………………20

d) I costrutti“controfattuali”..... ..............................................................................22

e) Concordanza mista indicativo e congiuntivo-condizionale ................................25

f) Il sistema substandard di concordanza di modi e tempi  ....................................26

g) Costrutti condizionali pseudocoordinati ............................................................27

h) Costrutti condizionali interrogativi  e imperativi ...............................................29

i) Condizioni su azioni linguistiche ........................................................................33

j) Protasi non  introdotte da “se “............................................................................34

k) Protasi con modi verbali  non finiti ....................................................................37

l) Ordine delle proposizioni nella frase complessa..................................................38

m) Apodosi accompagnate  “da allora”...................................................................43



2. Le frasi concessive .............................................................................................46


a) Semantica del costrutto concessivo fattuale .......................................................46

b) Sintassi del costrutto concessivo fattuale ...........................................................49

c) Operatori di subordinazione proposizionali .......................................................49

d) Semantica del costrutto condizionale concessivo ..............................................52

e) Sintassi del costrutto condizionale concessivo ...................................................53

f) Subordinate condizionali concessive introdotte da “anche se” ...........................54

g) Semantica dei costrutti a – condizionali .............................................................60

h) I costrutti con “disgiunzione ..............................................................................61

          

Ðåçþìå (Riassunto) …………………………………………………................…65




INTRODUZIONE



          Avendo rispetto alle circostanze che sono state stabilite nel periodo dell’Unione Sovietica,quando la lingua italiana non si studiava ufficialmente in Ucraina , per il momento esiste una piccola quantità dei lavori dedicati al modo condizionale (I.Glivenko, A.A.Karulin,V.Cerdanzeva,G.G.Lebedeva, Mavrov). Ecco perche ho deciso studiare uno dei temi meno studiati d’italiano.

      L’atenzione fondamentale nel lavoro è concentrata sull’analisi delle particolarità sintattiche e semantiche - funzionari del modo condizionale,come in lingua scritta, cosi in parlata.

     L’attualità del tema è specificata dalla necessità di mostrare le particolarità e nuove tendenze d’uso del condizionale nella lingua dei giornalisti, cioè nei articoli di giornale, nella lingua dei libri,e nella quella parlata. Dunque,l’analisi complessa delle proposizioni  e costrutti condizionali, diventa indispensabile per la comprensione piu approfondito del carattere dei processi di evoluzione in italiano moderno.

     Lo scopo di questo lavoro è mostrare la formazione del condizionale semplice e composto, l’uso dei tempi del condizionale, le particolarità sintattiche e semantiche-funzionari, l’uso del condizionale nel periodo ipotetico, la semantica del costrutto condizionale e la concordanza mista dei tempi l’indicativo, congiuntivo e condizionale.

    Il lavoro è composto d’introduzione , tre parti principali e riassunto. L’elènco della letteratura usata si compone di 43 denominaziòni dei lavori di autòri nazionali e stranieri. L’entità generale del lavoro è 72 pagine.

   Nel introduzione viene motivata la scelta del tema, la sua attualità, vengono determinati gli scòpi e i compiti  del lavoro .

   La prima parte introduttiva è dedicata al definizione del tempo e del modo come le categorie grammaticale.       

   La seconda parte è dedicata al uso del condizionale semplice e condizionale composto.

   La terza parte è dedicata al periodo ipotetico, alla semantica del costrutto condizionale e alla concordanza dei tempi e dei modi.

   Nel riassunto principale vengono dedotti i resultati teoretici e practici delle ricèrche complèsse eseguite.

 

 

 

 

 

 

 

I.  L’oggetto delle ricerche: I tempi del modo condizionale

 

a) Cosa é il modo ? :


Il verbo possiede un organico e complesso sistema di forme per esprimere le ca­tegorie del modo e del tempo Il parlante può presentare il fatto espresso dal verbo in diversi modi, ciascuno dei quali indica un diverso punto di vista, un diverso atteggiamento psicologico, un diverso rapporto comunicativo con chi ascolta: certezza, possibilità, desiderio, comando ecc.

Talvolta, poi, l'uso di un determinato modo può dipendere anche da ragioni stili­stiche, da una scelta di "registro" o di livello linguistico: così, per esempio, nelle subordinate rette da verbi di giudizio l'indicativo (mi pare che ha ragione) corri­sponde a un livello d'espressione più popolare rispetto al congiuntivo (mi pare che abbia ragione).

In italiano disponiamo di sette modi verbali:


• quattro modi finiti:      indicativo (io amo)

                                     congiuntivo (che io ami)                                

                                     condizionale (io amerei)

                                     imperativo (ama!)

• tre modi indefiniti:     infinito (amare)

                                      participio (amante)     

                                     gerundio (amando)


Mentre i modi finiti determinano il tempo, la persona e il numero, i modi in­definiti non determinano la persona e, tranne il participio, il numero.

L'infinito, il participio e il gerundio sono anche detti "forme nominali del ver­bo", perché vengono usati spesso in funzione eli sostantivo e di aggettivo: abbia­mo già citato il participio presente amante, cui si può aggiungere il participio passato la (donna) amata; e si pensi ancora a infiniti quali l'essere, il dare i l'avere, l'imbrunire, o a gerundi diventati nomi, quali laureando e reverendo.

Modi finiti:

L'indicativo è il modo della realtà, della certezza, della constatazione e dell'esposizione obiettiva, o presentata come tale:

me ne vado (sicuramente).

II congiuntivo è il modo della possibilità, del desiderio o del timore, dell'opinione soggettiva o del dubbio, del verosimile o dell'irreale; viene usato generalmente in proposizioni dipendenti da verbi che esprimono incertezza, giudizio personale, partecipazione affettiva:

sembra che se ne vada            

                                            (ma non é certo)

preferisco che se ne vada


Anche il condizionale indica fatti, azioni, modi di essere in cui prevale l'aspetto di eventualità, subordinata a una condizione (di qui il nome):

me ne andrei (se potessi).

 L'imperativo, infine, è il modo del comando, dell'invito, dell'esortazio­ne, dell'ammonimento, dell'invocazione:

vattene! (è un ordine, un consiglio ecc.)


 Modi indefiniti:

L'infinito indica genericamente l'azione espressa dal verbo senza determinazioni di persona e di numero:

studiare, leggere, partire.

Il participio può svolgere sia la funzione di verbo sia quella di aggettìvo (inoltre, al pari degli aggettivi, assume anche valore di sostantivo). Il participio presente determina solo il numero, mentre il participio passato determina sia il numero sia il genere:

facente, facenti; vedente, vedenti; insegnante, insegnanti;

preso, presa, presi, prese; nato, nata, nati, nate; candidato, candidata,

candidati, candidate.


A differenza di quanto accade per i modi finiti, il participio non segnala la persona.

II gerundio indica un fatto che si svolge in rapporto a un altro, espres­so nella proposizione reggente da un verbo di modo finito:

sbagliando s'impara; l'ho incontrato tornando a casa, discutevamo pas­seggiando.                                                                                                      


 

b) Cosa é il tempo ? :

II tempo indica qual è il rapporto cronologico che intercorre tra l'azione o lo stato espressi dal verbo e il momento in cui viene proferito l'enunciato.

È opportuno distinguere tra tempo fisico e tempo linguistico (o grammatica­le): il tempo fisico si riferisce alla percezione che ciascun individuo ha del fluire del tempo nella realtà, ed è misurabile quantitativamente. Il tempo grammaticale è costituito invece da un sistema di relazioni temporali che permettono dj colloca­re l'azione prima, durante o dopo il momento in cui viene proferita la frase e dì indicare l'ordine di successione dei due avvenimenti.

Per esprimere il tempo linguistico il parlante ha a disposizione, oltre al siste­ma dei tempi verbali, gli avverbi e le locuzioni avverbiali di tempo (prima, dopo, fra sette mesi, per due anni). La non corrispondenza tra tempo fisico e tempo lin­guistico è evidente nei casi in cui un tempo grammaticale passato esprime un evento che nella realtà si svolge nel futuro:

saranno necessarie almeno dodici ore per sapere chi ha vinto le elezioni.


Il rapporto cronologico tra lo stato o l'azione espressi dal verbo e il momento in cui viene proferito l'enunciato può essere di:

 contemporaneità, quando il fatto avviene nel momento in cui si parla: 

  Daniele canta

 anteriorità, quando il fatto avviene in un momento anteriore a quello  in cui si parla: Daniele cantava (ha cantato, canto);

 posteriorità: quando il fatto avviene in un momento posteriore a quel­lo in cui si parla: Daniele canterà.


II tempo che esprime la contemporaneità è il presente; il tempo che esprime l'anteriorità è il passato, variamente articolato nell'indicativo (imperfetto, passato prossimo e remoto, trapassato prossimo e remoto) e nel congiuntivo ( imperfetto, passato, trapassato); il tempo che esprime la posteriorità è il futuro, suddiviso nell'indicativo in futuro semplice e futuro anteriore.

Sotto l'aspetto formale i tempi si distinguono in semplici, quando le forme verbali di cui sono costituiti consìstono in una sola parola (amo, temevo, anivò,partirà), e in composti, quando le forme verbali risultano dall'unione del participio passato del verbo con una voce dell'ausiliare essere o avere (ho amato, avevo temuto, fu arrivato, sarà partito).


Per comprendere meglio il significato delle relazioni temporali possiamo visualiz­zare graficamente la collocazione di un avvenimento lungo l'asse del tempo, rap­presentato da una linea retta. Per far ciò occorre fare riferimento a due nozioni fondamentali: :


• il momento dell'enunciazione (= ME), cioè il momento in cui si verifica l'atto di parola;

• il momento dell'avvenimento (= MA), cioè il momento in cui ha avuto luogo l'evento oggetto dell'atto di parola.


Per interpretare il passato remoto, il passato prossimo, l'imperfetto e il futuro dell'indicativo è sufficiente questo elementare riferimento al fluire del tempo fisico. Il trapassato prossimo, il trapassato remoto e il futuro anteriore, vice­versa, non sono ancorati direttamente al tempo fisico, ma sono collegati ad esso indirettamente, attraverso un'indicazione relativa di anteriorità o poste­riorità rispetto ad un evento espresso da un tempo semplice (dopo che ebbe appreso la notizia svenne) o da un'altra determinazione temporale (alle 8 aveva già cenato). Per rappresentare graficamente i tempi composti dobbiamo pertanto introdurre un terzo parametro, denominato momento di riferimento (= MR). Esso può essere costituito da un avverbio di tempo o da un'altra determi­nazione temporale (alle cinque, l'anno scorso, quando sono uscito ecc.):

   Tempi dell’indicativo:

L'indicativo è l'unico modo verbale che abbia specificati nei suoi vari tempi

- semplici (presente, imperfetto, passato remoto, futuro) e composti (passa­to prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro anteriore) – i tre fondamentali punti di riferimento cronologici in cui un fatto avviene: l'ante­riorità, nelle sue molteplici articolazioni (imperfetto, passato prossimo, passato re­moto, trapassato prossimo, trapassato remoto); la contemporaneità (presente); la posteriorità (futuro semplice e futuro anteriore).

Il   presente.   Indica  il fatto,  l'azione,  il modo di essere che si svolgono o

sussistono nel momento stesso in cui si parla:

faccio una passeggiata.        

Si usa spesso il presente per esprimere la consuetudine, l'iterazione, hi regolarità con cui si veri/icario determinati fatti:

il rapido per Napoli parte alle diciassette; vedo Luigi tutti i giorni;

 o per indicare un'attitudine del soggetto:  Franco parla il tedesco; Giulio ripara le antenne;

in questi casi il tempo presente indica che il soggetto possiede una determinata capacità ed è in grado di esercitarla quando occorre, ma non necessariamente che egli stia esercitando tale capacità al momento dell'enunciazione.

Inoltre il presente, in quanto "non-passato" e "non-futuro", è in grado di signi­ficare ciò che si avvera sempre, le verità atemporali:

la luna gira intorno alla terra; la rosa è un fiore;

il presente atemporale, particolarmente usato nelle definizioni scientifiche, non è sostituibile con altri tempi o modi:

 due più due faceva / sta facendo / farebbe quattro;

e non è compatibile con avverbi temporali del tipo prima, dopo, non sempre, la Luna gira intorno alla Terra, ma non sempre.

Nei proverbi e negli aforismi il presente vuole indicare appunto la perenne vali­dità di quanto viene affermato:

chi dorme non piglia pesci; il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Il presente storico è un passato in forma di presente, è quasi un modo per far rivi­vere il passato nel presente; serve a conferire maggiore efficacia alla narrazione dei fatti, ad attualizzarli:

Leopardi nasce a Recanati nel 1798; Cesare da l'ordine di avanzare.


L'imperfetto Esprime la durata o la ripetizione nel passato:

la pioggia cadeva ininterrottamente da due giorni; venivano a trovarci quasi tutte le settimane.


Dal punto di vista aspettuale l'imperfetto indica un'azione incompiuta nel passato; per questo motivo, di norma, un verbo all'imperfetto non è sufficiente a conferire alla frase senso compiuto. Se dico: ieri tornavo a casa la frase rimane come sospesa e il mio interlocutore si aspetta un'integrazione, per esempio: ieri tornavo a casa quando ho incontrato Gianni.

Nelle narrazioni, l'imperfetto costituisce il tempo della descrizione per eccellenza. Esso si presta infatti a rappresentare scene statiche, in cui tutti gli elementi sono collocati sul medesimo piano temporale:

La stazione era deserta. Carla indossava un soprabito scuro. L'orologio segna­va le venti e trenta,

La stessa scena, resa con i verbi al passato remoto, da piuttosto l'idea di un susse­guirsi poco coerente di frasi:

La stazione fu desena. Carla indossò un soprabito scuro. L'orologio segnò le venti e trenta.

Questa differenza è messa a frutto quando si esercita, a qualsiasi livello, l'arte del raccontare: l'imperfetto descrive luoghi e personaggi o delinea stati di cose, men­tre i tempi perfettivi (il passato remoto o il presente storico) sono necessari per dare il via alla storia, per riferire in modo ordinato il susseguirsi degli avvenimen­ti. Lo si può facilmente verificare analizzando l'inizio di una fiaba:

C'era una volta a Palermo un certo Don Giovanni Misiranti, che a mezzo­giorno si sognava il pranzo e alla sera la cena, e di notte se li sognava tutti e due. Un giorno, con la fame che gli allungava le budella, uscì fuori porta. (da Fiabe italiane raccolte e trascritte da Italo Calvino, Milano, A. Mondadori).

Quanto detto non vale nei casi in cui l'imperfetto assume valori aspettuali proprì del passato remoto, come avviene con il cosiddetto imperfetto narrativo, caratteristico, oltre che della lingua letteraria, dei resoconti giornalistici:

Nel ribollire della disamistade cadevano le elezioni regionali del 51; i candi­dati democristiani disertavano la piazza, la frequentavano invece i comunisti (L. Sciascia, Le parrocchie di Regalpetrd);

allo scoccare della mezzanotte l'assassino entrava di soppiatto in casa delle vittime;

al ventisettesimo minuto della ripresa il centravanti raccoglieva un abile invito del numero 10 e metteva in rete.

Talvolta l'imperfetto può assumere valori modali diversi da quelli propri dell'indi­cativo. Si distingue in particolare:

1. un imperfetto ipotetico:

facevi meglio a stare zitto; potevano anche dircelo prima.

Quest'uso è comune soprattutto nel parlato; in una varietà più formale di lingua troviamo invece il condizionale passato {facevi = avresti fatto; pote­vano = avrebbero potuto);

2. un imperfetto irreale: si ha ogniqualvolta il tempo verbale serve a sottolineare un distacco dalla realtà e la creazione di un universo fittizio. È tipico delle narrazioni di sogni o della trama di un'opera letteraria:

poi entravo in un'enorme sala a specchi: dopo alcuni secondi le pareti inizia­vano a muoversi verso di me...

e nel cosiddetto imperfetto Indico, comune nelle affabulazioni dei bambini: Allora, facciamo che io ero il papa e tu la mamma;

3. un imperfetto attenuativo, a cui si ricorre in particolare con il verbo volere e sinonimi, per conferire un tono di cortesia o di attenuazione del valore iussivo di una richiesta; si immagini il seguente dialogo tra un salu­miere e una cliente, in cui chiaramente i due imperfetti non hanno valore temporale:

- Cosa desiderava signora?

- Mah, volevo due etti di prosciutto.

Nel secondo caso l'imperfetto può essere adeguatamente sostituito dal condizio­nale presente.


Il passate prossimo. Questo tempo composto, formato dal presente di un au­siliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, esprime un fatto com­piuto nel passato, ma che ha una qualche relazione col presente, o perché l'even­to descritto perdura nel presente:

due giorni fa ho preso una brutta influenza (e ancora ne soffro);o perché perdurano gli effetti dell'evento descritto:

Marco è nato il 21 settembre del 1943;

ho imparato l'inglese durante un soggiorno di studio negli Stati Uniti;


per quanto riguarda il primo esempio è significativo il fatto che si usi il passato prossimo per indicare la nascita di un personaggio ancora vivente, ma sia d'obbli­go il passato remoto per indicare il dato biografico di un defunto:

Manzoni nacque nel 1785.

Anche senza l'accompagnamento di avverbi o di locuzioni avverbiali, il passato prossimo può equivalere in qualche caso a un futuro anteriore, presentando il fat­to come compiuto nel futuro:

un ultimo sforzo e ho finito (= avrò finito).


II passato remoto. Indica un'azione conclusa nel passato, prescindendo dal suo svolgimento e dai suoi eventuali rapporti col presente. Si noti la differenza tra:

1. Mora via scrisse Gli indifferenti dal 1925 al 1928;

2. Moravia scriveva Gli indifferenti tra il 1925 e il 1928;

3. Moravia ha scritto Gli indifferenti.


Nella frase 1 il passato remoto scrisse mette in rilievo l'aprirsi e il chiudersi dell'azione, il suo inizio e la sua fine. Nella frase 2 l'imperfetto scriveva sottolinea lo svolgimento dell'azione entro i limiti temporali indicati. Nella frase 3 il passato prossimo ha scrìtto esprime insieme la compiutezza dell'azione e la sua "attualità": Moravia è autore di questo libro, questo libro esiste, possiamo leggerlo.

Nella lingua contemporanea il passato remoto viene spesso sostituito dal passato prossimo: l'anno scorso sono andato a Venezia. Particolarmente nel parlato, il prevalere del passato prossimo rispetto al passato remoto si giustifica con l'esi­genza di avvicinare i fatti al momento della narrazione, con ragioni cioè di imme­diatezza espressiva. Si noti che questo uso del passato prossimo al posto del pas­sato remoto, ora sempre più generalizzato, è tipico dell'Italia settentrionale; nel meridione si ricorre invece al passato remoto anche riferendosi a fatti avvenuti in un tempo vicinissimo al presente: arrivai un quarto d'ora fa.

Il trapassato prossimo e il trapassato remoto. Il trapassato prossimo(o piuccheperfetto), formato dall'imperfetto di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un fatto del passato, anteriore a un altro fatto pure del passato:

mi ero appena addormentato, quando bussarono alla porta.

Il trapassato prossimo può assumere valori modali diversi da quelli propri dell'in­dicativo:


1. trapassato prossimo ipotetico,  usato  colloquialmente  nell'apodosi del periodo ipotetico, in luogo del condizionale passato.

se non mi fossi ammalato a quest'ora avevo già terminato gli esami;

  2. trapassato prossimo attenuativo:

Buongiorno, ero venuto per chiederle una cortesia.    

Questi valori modali, che ricalcano in parte quelli dell'imperfetto, sono dovuti con ogni probabilità all'influsso dell'ausiliare del trapassato prossimo, coniugato all'im­perfetto indicativo.


Il trapassato remoto, formato dal passato remoto di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un fatto anteriore al passato remoto. Il trapassato remoto ha un uso più limitato del trapassato prossimo; infatti, mentre questo si può incontrare sia nelle proposizioni principali sia nelle proposizioni su­bordinate, il trapassato remoto oggi si trova solo nelle proposizioni temporali in­trodotte da quando, dopo che, non appena, appena (che):

non appena se ne fu andato, vennero a cercarlo.

II futuro semplice e il futuro anteriore. Il futuro semplice indica un fat­to che deve ancora verificarsi o giungere a compimento:

arriverò domani; terminerò il lavoro entro una settimana.

 Il futuro semplice può assumere valore di imperativo:

farete esattamente come vi ho detto; imparerai questa poesia a memoria.

Il futuro anteriore, formato dal futuro semplice di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un evento futuro, anteriore a un altro pure del futuro; è quindi una sorta di "passato nel futuro":

quando lo avrai visto, te ne renderai conto.

Sia il futuro semplice sia il futuro anteriore possono indicare un dubbio, una sup­posizione o una deduzione del parlante:

hanno bussato alla porta, sarà Marco;

 a occhio e croce questa pizza peserà due etti;

quando è iniziato lo spettacolo saranno state le nove;

in questo caso il futuro ha valore modale, non temporale, come si evince dal fatto che i verbi degli esempi riportati non esprimono posteriorità.



Tempi del congiuntivo:

I tempi del congiuntivo sono quattro: presente, imperfetto, passato, trapassato.

II congiuntivo viene usato soprattutto nelle proposizioni dipendenti. In quelle indi­pendenti - nelle quali il congiuntivo può esprimere volontà, dubbio, concessione - i due tempi semplici (presente e imperfetto) si usano con riferimento al presente:

dica

                 pure cio che vuole

dicesse


I due tempi composti (passato e trapassato) si usano invece con riferimento al passato:


                sia

che                         gia partito?                   

              fosse

Per la scelta del tempo nelle proposizioni dipendenti, si veda il capitolo della sin­tassi.

Tempi del condizionale:


II condizionale ha due tempi: uno semplice, il presente, e uno composto, il passato. Col presente si indica l'eventualità nel presente, col passato l'eventualità nel passato:

vorrei

                        rivederti

avrei voluto


Tempi  dell’imperativo:

L'imperativo ha due tempi, il presente e il futuro:

esci subito di quii; farai quello che dico io!  


L'imperativo manca della prima persona singolare.

Tutte le voci dell'imperativo sia presente sia futuro coincidono con quelle del presente e del futuro di altri modi; solo i verbi appartenenti alla prima coniuga­zione hanno la seconda persona singolare dell'imperativo presente che non può essere confusa con la seconda persona di nessun altro tempo: studia, mangia, parla.

Nella forma negativa, la seconda persona singolare dell'imperativo presente si esprime con l'infinito presente preceduto dalla negazione non:

non cantare, non correre, non partire.

Tempi dell’infinito:


I tempi dell'infinito sono due: uno semplice, il presente (andare, vedere, finire): e uno composto, il passato (essere andato, aver visto, aver finito).

L'infinito si usa soprattutto in frasi subordinate: il presente indica un rapporto di contemporaneità o di posteriorità rispetto al tempo del verbo della reggente; il passato indica un rapporto di anteriorità:

dice

                di conoscerlo, di volerlo conoscere

diceva.

  dice                                 

                                  di averlo conosciuto.

diceva


Preceduto dalla negazione non, l'infinito presente può acquistare il valore di im­perativo:

non farlo!; non dire sciocchezzel; non ridere.

Ha lo stesso valore, anche senza la negazione, in avvisi, cartelli, insegne:

tenere la destra; moderare la velocità; gettare i rifiuti nel cestino.

 Spesso l'infinito presente svolge la funzione di sostantivo:

 tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare

e si pensi a infiniti come dovere, piacere, avere, trasformatisi in sostantivi forniti anche di plurale: il dovere/i doveri; il piacere/i piaceri; l'avere/gli averi.

Tempi del participio:

II participio ha due tempi: il presente e il passato.

Come gli aggettivi in -e, il participio presente ha una forma per il maschile e il femminile singolare {amante, vincente, partente) e una per il maschile e il femminile plurale (amanti, vincenti, partenti). È usato sempre più raramente nel suo valore verbale; participi quali ardente, splendente, avvincente, arrogante, sor­rìdente o quali studente, cantante, insegnante, emigrante, dirigente sono oggi sentiti soltanto come aggettivi e sostantivi.

Il participio passato si comporta come gli aggettivi in -o: lodato, lodata, lodati, lodate. Si usa insieme con gli ausiliari essere e avere nelle forme composte della coniugazione verbale: sono andato, hai visto, è preso.

Ha spesso funzione di aggettivo o di sostantivo:

uno stimato professionista, il candidato eletto; l'imputato, i vinti, uno sconosciuto.

Ilparticipio passato ha valore attivo con i verbi intransitivi:

partiti di mattina, arrivarono a notte fonda (paniti = essendo partiti, sebbene fossero partiti);

ha invece valore passivo con i verbi transitivi:

non mi piace la minestra riscaldata (riscaldata = che è stata riscaldata).

Tempi del gerundio:

II gerundio ha due tempi: il presente (cantando, leggendo, udendo) e il passato (avendo cantato, avendo letto, avendo udito).

Il gerundio presente trova impiego in proposizioni subordinate, dette ap­punto gerundive:

 discutevamo camminando,

dove camminando è una gerundiva con valore temporale (= mentre camminava­mo).

Contribuisce a formare le perifrasi verbali andare + gerundio e stare + gerundio, che esprimono un'azione progressiva e durativa, considerata cioè nel suo progre­dire e nella sua durata:

il tempo va migliorando, sto studiando.

Molti gerundi presenti hanno subito un processo di nominalizzazione: laureando, reverendo e, nel linguaggio musicale, crescendo, diminuendo.

Il gerundio passato non è molto usato; in genere viene sostituito con frasi espli­cite: si dice è stato promosso perché ha studiato piuttosto che avendo studiato è stato promosso.


II.  L’uso del modo CONDIZIONALE


Il condizionale présenta l'azione o il modo di essere come eventuali-ipotetici; e cioè come realizzabili, nel présente o nel passato, ma subordinatamente a determinati condizioni o condizionamenti che possono essere espressi o sottintesi. Tali condizioni o condizionamenti sono per lo piu indipendenti dalla volontà di chi parla o scrive (ne sia o no egli il soggetto grammaticale) e possono risultare: o già ben definiti ed esistenti o supponibili oppure suggeriti da opportunità di adattamento comportamentale a specifici aspetti situazionali. Sul genere di potenzialità di tali presupposti (sintatticamente: protasi), chi parla o scrive valuta il grado di probabilità di realizzazione dei fatti che ne dovrebbero conseguire (sintatticamente: apodosi),e,  nell'esprimerli, mediante il condizionale manifesta (o tradisce) l'atteggiamento mentale o psicologico del consapevole distacco o del sospeso possibilismo o della cauta esitazione.

Per esemplificare: apodosi: Vorrei parlarle (protasi: se ha un po' di tempo). - Ci verrei anchio (se non ti disturbo). - Fumerei volentieri qualche sigaretta ogni tanto (ma qui è proibito). - Carlo si starebbe per laureare (se è vero quel che si dice). - lo (se fossi stato al tuo posto) non gli avrei dato retta. - Sarebbe venuto allé cinque (mancano ancora due ore //oppure: ormai è mutile aspettarlo). - Sarei partito ieri // domani (ma non ho trovato posto in aereo).

Sia al présente che al passato, il condizionale può esprimere l'atteggiamento di prudente presa di distanza (condizionale di distanziamento) di chi narra fatti e fa anche intendere di non avere diretta o comunque piena conoscenza; o magari di non volere essere in nessun modo coinvolto. E' questa la tipica modalità di chi, anche per professione, come il giornalista, è costretto a interessarsi di vicende di particolare delicatezza e responsabilità:

- Carlo Rossi sarebbe stato messo in prigione. (come a dire: se è vera la notizia che ho sentito, Carlo Rossi...)

- Seconde l'accusa (...) la maggior parte delle apparecchiature sarebbero state residuati di guerra (...). (in 'La nazione', 5-9-1976).

- Ayrton Senna sembrerebbe escluso dal prossimo campionato (...). II condi­zionale è d'obbligo perché in realta la attuale azione potrebbe ancora mutare (...). (C. Marincovich, in la 'Repubblica' [sport], 11-2-1992) (qui l'autore stesso, giustifica l'uso del condizionale come segnale di opportune atteggiamento prudenziale).

L'idea di intenzionalità, di disponibilità legata al condizionale consente che il tempo passato serva a esprimere il rapporte di posteriorità dei fatti narrati rispetto a un punto di riferimento collocato nel passato (futuro del [nel] passato):

- (Carlo dice che finirà entro un'ora [= che ha intenzione di finire...]) -«Carlo disse che avrebbe finito entro un'ora. (= che aveva intenzione di finire...)

- Certe volte (...) ho pensato che Sciarmano sia stato il primo a sapere che io sarei nata (...). (M. Di Lascia, Passaggio in ombra').

- (...), mi dicevo che presto Io avrei riavuto tutto per me (...). (M. Di Lascia, cit.).

In questi casi, specie (ma non solo) nei registri linguistici meno sorvegliati, si puo usare, in alternativa, L’indicativo imperfetto :

- Carlo disse che finiva (= avrebbe finito) entro un'ora.

Nel seguente esempio, per il futuro nel passato, si noti l'uso del condizionale passato e dell'imperfetto nei due segmenti di una frase temporale scissa per enfasi:

- (...) a quel punto gli chiedeva quando sarebbe stato che la mamma la mandava a conoscere la nipote. (M. Di Lascia, cit.)


Per la stessa idea di intenzionalità, il condizionale passato puo anche espri­mere fatti desiderati o progettati per il reale

futuro ma dei quali già nel présente si conosce la irrealizzabilità essendo nota lacondizione impediente. Ne risulta dunque un periodo ipotetico délla irrealtà che ha l'apodosi collocata nel passato:

- So che domani vai a Roma. Ci sarei venuto anch'io, ma ho da fare (oppure: se non avessi da fare).

- Una volta nella nostra cappella tenevano messe anche per il pubblico. Quest'anno no. Saresti venuto, vero? (G. Arpino, 'La suora giovane').

Anche in questi casi è possibile l'uso alternativo dell'indicativo imperfetto :

- A Roma domani ci venivo anch'io se non avessi da fare(Moravia).

E' forse utile tornare a riflettere un po' su quel génère particolare di condizionamenti  come "suggeriti da opportunità o nécessita di adattamento comportamentale a specifici aspetti situazionali", che, pur non esplicitati, ciascuno di noi intuisce, avere, cogliere, e in base ai quali (riluttante o no) regola il proprio modo di comportarsi. Tali aspetti variano col variare a) delle situazioni (più formali, meno formali, non formali), b) della funzione comunicativa (narrativa, espressiva, conativa, imperativa ...) o c) (forse più spesso) degli interlocutori (e in base al loro ruolo sociale, all'età, al sesso, al loro contingente stato urnorale, allé loro azioni e reazioni). Sono tipi vari di condizionamenti che, dettati in génère dal desiderio o comunque dalla nécessita di stabilire armonia di rapporti, non solo comunicativi, determinano le nostre scelte (o stratégie) di comportamento, e dunque anche linguistiche.

E' cosi che si può spiegare, ad esempio, una frase come la seguente formulata da chi desiderasse far conoscere la propria casa a qualcuno: "Questa sarebbe la mia casa". Come 'sarebbe'? E' o non è? E', naturalmente, ma rapporte di cortesia suggerisce che la brusca referenzialità dell'indicativo si attenui nel senso di conciliante garbatezza del condizionale. Mediante il quale il parlante sembra quasi subordinare la vérità di quanto afferma al punto di vista, all'approvazione o disapprovazione del suo interlocutore: che rappresenta un condizionamento non trascurabile.

Situazioni comunicative analoghe, soprattutto parlate, ricorrono con assoluta quotidianità. E il condizionale vi appare lo strumento pragmatico , tipico di un rapporte che predilige i modi délla conciliante offerta o richiesta di disponibilità, della garbata proposta, délla discreta esitazione, délla valutazione rispettosa e misurata, délla distaccata ironia, della domanda aperta e possibilista.

Le espressioni qui di seguito proposte come esempio potrebbero avère la condizione o il condizionamento espressi o sottintesi (come suggeriti dalla situazione in se). Noi abbiamo preferito questa seconda soluzione, ritenendola la più ricorrente nella realtà comunicativa. In parentesi accenneremo comunque a qualche esempio, e non sempre con l'esplicitante 'se'. Non di rado verra fatto di notare che i significati potrebbero variare col variare del tipo di situazione:

• semplice potenzialità nel présente o nel passato: In casi come questo, qualcuno parlerebbe (avrebbe parlato) di tradimento.

• aperta offerta di disponibilità: Pagherei chissà che per un bicchier d'acqua. (Ma ho paura che sarà difficile averlo) Qui il passato suonerebbe come un rammarico: Avrei pagato chissà che (...).

• richiesta gentile (con verbo di 'volontà'): Vorrei un caffe. - Preferirei rimanere sola. (Se non vi dispiace)

In casi come questo, soprattutto con i verbi 'volere' e 'desiderare', il richiedente potrebbe anche usare l'imperfetto attenuativo' . E cio, in particolare, come risposta a una richiesta fatta con l'imperfetto della medesima modalità da parte dell'interlocutore; il quale, per altro, non potrebbe usare il condizionale, che (si veda più sotto) suonerebbe come provocazione: "Che desidera (voleva, desiderava)" "Volevo (vorrei, desideravo), un caffe."


Qui il passato suonerebbe come rinuncia o rimprovero: Avrei voluto un caffe

(esempio: ma ho fatto bene a non.../ ma tu...)

• richiesta resa più conciliante e gentile dalla forma interrogativa: Mi daresti (potrei avère) un bicchier d'acqua?

Qui il passato suonerebbe come richiesta di informazione.

• gentile invito, e rifiuto gentilmente esitante: "Ci verresti (vieni) al cinéma con noi?" "Ma io, veramente, avrei da studiare."

Qui il passato suonerebbe come gentile richiesta di informazione con relativa gentile risposta.

• manifestazione di un desiderio (che potrebbe anche nascondere una richie­sta): Verrai (tanto) volentieri a Roma con te. (Se non temessi di disturbarti) -Adesso si che mi fumerei una bella sigaretta! (Non hai mica da offrirmela?)

• domanda per conforma: Sarebbe quello tuo genero? - Questo sarebbe il libro di cui mi parlavi? (Se non mi sbaglio questo potrebbe essere...)

Talvolta anche con qualche moto di meraviglia o incrédulità o ammirazione o invidia: Sarebbe questa la tua Lucia? - Quel piccolino li parlerebbe già cinque lingue?

• presentazione di qualcuno o qualcosa in tono discreto e sommesso (usando 'essere'): Questa sarebbe la mia biblioteca. (Anche se piuttosto modesta)

• sommesso intervento del parlante (per consiglio, proposta o altro gentil­mente sollecitato dall'interlocutore), anche introdotto da un verbo corrispondente: Oddio, io qualcosa in testa ce l'avrei pure. (N. Boni, in 'La stampa', 8-8-1988) - "Tu che dici (pensi, consigli, suggerisci // diresti, penseresti, consiglieresti, suggeriresti) di fare stasera?" "Io direi (penserei, consiglierei, suggerirei) di fare una partitina a poker". (Se posso, io direi...).

Qui il passato suonerebbe come ripensamento su qualcosa che forse avrebbe potuto o dovuto essere fatto.

• opinione in tono attenuate (di chi, spesso anche il verbo 'dovere', mostra molta fiducia sulla probabilità di realizzazione):

Una soluzione salomonica che dovrebbe mettere a tacere tutte le polemiche (...). (in 'il Giornale', 27-10-1995)

• opinione garbatamente a contrario: "Gli scalatori di alta montagna sono degli sconsiderati perché mettono a repentaglio la loro vita. Lei, dottore, che ne pensa?" "Ma io, veramente, non sarei cosi severo in proposito."

• presa di distanza ironicamente tagliente in forma di domanda: Un ipotetico professore a un ipotetico interrogato: "E tu avresti studiato?" (come a dire: "Checché tu insista a dire, non hai studiato proprio.") - "E quello sarebbe un bravo medico?" (si potrebbe dire di un medico che immeritatamente gode di buona fama)

• domanda in tono di incredulità o di risentimento per impedire o disapprovare fatti o progetti dell'interlocutore o di altri; o anche per provocare l'interlocutore stesso: Che farebbe tuo fratello stasera!? Uscirebbe?! (Come a dire: "Se ha un'intenzione del génère, se la tolga dalla testa.") - Tu esporresti un tale monumento in luogo pubblico? (l. Silone, Il segreto di Luca) - "Come sarebbe a dire?!" chiese il commissario sbarrando gli occhi. (P. Chiara, I giovedi della signora Giulia').

La stessa domanda al passato, puo anche servire a smentire un fatto o a difendersi da qualche accusa: Anna: "E' stato Carlo a dire che Luigi...." Carlo: Che cosa avrei detto io?".



III. IL periodo IPOTETICO


1.Le frasi ipotetiche


Le frasi ipotetiche (cioè le proposizioni subordinate introdotte nella gran parte dei casi dall'operatore di subordinazione se) forma­no, insieme alle proposizioni sovraordinate da cui dipendono, frasi complesse tradizionalmente chiamate «periodi ipotetici», che noi chiameremo anche «costrutti condizionali».

All'interno di un costrutto condizionale la proposizione subordi­nata viene chiamata «protasi», mentre la proposizione sovraordinata viene chiamata «apodosi»; prese singolarmente protasi ed apodosi possono essere frasi semplici, come in (1), oppure frasi complesse che contengono proposizioni coordinate, come in (2), o frasi com­plesse contenenti (almeno) una proposizione subordinata come in (3):

(1)    Se partiamo abbastanza presto, non troveremo molto traffico.

(2)    Se il treno non è in ritardo ed i vagoni non sono troppo affolla­ti, faremo un viaggio comodo ed arriveremo in tempo per la partita.

(3)    Se credi di essere troppo stanco per fare quel lavoro, sarà me­glio affidarlo a qualche altro tuo collega.

Inoltre l’apodosi di un costrutto condizionale non deve essere ne­cessariamente una proposizione principale, ma può essere a sua volta subordinata ad un'altra proposizione principale, come in (4):Mi hanno detto che dovrò fare un'ottima prova, se voglio vera­mente ottenere l'incarico.

a)Semantica del costrutto condizionale

Parlando di «periodo ipotetico» e «costruttto condizionale»  si identifica la costruzione in base alle sue caratteristiche funzionali: con la protasi si «ipotizza» una «condizione», soddisfatta la quale si ha come «conseguenza» quanto espresso dall'apodosi. Il costrutto esprime globalmente un'ipotesi  ed instaura fra il contenuto proposizionale della protasi (che simbolizzeremo con «p») e quello dell'apodosi (che simbolizze­remo con «q») un rapporto del tipo «condizione-conseguenza».

Per esempio, con una frase come (1) si ipotizza che, soddisfatta la condizione di una partenza sufficientemente mattiniera (p), si avrà come conseguenza un viaggio tranquillo per la scarsità di traffico (q): p e q non sono presentati sicuramente ed indipendentemente come veri, ma data la verità di p deve seguirne la verità di q. Questo aspetto del significato di un costrutto condizionale può essere così riassunto: un costrutto condizionale ipotizza che i contenuti proposi­zionali di protasi ed apodosi siano entrambi veri («se p, q» - «Pvero E qvero»).


Nel caso in cui alla partenza mattiniera (p) faccia poi séguito un viaggio clamorosamente ritardato dal traffico (non-q) la frase in (1) sarà considerata un «cattivo» consiglio, oppure una previsione «sba­gliata»: un costrutto condizionale non prevede che il contenuto pro­posizionale della protasi sia vero e che quello della apodosi sia falso.

Inoltre nella comunicazione quotidiana, ordinaria, l'enunciazione di una sequenza come (1) suggerisce all'interlocutore che una parten­za ritardata (non-p) avrebbe come conseguenza l'incontro di un den­so traffico (non-q). Questo suggerimento, esprimibile con (5), è una «inferenza sollecitata» (o «invitata») dal costrutto condizionale esem­plificato in (1), e mostra un altro aspetto del significato di un perio­do ipotetico, così riassumibile: un costrutto condizionale ipotizza che i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi siano entrambi falsi («se p, q» — «pFalso E q Falso»):

(5) Se non partiamo abbastanza presto, troveremo molto traffico.

Unendo quanto proposto finora, possiamo dire che un costrutto condizionale ipotizza che i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi possano essere o entrambi veri, o entrambi falsi (grazie al­l'inferenza sollecitata).

Questo significato, ottenuto per (1) combinando appunto (1) e (5), ov­vero la sua inferenza sollecitata, corrisponde a quello espresso direttamente ed esplicitamente da un costrutto condizionale con la protasi introdotta dal­l'operatore di subordinazione solo se:

(6) Solo se partiamo abbastanza presto non troveremo molto traffico.

Un costrutto come (6), detto «bi-condizionale», ha un significato parafrasabile proprio con l'accostamento di (1) e di (7):

(7) Se non partiamo abbastanza presto, troveremo molto traffico.

La sinonimia tra i costrutti condizionali e quelli bicondizionali, e tra gli operatori di subordinazione se e solo se, è però solo apparente: un costrutto bicondizionale, grazie alla presenza di solo se, ha sempre e per forza l'interpretazione ottenibile combinando insieme gli schemi presentati sopra, men­tre un costrutto condizionale semplice può avere sia l'interpretazione bicondizionale (grazie all'inferenza sollecitata) sia l'interpretazione più debole, priva dell'inferenza sollecitata.

Per esempio, una sequenza come (8) presenta, tramite la coordinazione dei due infiniti, non una ma due condizioni, e può essere parafrasata con un costrutto che abbia due protasi coordinate, una per ogni condizione, come (9):

(8) Se continua a non piovere e a non nevicare, la prossima estate rischiere­mo la siccità.

(9) Se continua a non piovere e se continua a non nevicare, la prossima estate rischieremo la siccità.

Ma in (9) non è possibile dare una interpretazione bicondizionale alle due protasi, e non è possibile sostituire i due se con due solo se, come si vede dalla inaccettabilità di (10):

(10) Solo se continua a non piovere e solo se continua a non nevicare, la prossima estate rischieremo la siccità.

Infatti il significato di solo entra in contraddizione con il significato di e; l'unica interpretazione possibile per i due se di (9) è quella semplice, priva dell'in­ferenza sollecitata. L'interpretazione bicondizionale (con l'inferenza solleci­tata) può emergere solo combinando le due condizioni in un unico conte­nuto proposizionale complesso; così l'interpretazione di (11) può essere pa­rafrasata con l'accostamento di (12a-b):

(11)    Solo se continua [a non piovere e a non nevicare], la prossima estate rischieremo la siccità.

(12)    a. Se continua [a non piovere e a non nevicare], la prossima estate

rischieremo la siccità.

b. Se non continua [a non piovere e a non nevicare], la prossima estate non rischieremo la siccità.

Formalizzeremo quindi la differenza di significato esistente fra i costrutti bi-condizionali ed i costrutti condizionali con gli schemi rappresentati ri­spettivamente in (13) ed in (14):

(13)   «Solo Se p, q» —» «Pvero E qvero» O «pFalso E qFalso»

(14)   «Se p,  q» — «pVero E qvero»  (O «Pfalso E qFalso»)

 

b)Concordanza dei tempi e semantica dei modi


L'italiano presenta un sistema standard di concordanza di modi e Tempi verbali all'interno dei costrutti condizionali, che nella lingua contemporanea è affiancato da una variante colloquiale che si sta dif­fondendo anche a livelli più alti, e da un sistema «substandard» tipi­co solamente di alcune varietà più basse.

Nel primo sistema è possibile avere l'indicativo in protasi ed apo dosi, come in (15), il congiuntivo imperfetto nella protasi e il condi­zionale semplice nell'apodosi, come in (16), e il congiuntivo piucche­perfetto nella protasi e il condizionale composto nell'apodosi, come in (17) :

(15) Se vieni alla festa, ti divertirai moltissimo.

(16) Se venissi alla festa, ti divertiresti moltissimo.

(17) Se fossi venuto alla festa, ti saresti divertito moltissimo.

La variante colloquiale del sistema standard, presente talora anche in livelli più alti, prevede la possibilità che l'indicativo imperfetto sostituisca il congiuntivo piuccheperfetto nella protasi e / o il condizionale composto nell'apodosi, come in (18):

(18)   a. Se lo sapevo prima, sarei arrivato in tempo a salutarti.

 b. Se lo sapevo prima, arrivavo in tempo a salutarti.

 c. Se l'avessi saputo prima, arrivavo in tempo a salutarti.

Il tipo in (18b) è presente nel seguente es. da Manzoni, che riproduce il parlato spontaneo:

(19) «Se mi s'accostava un passo di più, soggiunse, l'infilavo addirittura, prima che avesse tempo di accomodarmi me, il birbone» (A. Manzoni,  promessi sposi, cap. XXXTV)

Nell'apodosi si può avere anche il piuccheperfetto con valore di com­piutezza :

(20) Se non fosse successo / succedeva quell'incidente, a quest'ora eravamo già arrivati.

Nel sistema «substandard» invece dei modi congiuntivo e condi­zionale appare l'indicativo, così che (2 la) corrisponde all'incirca a (15) (ma a volte anche a (16)), mentre (21b) corrisponde all'incirca a (16) e (17) (anche questo sistema è più complesso di quanto appaia da questa sintetica presentazione, e le corrispondenze con il sistema standard sono più irregolari di quanto qui accennato:

(21)    a. Se vieni alla festa, ti divertirai un sacco.

 b. Se venivi alla festa, ti divertivi un sacco.

In vari usi dialettali sono più diffusi sistemi «simmetrici», con congiunti­vo in protasi ed apodosi oppure condizionale in protasi ed apodosi. Questi usi, decisamente substandard, sono ritenuti concordemente inaccettabili, e tuttavia appaiono frequentemente sia in varietà regionali sia anche come lap­sus. Alcuni ess. sono:

(22) «Se io fossi uomo ci andassi ogni sera» (D. Dolci, Conversazioni, Tori­no, 1962, p. 290)

(23) «Io sono sicuro che se farei il boia riuscirei bene» (lo speriamo che me

la cavo. Sessanta temi di bambini napoletani, a cura di M. D'Otta, Mi­lano, Mondadori, 1990, p. 41)

L'uso del congiuntivo nell'apodosi è caratteristica di certo parlato spon­taneo meridionale.

L'uso del condizionale anche nella protasi, come in (23), è molto comu­ne nel linguaggio infantile in tutta Italia.

Non sembra possibile, invece, la combinazione con condizionale nella protasi e congiuntivo nell'apodosi.

 

c)Il sistema dell'italiano standard


Nell'italiano standard è possibile trovare diverse combinazioni di Tempi verbali dell'indicativo in protasi ed apodosi; sono possibili, per esempio, presente più presente, come in (24a), e presente più futuro semplice, come in (24b):

(24)    a. Se piove, esco con l'ombrello.

b. Se (domani) piove, uscirò con l'ombrello.

Non c'è una corrispondenza obbligatoria fra Tempo verbale e tempo cronologico: in (24a) ad esempio il presente non è necessariamente «deitti­co», anzi è più facilmente interpretabile come presente «atemporale», e in (24b) è orientato, anche grazie alla presenza di domani nella protasi e di un tempo futuro nell'apodosi, verso il futuro.

Sono poi possibili combinazioni di futuro semplice più futuro semplice come, in (25a), perfetto composto più presente, come in (25b), perfetto composto più futuro semplice, come in (25c), e per­fetto composto più perfetto composto, come in (25d):

(25)    a. Se domani ci sarà bel tempo, andremo a sciare.

b. Se hai comprato il giornale, possiamo vedere che film ci sono stasera.

c. Se ti sei ricordato di portare la carbonella, forse riusciremo a preparare la grigliata.

d. La settimana scorsa ho telefonato a Giorgio, ma non sono riuscito a trovarlo in casa: se è andato in vacanza, ha final­mente potuto riposarsi.

In (25d) il contesto linguistico precedente il costrutto condizionale ne permette una lettura più naturalmente ipotetica: «Non so se Giorgio è an­dato in vacanza: lo ipotizzo solamente sulla base della sua mancata risposta al telefono; nel caso ci sia andato, starà godendosi il suo meritato riposo». Di solito invece i costrutti condizionali con i tempi passati dell'indicativo sono più facilmente interpretati come causali, cioè «fattuali», piuttosto che ipotetici, come si vede dalla parafrasi (26b) di (26a):

(26)    a. Se hai sostenuto quella posizione, hai avuto torto.

b. Siccome hai sostenuto quella posizione, hai avuto torto.


Esistono costrutti condizionali con l'imperfetto in protasi ed apodosi, da non confondere con quelli formalmente identici ma apparte­nenti o alla variante colloquiale del sistema standard (v. la frase (18b)) o al sistema «substandard» (v. la frase (21b) ; in questi costrutti il se assume un valore parafrasabile con ogni volta che:

(27) In quel periodo se riuscivamo ad alzarci abbastanza presto cor­revamo subito a guardare l'alba, e poi nella stalla per bere il latte appena munto.

Non sono possibili costrutti condizionali con il perfetto semplice in protasi ed apodosi , come si vede dall'inaccettabilità di (28):

(28) Se prenotammo in tempo, assistemmo alla prima di Falstaff.


Oltre all'indicativo l'italiano stan­dard prevede nei periodi ipotetici combinazioni di congiuntivo più condizionale; si trovano usualmente il congiuntivo imperfetto nella protasi e il condizionale semplice nell'apodosi, come in (29a-b), o il congiuntivo piuccheperfetto nella protasi e il condizionale composto nell'apodosi, come in (29c):

(29)    a. Se piovesse molto forte, uscirei con l'ombrello.

 b. Se fossi un marziano, avrei le orecchie verdi.

 c. Se non foste arrivati in ritardo, non avreste perso il treno.


Sono però anche possibili costrutti che presentino il congiuntivo piuccheperfetto nella protasi e il condizionale semplice nell'apodosi, come in (30a): in questo modo viene segnalata la «distanza» cronolo­gica tra i contenuti espressi dalle due proposizioni; inoltre sono pos­sibili costrutti con il congiuntivo imperfetto nella protasi e il condi­zionale composto nell'apodosi, come in (30b):

(30)    a. Se quell'edificio fosse stato venduto, nell'archivio del cata­sto ce ne sarebbe traccia, b. Se Enrico fosse a casa, avrebbe risposto al telefono.


Utilizzando l'opposizione tra la concordanza all'indicativo e quel­la al congiuntivo-condizionale all'interno di un periodo ipotetico un parlante indica diversi gradi di «probabilità» per i contenuti proposi­zionali di protasi ed apodosi:

— l'uso dell'indicativo segnala la «possibile verità» dei contenuti;

— l'uso del congiuntivo-condizionale ne segnala la «possibile fal­sità».

L'opposizione è illustrata attraverso il confronto tra due costrutti le cui proposizioni componenti esprimano gli stessi contenuti:

(31)    a. Se nevica prima di domenica, andiamo a sciare a Cortina.

 b. Se nevicasse prima di domenica, andremmo a sciare a Cor­tina.

In (3 la) il progetto viene presentato come molto più probabile rispetto a (31b): nel primo caso viene configurata la possibilità che nevichi, con la conseguente vacanza sugli sci, mentre nel secondo ca­so viene configurata la possibilità che non nevichi, con la conseguen­te rinuncia alla vacanza sugli sci.

Questa differenza si evidenzia con una prova di compatibilita semantica. Aggiungendo ad un periodo ipotetico all'indicativo una frase da cui si possa inferire la «sicura falsità» del contenuto proposizionale della protasi, si ot­tiene una sequenza semanticamente anomala, perché la «possibile verità» se­gnalata dall'indicativo si scontra con un contenuto «sicuramente falso»:

(32) Se Gianni è in macchina ci può dare un passaggio, ma oggi Gianni è

venuto in autobus.


Allo stesso modo, aggiungendo ad un periodo ipotetico al congiuntivo-condizionale una frase da cui si inferisca la «sicura verità» del contenuto proposizionale della protasi si ottiene di nuovo una sequenza semanticamen­te anomala, perché la «possibile falsità» segnalata dal congiuntivo-condizio­nale si scontra con un contenuto «sicuramente vero»;

(33)    a. Se Gianni fosse in macchina potrebbe darci un passaggio, ma

Gianni è (sempre) in macchina.

b. Se Gianni fosse stato in macchina avrebbe potuto darci un pas­saggio, ma Gianni era in macchina.

 

d) I costrutti 'controfattuali'


Alcuni periodi ipotetici al congiuntivo-condizionale non sembra­no comunicare la «possibile falsità» dei contenuti proposizionali di protasi ed apodosi, quanto piuttosto la loro «sicura falsità»: sono i costrutti tradizionalmente chiamati «controfattuali» o «periodi ipote­tici dell'irrealtà». Questi casi, comunque, non costituiscono un tipo a parte. Come vedremo subito, i costrutti con congiuntivo imperfetto e condizionale semplice sono interpretati come controfattuali solo quando all'indicazione morfosintattica di «possibile falsità» si aggiun­gono altre indicazioni di falsità, provenienti in genere dal confronto fra contenuto proposizionale espresso e contesto extralinguistico; quanto ai costrutti con congiuntivo piuccheperfetto e / o condiziona­le composto, essi sono sempre interpretati come controfattuali, a meno

 che dal contesto linguistico emergano indicazioni del contrario, ovvero segnalazioni di «non-falsità» (come si vedrà in (36), (37) e (38b)).

La controfattualità non è quindi un significato rigidamente connesso ad una determinata concordanza di modi e Tempi verbali, ma un effetto se­mantico complesso, che deriva dall'interazione della morfosintassi (congiun­tivo imperfetto più condizionale semplice o congiuntivo piuccheperfetto e / o condizionale composto) con il contenuto proposizionale di protasi ed apodosi e con il contesto linguistico ed extralinguistico.

La combinazione «congiuntivo imperfetto nella protasi + condi­zionale semplice nell'apodosi» sembra neutralizzare l'opposizione tra «mera ipoteticità» e «controfattualità», poiché può esprimere sia l'u­no sia l'altro valore semantico; essa è utilizzabile per esempio anche in (34a), che presenta solo un'ipotesi, e non due contenuti proposi­zionali «falsi»:

(34)    a. Se piovesse molto forte, uscirei con l'ombrello. (= 29a)

 b. Se fossi un marziano, avrei le orecchie verdi. (= 29b)

Un costrutto come (34a) può essere enunciato con tono polemi­co, da un parlante che sta uscendo «senza» ombrello in una giornata appena piovigginosa: in questo caso si otterrebbe una interpretazione «controfattuale», come, all'incirca, «non piove molto forte, e (perciò) sto uscendo senza ombrello».

La controfattualità compare dunque quando all'indicazione di «possibile falsità» fornita dalla concordanza si aggiunge una indica­zione di «sicura falsità» derivata dal confronto tra il contenuto pro­posizionale espresso dal costrutto ed il contesto extralinguistico: per (34b) il parlante patentemente non è un marziano, e non ha le orec­chie verdi; per l'interpretazione controfattuale di (34a), al momento dell'enunciazione sta piovendo poco, ed il parlante sta uscendo senza ombrello.

Ora, nelle frasi (35) la comparsa del congiuntivo piuccheperfetto nella protasi e/o del condizionale composto nell'apodosi sembra segnalare la falsità dei contenuti proposizionali espressi dal costrutto, e quindi la controfattualità:

(35)    a. Se quell'edificio fosse stato venduto, nell'archivio del cata­sto ce ne sarebbe traccia. (= 30a)

b. Se Enrico fosse a casa, avrebbe risposto al telefono. (= 30b)

c. Se non foste arrivati in ritardo, non avreste perso il treno.(= 29c)


Ma una protasi al congiuntivo piuccheperfetto non è una condi­zione sufficiente per ottenere una interpretazione controfattuale; in (36) il contesto linguistico aggiunto a (35a) mostra che con il costrut­to condizioniale il parlante sta solo compiendo un'ipotesi sul passato (da verificare nel presente):


(36) Se quell'edificio fosse stato venduto, nell'archivio del catasto ce ne sarebbe traccia: bisogna quindi passare a controllare in quel­l'ufficio.


Neppure una apodosi al condizionale composto è condizione suf­ficiente per ottenere una interpretazione controfattuale: (35b) sembra comunicare che «Enrico non è a casa, e (perciò) non ha risposto al telefono», ma la versione «condizionale concessiva» di (35b), cioè

(37),  presenta ugualmente una apodosi al condizionale composto, senza per questo segnalarne la falsità:

(37)    a. Anche se Enrico fosse a casa, non avrebbe risposto al tele­fono.

b. Se Enrico fosse a casa, non avrebbe comunque risposto al telefono.

(37) è parafrasabile con «è possibile che Enrico sia a casa, ed è pos­sibile che non lo sia; in un caso come nell'altro 'non' risponderebbe al telefono».

Anche nel caso in cui compaiano sia il congiuntivo piuccheper­fetto nella protasi sia il condizionale composto nell'apodosi l'interpretazione controfattuale non è garantita. Se infatti (38a) sembra in­dicare che il protagonista «non» è partito alle 3, e che (quindi) «non» è arrivato alle 9, una sequenza come (38b), con due costrutti condizionali collegati asidenticamente, mostra che il parlante sta fa­cendo solo ipotesi sul passato, come nel caso di (36), e non ha alcu­na certezza sulla falsità dei contenuti proposizionali espressi da pro­tasi ed apodosi:


(38)    a. Se avesse preso il treno delle 3 sarebbe arrivato alle 9.

b. Se avesse preso il treno delle 3 sarebbe arrivato alle 9; se avesse preso quello delle 5 sarebbe arrivato alle 11; adesso sono le 13, e quindi dovremmo comunque trovarlo in al­bergo.

Le stesse ipotesi, presentate con maggior sicurezza, possono esse­re espresse dalla versione all'indicativo di (39):


(39) Se ha preso il treno delle 3 è arrivato alle 9; se (invece) ha pre­so quello delle 5 è arrivato alle 11; adesso sono le 13, e quindi lo troveremo sicuramente in albergo.


Per quanto abbiamo detto, non è stata utilizzata qui la tradizionale di­stinzione fra periodo ipotetico della realtà, periodo ipotetico della possibili­tà, e periodo ipotetico della irrealtà (ispirata dalla tripartizione latina fra casus nalis, casus posstbilis, e casus trrealis). Secondo questa distinzione, infatti, ogni tipo di periodo ipotetico è correlato ad una specifica concor­danza di modi e Tempi: l'indicativo segnala una ipotesi reale, il congiuntivo imperfetto ed il condizionale semplice segnalano una ipotesi possibile, o una ipotesi irreale nel presente, ed il congiuntivo piuccheperfetto ed il condizionale composto segnalano una ipotesi irreale nel passato. Ma in italiano standard un periodo ipotetico con la concordanza al congiuntivo piucche­perfetto e / o condizionale composto può avere sia una lettura controfattua­le (irrealtà), come negli esempi (35) e (38a), sia una lettura meramente ipo­tetica (possibilità), come negli esempi (36), (37) e (38b). Un costrutto con­dizionale con la concordanza all'indicativo può segnalare una ipotesi reale, come negli esempi (24) e (25), ma anche la correlazione di due «fatti», co­me in (26a), e può avere persino una lettura controfattuale, come combinazione di due contenuti proposizionali «falsi».


Se un periodo ipotetico viene inserito in un discorso indiretto al passato (e gli eventi citati sono già avvenuti al momento dell'enuncia­zione) la concordanza dei modi e dei Tempi prevede solo la combi­nazione «congiuntivo piuccheperfetto + condizionale composto», in­dipendentemente dalla forma che il costrutto potrebbe avere nella corrispondente versione in discorso diretto. Così la «scelta» dei modi e Tempi di (40d), obbligata dalla concordanza del discorso indiretto, «neutralizza» completamente le differenze semantiche sia modali che temporali esistenti fra le prime tre frasi di (40):


(40)    a. Aldo mi ha detto: «Se XY vince / vincerà le elezioni, ti offro / offrirò una cena».

b. Aldo mi ha detto : «Se XY vincesse le elezioni, ti offrirei una cena».

c. Aldo mi ha detto: «Se XY avesse vinto le elezioni, ti avrei offerto una cena».

d. Aldo mi ha detto che se XY avesse vinto le elezioni mi avrebbe offerto una cena.


e) Concordanza mista indicativo e congiuntivo-condizionale

 

Oltre alle combinazioni illustrate , si trovano in italiano standard periodi ipotetici con una concordanza «irregolare» di modi e tempi, con indicativo nella protasi e condizionale nell'apodosi, o congiuntivo nella protasi ed indicativo nell'apodosi:

(41)    a. Se vuoi proprio ottenere quell'incarico, dovresti recarti do­mani stesso dal funzionario responsabile.

 b. Se (poi) volessi ottenere proprio quell'incarico, devi recarti domani stesso dal funzionario responsabile.

Il confronto fra questi due esempi e costrutti dallo stesso conte­nuto proposizionale ma con concordanza «regolare», come (42), mo­stra come il cambiamento di modo fra protasi ed apodosi non segna­li altro che il «diverso grado di probabilità» assegnato dal parlante ai

diversi contenuti proposizionali espressi:

(42)    a. Se vuoi proprio ottenere quell'incarico, devi recarti domani

stesso dal funzionario responsabile.

b. Se (poi) volessi ottenere proprio quell'incarico, dovresti re­carti domani stesso dal funzionario responsabile.

In questi due esempi il livello di ipoteticità è lo stesso sia per il contenuto proposizionale della protasi sia per quello dell'apodosi, mentre in (41a) il condizionale nell'apodosi «indebolisce» il valore deontico di dovere, favorendo l'interpretazione del costrutto più co­me consiglio che come ordine, ed in (41b) il congiuntivo nella prota­si presenta come più remoto il desiderio dell'interlocutore.

Un altro esempio può essere fornito dal confronto tra le due frasi se­guenti:

(43)    a. Se piovesse, uscirei con l'ombrello.

 b. Se piovesse, uscirò con l'ombrello.

In (43a) il parlante sta avanzando una mera ipotesi, quasi del tutto stac­cata dal reale, mentre in (43b) l'inserimento del futuro semplice dell'indica­tivo nell'apodosi trasforma il costrutto nell'espressione di un proposito: «in caso - che ritengo improbabile - di pioggia, ho la ferma intenzione di usci­re con l'ombrello».

Lo stesso effetto di «indebolimento» visto nell'apodosi di (41a) si ha nel condizionale indipendente. In una richiesta come «Vorrei mezzo chilo di ravioli di magro», enunciata ad esempio in una panetteria, il condizionale permette di presentare il desiderio del cliente come più «remo­to», e quindi meno aggressivo, e la frase risulta decisamente più cortese rispetto a «Voglio mezzo chilo di ravioli di magro», con l'indicativo. Sempre in «condizionale indipendente», l'effetto di indebolimento si trova in frasi in cui il parlante si presenta in forma modesta, come nel seguente dialogo: «A - Scusi, ma lei chi è? B - Ma, io veramente sarei l'idraulico (che lei aveva fatto chiamare)», ed in brani di testi narrativi, soprattutto giornalisti­ci, in cui l'autore non ha la totale sicurezza della verità o attendibilità di quanto sta riportando, e segnala il suo «distacco» proprio con il condiziona­le, semplice o composto: «(Secondo le nostre informazioni) II presidente si sarebbe recato presso la sua villa nei sobborghi della città, per tenere una riunione con i suoi principali collaboratori, e vi si troverebbe tuttora, in at­tesa di segnali più chiari dalla capitale».


 

f) Il sistema substandard di concordanza di modi e tempi


II sistema «substandard» di concordanza di modi e Tempi,  è tipico solamente di alcune varietà più basse; esso ha sostituito l'opposizione tra «possibile verità» e «possi­bile falsità» del sistema standard con una opposizione tra «possibile» e «controfattuale». II sistema «substandard» conserva infatti le varie combinazioni di tempi dell'indicativo per l'ita­liano standard, ma utilizza l'indicativo anche per esprimere l'interpretazione non controfattuale di frasi come (44a) dell'italiano stan­dard:

(44)    a. Se piovesse molto forte, uscirei con l'ombrello. (= 34a)

 b. Se piove molto forte, esco con l'ombrello.

Per i costrutti controfattuali invece, il sistema «substandard» uti­lizza l'indicativo imperfetto in protasi ed apodosi ; l'interpretazione controfattuale di (44a) è resa da (45a), e la stessa concordanza è utilizzata per esprimere gli altri costrutti ad interpretazione controfattuale (l'uso del piuccheperfetto nella protasi di (45f) segnala lo scarto tem­porale esistente fra il contenuto proposizionale della protasi e quello dell'apodosi):

(45)    a. Se pioveva molto forte, uscivo con l'ombrello.

 b. Se ero un marziano, avevo le orecchie verdi.

c. Se Enrico era a casa, rispondeva al telefono.

 d. Se non arrivavate tardi, non perdevate il treno.

 e. Se prendeva il treno delle 3 arrivava alle 9.

 f. Se quell'edificio era stato venduto, nell'archivio del catasto ce n'era traccia.


L'uso dell'indicativo imperfetto nei costrutti condizionali del sistema «substandard» ha implicazioni solo modali, e non più temporali, potendo essere usato per esprimere la controfattualità al passato, al presente, ed al futuro:

(46)    a. Se ieri venivi alla festa, ti divertivi un sacco.

 b. Se adesso eri alla festa, ti divertivi un sacco.

 e. Se domani venivi alla festa, ti divertivi un sacco.

Il valore di controfattualità dell'indicativo imperfetto nei costrutti condizionali del sistema «substandard» è confermato dall'applicazio­ne delle stesse prove per dimostrare l'interpretazione non obbligatoriamente controfattuale della combinazione «congiuntivo piuccheperfetto e / o condizionale composto» in italia­no standard. Infatti (47), con l'imperfetto a segnalare la controfattua­lità ed il contesto linguistico successivo a segnalare invece l'ipoteticità nel passato, è inaccettabile, mentre (48), che è la versione di (38b) nel sistema «substandard», non è del tutto accettabile:

(47) Se quell'edificio era stato venduto, nell'archivio del catasto ce n'era traccia: bisogna quindi passare a controllare in quell'uffi­cio.

(48) Se prendeva il treno delle 3 arrivava alle 9; se invece prendeva

quello delle 5 arrivava alle 11; adesso è mezzogiorno, e quindi lo troviamo comunque in albergo.


 

g) Costrutti condizionali pseudocoordinati

 

In alcuni casi un rapporto «condizione-conseguenza» non viene espresso da una apodosi sovraordinata contenente una protasi subor­dinata introdotta da se (come negli esempi visti fin qui), ma da una sequenza di due frasi apparentemente coordinate, collegate eventual­mente da operatori di congiunzione o disgiunzione; la prima frase può essere imperativa o interrogativa (polare):

(49)    a. Alza le mani o / altrimenti / se no sparo!

 b. Ripetilo e ti rompo la testa!

c. Dammi retta e non ti pentirai!

d. Vuoi un gelato? Te lo vado subito a prendere.

 e. Cercano la rissa? Gli daremo un sacco di botte.


Di solito se la prima frase è interrogativa la seconda frase può essere introdotta da un operatore di congiunzione, ma non da un operatore di disgiunzione:

(50)    a. Vuoi un gelato? E io te lo vado subito a prendere.

b. Vuoi un gelato? O / Altrimenti / Se no non te lo vado subito a prendere.

(51)    a. Cercano la rissa? E noi gli daremo un sacco di botte.

b. Cercano la rissa? O / Altrimenti / Se no non gli daremo un sacco di botte.

I costrutti in (49) costituiscono delle «pseudocoordinazioni», e sono normalmente parafra-sabili tramite costrutti condizionali subordinati:

(52)    a. Se non alzi le mani sparo.

b. Se lo ripeti ti rompo la testa.

e. Se mi dai retta non ti pentirai.

d. Se vuoi un gelato te lo vado subito a prendere.

e. Se cercano la rissa gli daremo un sacco di botte.


Dal punto di vista delle azioni linguistiche eseguibili con questi costrutti, si può dire che in (49), come in (52), si trovano ordini mo­dificati da minacce (a. e b.), esortazioni modificate da previsioni fa­vorevoli (e.), offerte precedute da richiesta di conferma (d.), e mi­nacce (e.).

Per l'interpretazione semantico-pragmatica di questi costrutti è necessario ricordare in primo luogo che fanno immediatamente scat­tare l'inferenza sollecitata:

(53)    a. Se alzi le mani non sparo.

b. Se non lo ripeti non ti rompo la testa.

c. Se non mi dai retta ti pentirai.

d. Se non vuoi un gelato non te lo vado (subito) a prendere.

e. Se non cercano la rissa non gli daremo un sacco di botte.


Su questa base l'interpretazione dell'imperativo come ordine (a.-b.) o come consiglio (e.) dipende dal valore «argomentativo» del­la seconda frase: in (49a-b) l'interlocutore non vede come positivo il fatto che gli si spari o gli si voglia rompere la testa, sceglie come preferenziale la lettura di (53a-b) (cioè l'inferenza sollecitata), ed in­terpreta l'imperativo come ordine (positivo in a., per la presenza del­l'operatore di disgiunzione, negativo in b., per la presenza dell'ope­ratore di congiunzione); in (49c), invece, il non rischiare di «pentirsene» è visto come positivo, l'interlocutore sceglie come preferenziale la lettura in (52c), ed interpreta l'imperativo come consiglio, o esor­tazione.

Anche le frasi b. e c. possono essere realizzate con operatori di disgiun­zione (come a.), negando la proposizione opportuna secondo il meccanismo appena illustrato:

(54)    a. Non ripeterlo o / altrimenti / se no ti rompo la testa.

 b. Dammi retta o / altrimenti / se no ti pentirai.


Va segnalato che (54b), come anche (53c), è facilmente interpretabile non solo come consiglio, ma anche come ordine modificato da una minac­cia: ciò dipende dall'eventuale «controllo» del parlante sul «pentimento» dell 'interlocutore.

Le frasi (52) possono comparire con la concordanza «congiuntivo nella protasi + condizionale nell'apodosi»; con la combinazione «congiuntivo imperfetto + condizionale semplice» conservano, sep-pur indebolito, il valore di azioni linguistiche come ordini, consigli, esortazioni, minacce, ecc., mentre con la combinazione «congiuntivo piuccheperfetto + condizionale composto» possono essere intesi solo come condizionali dichiarativi:


(55)    a. Se non alzassi le mani sparerei.

b. Se lo ripetessi ti romperei la testa.

e. Se mi dessi retta non ti pentiresti.

d. Se volessi un gelato te lo andrei subito a prendere.

e. Se cercassero la rissa gli daremmo un sacco di botte.

(56)    a. Se non avessi alzato le mani avrei sparato.

b. Se lo avessi ripetuto ti avrei rotto la testa.

e. Se mi avessi dato retta non ti saresti pentito.

d. Se avessi voluto un gelato te lo sarei subito andato a pren­dere.

e. Se avessero cercato la rissa gli avremmo dato un sacco di botte.


I costrutti «pseudocoordinati» esemplificati in (49), invece, non


possono seguire la concordanza normale dei condizionali, neppure nella proposizione che corrisponde all'apodosi della costruzione su­bordinata:

(57)    a. Alza le mani o / altrimenti / se no sparerei / avrei sparato.

 b. Ripetilo e ti romperei / avrei rotto la testa.

 c. Dammi retta e non ti pentiresti / saresti pentito.

 d. Vuoi un gelato? Te lo andrei / sarei andato subito a pren dere.

e. Cercano la rissa? Gli daremmo / avremmo dato un sacco di botte.


h) Costruiti condizionali interrogativi e imperativi


Tutti i periodi ipotetici presi in considerazione finora presentano una apodosi dichiarativa, ma è possibile trovare costrutti la cui apodosi è una proposizione interrogativa o imperativa. Nel caso dell'in­terrogativa si trovano le possibilità di concordanza di modi e Tempi viste fin qui, sia per le interrogative polari sia per le interrogative argomentali:

(58)    a. Se vinci alla lotteria, comprerai un'auto nuova?

b. Se vincessi alla lotteria, compreresti un'auto nuova?

 c. Se avessi vinto alla lotteria, avresti comprato un'auto nuova?

(59)    a. Se vinci alla lotteria, cosa farai con i soldi?

b. Se vincessi alla lotteria, cosa faresti con i soldi?

c. Se avessi vinto alla lotteria, cosa avresti fatto con i soldi?

Nel caso dell'imperativa, la protasi può essere solo all'indicativo, o al congiuntivo imperfetto:

(60)    a. Se hai bisogno di me, chiamami a casa.

 b. Se avessi bisogno di me, chiamami a casa.

 c. Se avessi avuto bisogno di me, chiamami a casa.


Periodi ipotetici di questo tipo possono essere espressi anche come «pseudocoordinazioni», con la protasi realizzata da una doman­da. In questo caso, fermo restando l'impiego delle forme dell'imperativo nell'apodosi, nella domanda si può trovare solo l'indicativo:

(61)    a. Hai bisogno di me? Chiamami a casa.

b. Avessi bisogno di me? Chiamami a casa.

c. Avessi avuto bisogno di me? Chiamami a casa.


Esistono alcuni costrutti introdotti dall'operatore di subordinazio­ne se che non sono necessariamente «ipotetici» né «condizionali», in quanto non presentano contenuti proposizionali ipotizzati, ma «sicu­ramente veri» (o «sicuramente falsi»), e fra i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi non esiste in genere alcun reale rapporto di «condizione-conseguenza»: si tratta dei costrutti «bi-affermativi», e dei costrutti «bi-negativi».


Un costrutto «bi-negativo» è caratterizzato da una apodosi dal contenuto proposizionale patentemente falso, e da una concordanza generalmente all'indicativo:

(62)    a. Se tu giochi bene a tennis, io sono Ivan Lendl.

 b. Se tu giocassi bene a tennis, io sarei Ivan Lendl.

 c. Se tu avessi giocato bene a tennis,  io  sarei stato Ivan Lendl.

(63)    a. Se Piero è forte a scacchi, io sono Gorbaciov.

b. Se Piero fosse forte a scacchi, io sarei Gorbaciov.

 c. Se Piero fosse stato forte a scacchi, io sarei stato Gorba­ciov.


Fra il contenuto proposizionale della protasi e quello dell'apodosi può esistere, ma non necessariamente, un qualche collegamento di tipo logico: infatti in (62a) si può ricostruire un paragone del tipo «Se il tuo modo di giocare a tennis si può definire 'buono', allora il mio modo può essere com­parato a quello di un campione», ma in (63a) non è assolutamente possibi­le, o è comunque poco naturale, instaurare un collegamento logico tra l'abi­lità di qualcuno a scacchi e la (falsa) identità del parlante con il premier sovietico.

Il meccanismo di questi costrutti si basa sulla semantica del pe­riodo ipotetico: «se p, q» —» «pVero E qVero» (O «pFalso E q falso»)- Un costrutto condizionale viene in genere interpre­tato, grazie all'inferenza sollecitata, come bicondizionale, il che si­gnifica che i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi possono essere o entrambi veri o entrambi falsi; in un costrutto «bi-negativo» la falsità del contenuto proposizionale dell'apodosi si riflette, in base alla parte tra parentesi dello schema appena visto, sul contenuto pro­posizionale della protasi, che risulta così anch'esso falso:

(64) È falso che io sia Ivan Lendl, e (quindi) è falso che tu giochi bene a tennis.

(65) È falso che io sia Gorbaciov, e (quindi) è falso che Piero sia forte a scacchi.

Infatti i costrutti di questo tipo sono di solito utilizzati per esprimere un parere sarcastico sulla falsità del contenuto proposizionale della protasi, enunciato o proposto dall'interlocutore:


(66) Se lei è un poliziotto, mia moglie è Sofia Loren.


La coloritura sarcastica deriva, oltre che dall'accostamento di due contenuti proposizionali che non hanno necessariamente a che fare l'uno con l'altro, anche dall'inserimento di un contenuto proposizio­nale patentemente falso in uno schema di concordanza (l'indicativo) il cui valore semantico è la segnalazione di «possibile verità».


Un effetto molto simile, anche se non identico, a quello dei costrutti «bi-negativi» veri e propri si ottiene con una apodosi all'imperativo, nor­malmente interpretata come sfida che non sarà raccolta:

(67) Se sei un bravo cuoco, preparami subito un filetto al pepe verde!

(68) Se lei è un poliziotto, mi mostri subito la sua tessera di riconoscimen­to!

Il meccanismo è lo stesso illustrato sopra, ma con un passaggio logico in più: se la sfida non viene raccolta, ciò significa che lo sfidato non è in gra­do di realizzare il contenuto proposizionale dell'apodosi, e che quindi non si trova nelle condizioni ipotizzate dalla protasi.

Un'altra possibilità è costituita dall'uso di un'apodosi interrogativa, che presupponga un contenuto proposizionale in contrasto con quello della pro­tasi:

(69) Se ha preparato per tre mesi questo esame, perché non sa rispondere ad una domanda così semplice?

Lo scopo dell'apodosi interrogativa non è principalmente quello di otte­nere una risposta, quanto quello di comunicare che il candidato «non sa rispondere ad una domanda semplice», e che (quindi) «non si è preparato per l'esame».


Un costrutto «bi-affermativo» presenta invece come contenuti proposizionali della protasi e / o dell'apodosi fatti comunemente noti come veri, che fanno parte delle conoscenze comuni condivise, e so­no quindi «presupposti pragmaticamente». Proprio per questo pos­sono comparire solo con concordanza all'indicativo (il valore seman­tico della combinazione «congiuntivo-condizionale» è infatti la segna­lazione della «possibile falsità» dei contenuti delle due proposizioni:

(70)    a. Se la situazione nel Golfo Persico è critica, quella dei campi

profughi di Gaza non è certo allegra.

 b. *Se la situazione nel Golfo Persico fosse critica, quella dei campi profughi di Gaza non sarebbe certo allegra.

 c.  "Se la situazione nel Golfo Persico fosse stata critica, quella dei campi profughi di Gaza non sarebbe stata certo allegra.


Come nei «bi-negativi», anche in questo tipo di costrutti non esi­ste necessariamente un rapporto di «condizione-conseguenza» fra i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi; in genere si instaura un rapporto di semplice correlazione o collegamento, come in (70a), o un rapporto che può essere interpretato come causale, o avversati­vo, o concessivo, come si vede dagli esempi in (71) e dalle loro para­frasi esplicitamente causali, avversative, e concessive, in (72):

(71)    a. Se è nevicato già in ottobre, avete avuto un inverno freddis­simo.

b. Se Ugo era adirato, Maria era tranquilla.

c. Se il parere del Fondo Monetario Internazionale sull'econo­mia del nostro paese è stato positivo, non dobbiamo dimen­ticare la ripresa dell'inflazione.

(72)    a. Poiché è nevicato già in ottobre, avete avuto un inverno freddissimo.

b. Ugo era adirato, ma Maria era tranquilla.

c. Sebbene il parere del Fondo Monetario Internazionale sul­l'economia del nostro paese sia stato positivo, non dobbia­mo dimenticare la ripresa dell'inflazione.

Protasi ed apodosi dei costrutti «bi-affermativi» possono essere «rinforzate» da elementi che sottolineano la verità dei contenuti pro­posizionali espressi, o che ne rimarcano la correlazione:

(73) Se è vero che la situazione nel Golfo Persico è critica, è anche vero che quella dei campi profughi di Gaza non è certo allegra.

(74) Se da un lato le fazioni musulmane in Libano potevano contare sull'appoggio siriano, dall'altro i maroniti avevano in Israele una specie di alleato.

Questi elementi di rinforzo non compaiono invece normalmente nei co­strutti condizionali standard, che esprimono un rapporto di «condizione-conseguenza» fra i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi:

(75)    a. Se è vero che piove, esco con l'ombrello.

           b. Se da un lato piove, dall'altro esco con l'ombrello.


Nei costrutti «bi-affermativi» compaiono normalmente combina­zioni di tempi passati dell'indicativo, come si è visto negli esempi precedenti, ed è anche possibile (contrariamente a quanto accade per i periodi ipotetici standard, esempio (28)) la comparsa del perfetto semplice in protasi ed apodosi:

(76) Se Picasso attraversò tutte le avanguardie storiche, le sue opere furono tra i migliori esempi di classicità del '900.

Invece risulta estremamente difficile interpretare come «bi-affermati­vi» costrutti al futuro: anche il ricorso ad elementi di rinforzo, come in (73) e (74), non è sufficiente a eliminare la venatura modale di incertezza tipica del futuro, e quindi la ipoteticità di fondo della sequenza; nemmeno (77) è da ritenere perciò un costrutto «bi-affermativo»:

(77) Se (è vero che) verrò eletto presidente, come ormai è ceno, (è anche vero che) sarai proprio tu il mio segretario personale.

Esistono poi alcuni costrutti condizionali molto particolari, dalle caratte­ristiche simili, ma non uguali a quelle dei «bi-affermativi»: protasi ed apo­dosi presentano contenuti proposizionali non ipotizzati, ma «veri», ed il rapporto logico deve essere però espresso esplicitamente:

(78) Se Giulio se ne è andato dopo il primo tempo, (è perché) non riusci­va proprio a sopportare quel film.

Un esempio come (78) è semanticamente equivalente ad un costrutto conte­nente una frase causale, come (79) qui sotto, del quale condivide anche la sequenza «effetto dato - causa nuova» (per i concetti di «dato» e «nuovo»; per le frasi causali: sia in (78) sia in (79) l'ele­mento proposizionale «dato» (l'effetto) si trova in posizione iniziale di co­strutto, mentre la causa «nuova» si trova in posizione finale:

(79) Giulio se ne è andato dopo il primo tempo, perché non riusciva pro­prio a sopportare quel film.

E anche possibile avere la causa «nuova» in posizione iniziale di costrut­to, e l'effetto «dato» in posizione finale, tramite l'utilizzo di una frase com­plessa «scissa»:

(80) È perché non riusciva proprio a sopportare quel film che Giulio se ne è andato dopo il primo tempo.

Costrutti del tipo di (78) possono però comparire solo se il rapporto logico fra i contenuti delle due proposizioni è di tipo causale, o finale (Sia); rapporti temporali, (81b-e), o condizionali, (81f), o concessivi, (81g), danno luogo a sequenze agrammaticali:

(81)    a.  Se ti ho portato quei fiori è per farmi perdonare.

b. Se Antonio ha comprato un libro è quando è arrivata Maria.

 c. Se Antonio ha comprato un libro è mentre arrivava Maria.

 d. Se Antonio ha comprato un libro è prima che arrivasse Maria.

 e. Se Antonio ha comprato un libro è dopo che è arrivata Maria.

 f.   Se esco con l'ombrello è se piove.

g. Se siamo arrivati in orario è benché il treno fosse partito in ritar­do.

Alcune frasi di questo tipo risultano accettabili al passato. Si confronti (81d) con: Se Antonio ha mai comprato un libro, è stato prima che arrivasse Maria.


Le frasi complesse scisse sono invece possibili con rapporti causali, fina­li, temporali, marginalmente ipotetici, ma non concessivi:


(82)    a. È per farmi perdonare che ti ho portato quei fiori.

b. È quando è arrivata Maria che Antonio ha comprato un libro,

c. È mentre arrivava Maria che Antonio ha comprato un libro,

d. È prima che arrivasse Maria che Antonio ha comprato un libro,

e. È dopo che è arrivata Maria che Antonio ha comprato un libro,

f. E se piove che esco con l'ombrello.

g. È benché il treno fosse partito in ritardo che siamo arrivati in  orario.

i) Condizioni su azioni linguistiche


In alcuni casi la protasi esprime un contenuto proposizionale che funge da «condizione» non per il contenuto proposizionale dell'apodosi, ma per la realizzazione dell'azione linguistica che può essere eseguita nell'apodosi:

(83) Se hai fame, ci sono dei biscotti nella credenza.

Come si vede, la fame dell'interlocutore non è una condizione che, se realizzata, abbia come conseguenza l'esistenza dei biscotti nella credenza, ma è piuttosto una condizione per l'esecuzione della «of­ferta» di biscotti all'interlocutore: se l'interlocutore non ha appetito non ha senso offrirgli del cibo.

In questo tipo di costrutti condizionali l'espressione dell'inferenza sollecitata sembra portare a risultati del tutto assurdi:

(84) Se non hai fame, nella credenza non ci sono biscotti.

Quindi non sembra possibile applicare a questi costrutti la normale interpretazione «bicondizionale». Ma, come detto sopra, la protasi «condiziona» non il contenuto proposizionale dell'apodosi, ma l'azio­ne linguistica con essa eseguibile: verbalizzando esplicitamente il tipo di azione linguistica da compiere, l'interpretazione bi-condizionale diventa possibile, come si vede dalla piena accettabilità dell'espres­sione dell'inferenza sollecitata:

(85)    a. Se hai fame, ti offro dei biscotti.

b. Se non hai fame, non ti offro dei biscotti.

Questi costrutti condizionali sono possibili con diversi tipi di azioni linguistiche, per esempio offerte, complimenti, domande, o as­serzioni, (86), ma appaiono inaccettabili o estremamente marginali con concordanza al congiuntivo e condizionale, (87) e (88):

(86)    a. Se hai bisogno di me, puoi trovarmi in ufficio.

 b. Se posso permettermi, hai un gran bell'aspetto.

c. Se non sono indiscreto, cosa hai fatto ieri sera?

 d. Se le mie informazioni sono giuste, Mario ha rifiutato quel lavoro.

(87)    a. Se avessi bisogno di me, potresti trovarmi in ufficio.

 b. Se potessi permettermi, avresti un gran bell'aspetto.

c. Se non fossi indiscreto, cosa avresti fatto ieri sera?

d. Se le mie informazioni fossero giuste, Mario avrebbe rifiu­tato quel lavoro.

(88)    a. Se avessi avuto bisogno di me, avresti potuto trovarmi in ufficio.

b. Se avessi potuto permettermi, avresti avuto un gran bell'a­spetto.

c. Se non fossi stato indiscreto, cosa avresti fatto ieri sera?

d. Se le mie informazioni fossero state giuste, Mario avrebbe rifiutato quel lavoro.

(88a, e, d) sono accettabili se interpretati come condizionali standard, con il contenuto proposizionale della protasi che condiziona quello dell'a­podosi: «non hai avuto bisogno di me, e quindi non mi hai chiamato: ma sapevi che in caso di necessità io ero in ufficio»; «ieri sera sono stato indi­screto; e ciò ti ha fatto tenere un determinato comportamento; come ti sa­resti comportata nel caso io non fossi stato indiscreto?»; e «le mie informa­zioni, che ho passato a Mario, non erano attendibili, e ciò ha fatto sì che Mario accettasse (compiendo un errore) quel lavoro».


j) Protasi non introdotte da «se»


La protasi di periodo ipotetico può essere espressa in alcuni casi senza l'operatore di subordinazione se. Questo avviene non solo nel caso dei costrutti condizionali «pseudocoordinati» , ma anche con costruzioni di tipo subordinato. Per esempio, se può essere omesso in costrutti stilisticamente alti:

(89) «Succedesse a me sarei rovinato» (V. Pratolini, Lo scialo, Mila­no, Mondadori, 1960, p. 387)

L'omissione di se non è possibile nei costrutti con la concordanza all'indicativo, (90a). Si ha inoltre un'inversione di posizione fra verbo e soggetto espresso (90b-c):

(90)    a.  Arrivano / Arriveranno in tempo i rinforzi, riusciremo ad evitare la sconfitta.

b. Arrivassero / Fossero arrivati in tempo i rinforzi, riuscirem­mo / saremmo riusciti ad evitare la sconfitta.

c. I rinforzi arrivassero / fossero arrivati in tempo, riuscirem­mo / saremmo riusciti ad evitare la sconfitta.

Questo tipo di struttura è parallelo a quello che si ha con il gerundio e con l'infinito , dove si ha l'inversione obbligato­ria fra verbo ausiliare e soggetto espresso. Come nel caso di gerundive e infinitive, questa costruzione è limitata allo stile alto ed è possibile con un gruppo ristretto di verbi al congiuntivo.

Oltre che da se le protasi di periodo ipotetico possono essere in­trodotte da una serie di altri operatori di subordinazione, che sono tutti però lessicalmente più «ricchi», hanno un significato meno astratto, e più forti connotazioni stilistiche (in genere alte): qualora, quando, ove, laddove; ammesso che, supposto che, nel caso che, nell'i­potesi che, nell'eventualità che; purché, a patto che, a condizione che. Di questi operatori descriveremo prima le caratteristiche semantiche principali che permetteranno di raccoglierli in sottogruppi, e poi la concordanza dei modi e dei Tempi, che è invece comune a tutti.

Qualora, quando, ove, e laddove appartengono allo stile alto, ed in particolare connotano un linguaggio giuridico-burocratico-amministrativo:

(91)    a. Qualora il perito ne abbia avanzato esplicita richiesta, il di­battimento potrà essere rinviato.

b. Ove / Laddove ricorrano le condizioni previste dal secondo comma della circolare ministeriale.. ., il rilascio dei docu­menti richiesti avverrà entro dieci giorni.

Sono piuttosto dello stile formale ammesso che, supposto che, nel­l'ipotesi che, nell'eventualità che; più corrente: nel caso che. Rispetto agli altri operatori di questo gruppo, ammesso che e nell'eventualità che aggiungono ai contenuti proposizionali espressi una sfumatura di maggiore improbabilità, come si vede dalla pur lievemente diversa accettabilità semantica degli esempi seguenti:

(92)    a. Supposto che / Nel caso che / Nell'ipotesi che Giampiero riesca ad affittare quella casa al mare - cosa che pare molto probabile - passeremo da lui una settimana in luglio.

 b. Ammesso che / Nell’eventualità che Giampiero riesca ad affittare quella casa al mare - cosa che pare molto probabi­le - passeremo da lui una settimana in luglio.

Molto simili agli operatori di subordinazione ammesso che e supposto che sono (am)mettiamo (il caso) che e supponiamo che, che possono introdurre costrutti condizionali sintatticamente coordinati:


(93)    a. Mettiamo che Franco arrivi sabato sera. Io non vado certo a pren­derlo!

b. Supponiamo che domenica ci sia bel tempo. Verreste al mare con noi?

c. Mettiamo il caso che non fossi venuto ad aspettarti all'aeroporto: per tornare a casa avresti preso un taxi.

Ammettiamo che (come ammesso che in (92b)) aggiunge ai contenuti proposizionali espressi dal costrutto una sfumatura di maggiore improbabili­tà, come si vede dalla marginalità di: ''Ammettiamo che Giampiero riesca ad affittare quella casa al mare - cosa che pare molto probabile: passeremo da lui una settimana in luglio.

Purché, a patto che e a condizione che introducono costrutti la cui apodosi esprime un contenuto proposizionale che deve poter essere visto favorevolmente dall'interlocutore, altrimenti il risultato è una sequenza semanticamente inaccettabile:

(94)    a. Purché / A patto che / A condizione che tu mi faccia uno

dei tuoi caffè, ti sarò eternamente grato.

b. Purché / A patto che / A condizione che tu mi faccia uno dei tuoi caffè, me ne andrò e non mi farò mai più ve­dere.

Gli stessi contenuti proposizionali possono essere inseriti in un costrutto condizionale introdotto da se; in questo caso l'unico cambiamento è il giu­dizio implicito sulla qualità del caffè preparato dall'interlocutore:

(95)    a. Se mi farai uno dei tuoi caffè, ti sarò eternamente grato.

b. Se mi farai uno dei tuoi caffè, me ne andrò e non mi farò mai più vedere.


Invece, il contenuto proposizionale della protasi può essere di per sé interpretato positivamente o negativamente, senza influenzare l'accettabilità della sequenza, ma viene presentato come desiderato dal parlante:

(96)    a. Purché / A patto che / A condizione che tu mi liberi dalla presenza di quell'antipatico di Riccardo, ti offrirò una cena sontuosa.

b. Purché / A patto che / A condizione che tu mi liberi dalla presenza di mia moglie, ti offrirò una cena sontuosa.

Proprio questa sfumatura di desiderio, che da una coloritura fi­nale ai condizionali di questo tipo, giustifica la restrizione sopra illu­strata. Se il contenuto proposizionale dell'apodosi gli sembra favore­vole, l'interlocutore tenderà a soddisfare la condizione (cioè il desi­derio del parlante) per ottenere la conseguenza: è quanto dovrebbe accadere con i costrutti in (94a), (95a) e (96); in (95b) invece l'inter­locutore non cercherà di ottenere il contenuto proposizionale dell'a­podosi (che vede come negativo), non soddisfacendo quindi il «non­desiderio» espresso dalla protasi. Questo tipo di inter-pretazione, possibile appunto in un costrutto introdotto da se, come (95b), non ha luogo in (94b) a causa della presenza di purché, a pat­to che e a condizione che, che richiedono, oltre ad un contenuto pro­posizionale dell'apodosi «positivo» per l'interlocutore, anche un con­tenuto proposizionale della protasi «desiderato», o per lo meno pre­sentato come tale dal parlante.

Tutti questi operatori lessicalmente «ricchi», che impongono alcune li­mitazioni ai contenuti proposizionali di protasi ed apodosi, risultano inap­propriati (pur con lievi differenze da elemento ad elemento) con alcuni dei costrutti condizionali di tipo specifico illustrati precedentemente. In partico­lare appaiono inaccettabili o marginali se combinati con costrutti «bi-negativi», «bi-affermativi», e con protasi che presentano condizioni sull'esecuzio­ne di azioni linguistiche (in quest'ultimo caso alcuni operatori risultano ac­cettabili):


(97)    a. Qualora / Ove / Laddove / Ammesso che / Supposto che /

Nel caso che / Nell'ipotesi che / Nell’eventualità che / Purché / A patto che / A condizione che tu giochi bene a tennis, io sono Ivan Lendl.

b. Qualora / Ove / Laddove / Ammesso che / Supposto che /

Nel caso che / Nell'ipotesi che / NelTeventualità che / ''Pur­ché / A pano che / *A condizione che la situazione nel Golfo Persico sia critica, quella dei campi profughi di Gaza non è ceno allegra.

c. Qualora / Ove / Laddove / Ammesso che / Supposto che / Nel caso che / Nell'ipotesi che / Nell'eventualità che / Purché /

A patto che / A condizione che tu abbia fame, ci sono dei bi­scotti nella credenza.


Per quanto riguarda la concordanza dei modi e dei Tempi, questi operatori condividono la concordanza di se limitatamente alla combi­nazione «congiuntivo + condizionale»:


(98)    a. Nell'eventualità che piovesse molto forte, uscirei con l'om­brello.

b. Ammesso che quell'edificio fosse stato venduto, nell'archi­vio del catasto ce ne sarebbe traccia.

c. Nel caso che Enrico fosse a casa, avrebbe risposto al telefo­no.

d. Qualora non foste arrivati in ritardo, non avreste perso il treno.


Nei casi in cui se introduce costrutti con indicativo in protasi ed apodosi, questi operatori si combinano con congiuntivo presente e perfetto nella protasi, e con l'indicativo nell'apodosi:


(99)    a. Se domenica ci sarà bel tempo, andremo a sciare.

b. Supposto che domenica ci sia bel tempo, andremo a sciare.

 c. Se hai comprato il giornale, possiamo vedere che film ci so­no.

d. Ammesso che tu abbia comprato il giornale, possiamo ve­dere che film ci sono.


k) Protasi con modi verbali non finiti

Purché, a patto che e a condizione che presentano delle varianti che introducono protasi all'infinito: pur di, a patto ài, e a condizione di. Questi operatori condividono le restrizioni sui contenuti proposi­zionali di protasi ed apodosi , ma esprimono in modo ancora più forte la connotazione finale, al punto che non pos­sono combinarsi con protasi all'infinito composto:


(100)    a. Pur di / A patto di / A condizione di ottenere un lavoro,

sono disposto a trasferirmi in un'altra città.

 b. Pur di / A patto di / A condizione di avere ottenuto un lavoro, sarei stato disposto a trasferirmi in un'altra città.

La protasi all'infinito semplice può invece combinarsi con l'apo­dosi all'indicativo ed al condizionale:

(101)    a. Pur di avere quel prestito, ho firmato / firmo / firmerò tutte le cambiali che volevi / vuoi / vorrai.

b. A patto di lavorare con te, accetterei qualsiasi condizione.

c. A condizione di partire con te, Enrico avrebbe disdetto ogni impegno di lavoro.

(Il soggetto non espresso dell'infinitiva è obbligatoriamente coreferente con il SOGGETTO della predicazione  dell'apodosi sovraordinata).

Le protasi all'infinito compaiono anche introdotte semplicemente da a, che semanticamente appare molto più neutro degli operatori appena citati, ma compare preferibilmente con l'espressione di con­dizioni sulle azioni linguistiche eseguibili con l'apodosi :

(102)    a. A dirti la verità, ti trovo ingrassato.

b. Se posso / devo dirti la verità, ti trovo ingrassato.


La combinazione di a con una protasi all'infinito composto non è completamente esclusa (mentre lo era nel caso di pur di, ecc., v. (100)), ma è comunque marginale:


(103)    a. Ad essere arrivati in tempo, non avremmo perso il treno.

             b. Ad avermi dato retta, ti saresti trovato meglio.


Anche un gerundio può essere interpretato come espressione del­la protasi di un periodo ipotetico, (104)-(106), a meno che non si tratti di un gerundio composto, che provoca una lettura causale, «fattuale», (107):


(104)    a. Mangiando molto, ingrasso / ingrasserò.

 b. Se mangio molto, ingrasso / ingrasserò.

(105)    a. Mangiando molto, ingrasserei.

b. Se mangiassi molto, ingrasserei.

(106)    a. Mangiando molto, sarei ingrassato.

b. Se avessi mangiato molto, sarei ingrassato.

(107)    a. Avendo mangiato molto, ingrasso / ingrasserò.

 b. Se ho mangiato molto, ingrasso / ingrasserò.

 c. Poiché ho mangiato molto, ingrasso / ingrasserò.


Sempre a causa dell'interpretazione causale del gerundio compo­sto, esso è incompatibile con una sovraordinata al condizionale:


(108) Avendo mangiato molto ingrasserei / sarei ingrassato.


Un gerundio semplice può avere interpretazione ipotetica se si combina con apodosi al condizionale, e all'indicativo presente o futuro semplice, co­me abbiamo visto in (104)-(106), ma se si combina con una apodosi con tempi passati dell'indicativo emerge di nuovo una interpretazione causale:

(109)    a. Arrivando in tempo, non abbiamo perso / perdemmo il treno.

b. ?Se siamo arrivati in tempo, non abbiamo perso / perdemmo il

treno.

c. Poiché siamo arrivati in tempo, non abbiamo perso / perdemmo il treno.


Anche un participio perfetto, accompagnato facoltativamente da se, può esprimere la protasi di un costrutto condizionale:


(110)    a. (Se) Preso in tempo, un raffreddore si cura in tre giorni, b. Se viene preso in tempo, un raffreddore si cura in tre giorni.


l) Ordine delle proposizioni nella frase complessa

 

I costrutti condizionali di vario tipo esemplificati finora presenta­no la protasi prima dell'apodosi, ma, data la mobilità caratteristica delle proposizioni subordinate circostanziali rispetto alle loro sovraordinate, si possono trovare anche costrutti in cui l'apodosi preceda la protasi:

(111)    a. Se mi dai i soldi compro la casa.

 b. Compro la casa se mi dai i soldi.

I due possibili ordini delle proposizioni all'interno di una frase complessa non sono comunque del tutto liberi, in quanto rispondo­no in primo luogo all'esigenza di rispettare la sequenza non marcata «dato-nuovo». Un costrutto condizionale avrà la protasi prima dell'apodosi se il contesto linguistico precedente ha presentato il contenuto proposizionale della protasi; se viceversa il contesto linguistico precedente ha presentato il contenuto proposi­zionale dell'apodosi, nel costrutto l'apodosi precederà la protasi:


(112)    a. Parlante A: Cosa farai se ti do i soldi?

b. Parlante B: Se mi dai i soldi compro la casa.

 c. Compro la casa se mi dai i soldi.

(113)    a. Parlante A: A che condizioni comprerai la casa?

 b. Parlante B: Compro la casa se mi dai i soldi.

 c.   Se mi dai i soldi compro la casa.


L'ordine non è però l'unico elemento in gioco nel rapporto «dato-nuo­vo», poiché il rilievo prosodico, in questo caso la presenza di un picco into-nativo sulla proposizione in prima posizione, permette di usare le sequenze e. in (112) e (113) con lo stesso significato delle sequenze in b.:

(114)   Parlante A: Cosa farai se ti do i soldi?

Parlante B: COMPRO LA CASA se mi dai i soldi.

(115)   Parlante A: A che condizioni comprerai la casa?

Parlante B: SE MI DAI I SOLDI compro la casa.


(114) contiene una emarginazione o dislocazione a destra della protasi, mentre in (115) si tratta di una topicalizzazione della protasi , nelle quali l'accento fecalizza l'elemento in prima posizione (la sequenza non marcata «dato-nuovo» può essere inol­tre rovesciata anche tramite l'uso delle frasi scisse).

 

Mentre i costrutti condizionali di tipo subordinato, con una apo­dosi sovraordinata che contiene una protasi subordinata, sono gene­ralmente reversibili (possono cioè presentare la protasi seguita dall'apodosi, o l'apodosi seguita dalla protasi), i costrutti condizionali non subordinati, come per esempio quelli «pseudocoordinati», non risultano reversibili:

(116)    a. Alza le mani o / altrimenti / se no sparo!

             b. O / Altrimenti / Se no sparo, alza le mani!

(117)   a. Ripetilo e ti rompo la testa!

 b. È ti rompo la testa, ripetilo!


Inoltre, essi non sono neppure simmetrici, poiché la prima pseudocoordinata, viene interpretata come protasi, e la se­conda come apodosi, ed uno scambio di posizione intorno all'eventuale operatore di coordinazione produce sequenze semanticamente strane, (118a-b), o con un significato totalmente diverso, come, partendo da (118c) ipote­tico, (118d) non ipotetico:

(118)   a. Sparo o / altrimenti / se no alza le mani!

 b. Ti rompo la testa e ripetilo!

c. Vuoi un gelato? Te lo vado subito a prendere.

 d. Vado subito a prenderti un gelato. Lo vuoi?


Le versioni subordinate dei costrutti condizionali pseudocoordi­nati (v. (52)) appaiono invece reversibili, (119), ma le sequenze risul­tano molto più naturali emarginando o dislocando a destra la protasi (e fecalizzando con un picco intonativo l'apodosi in prima posizio­ne), (120):

(119)    a. Sparo se non alzi le mani.

b. Ti rompo la testa se lo ripeti.

c. Non ti pentirai se mi dai retta.

d. Ti vado subito a prendere un gelato se lo vuoi.

e. Gli daremo un sacco di botte se cercano la rissa.

(120)    a. SPARO se non alzi le mani.

b. TI ROMPO LA TESTA se lo ripeti,

c. NON TI PENTIRAI se mi dai retta.

 d. TI VADO SUBITO A PRENDERE UN GELATO se lo vuoi.

e. GLI DAREMO UN SACCO DI BOTTE se cercano la rissa.


Lo statuto sintattico dell'apodosi, che può essere dichiarativa, interroga­tiva, o imperativa, non ha nessun effetto sulla reversibilità dei costrutti con­dizionali subordinati:

(121)    a. Se piovessi uscirei con l'ombrello.

b. Se avessi vinto alla lotteria, avresti comprato un'auto nuova?

 c. Se vinci alla lotteria, cosa farai con i soldi?

 d. Se hai bisogno di me chiamami a casa.


(122)    a. Uscirei con l'ombrello se piovesse.

b. Avresti comprato un'auto nuova, se avessi vinto alla lotteria?

c. Cosa farai con i soldi, se vinci alla lotteria?

 d. Chiamami a casa se hai bisogno di me.


Ma non in tutti i periodi ipotetici subordinati la reversibilità è garantita. Nei costrutti «bi-negativi», per avere l'ordine «apodosi-protasi» è necessario emarginare o dislocare a destra la protasi (e fecalizzare con un picco intonativo l'apodosi):

(123)    a. Se tu giochi bene a tennis io sono Ivan Lendl.

b. Io sono Ivan Lendl se tu giochi bene a tennis.

c. IO SONO IVAN LENDL se tu giochi bene a tennis.


La reversione è invece possibile normalmente con i costrutti simi­li ai «bi-negativi», con apodosi imperativa o interrogativa:


(124)    a. Se sei un bravo cuoco, preparami subito un filetto al pepe verde!

b. Preparami subito un filetto al pepe verde, se sei un bravo cuoco!

(125)    a. Se ha preparato per tre mesi questo esame, perché non sa

rispondere ad una domanda così semplice?

 b. Perché non sa rispondere ad una domanda così semplice, se ha preparato per tre mesi questo esame?


L'anteposizione dell'apodosi alla protasi nei costrutti «bi-affermativi» da risultati diversi a seconda del collegamento lo­gico che si instaura fra i contenuti proposizionali di protasi ed apo­dosi. Se si tratta di semplice correlazione, la reversione da risultati agrammaticali; emarginando o dislocando a destra la protasi (e feca­lizzando con un picco intonativo l'apodosi) si hanno frasi marginali:


(126)    a. Se la situazione nel Golfo Persico è critica, quella dei cam­pi profughi di Gaza non è certo allegra.

b. La situazione dei campi profughi di Gaza non è certo allegra, se quella del Golfo Persico è critica.

c. LA SITUAZIONE DEI CAMPI PROFUGHI DI GAZA NON È CERTO ALLEGRA, se quella nel Golfo Persico è critica.


Se il costrutto ha interprelazione causale la reversione è possibile normalmente, ma con i costrutti «bi-affermativi» ad interpretazione avversativa e concessiva si ha invece risultato agrammaticale:


(127)    a. Se è nevicato già in ottobre, avete avuto un inverno fred­dissimo.

b. Se Ugo era adirato, Maria era tranquilla.

 c. Se il parere del Fondo Monetario Internazionale sulla eco­nomia del nostro paese è stato positivo, non dobbiamo di­menticare la ripresa dell'inflazione.

(128)    a. Avete avuto un inverno freddissimo, se è nevicato già in

ottobre.

b. Maria era tranquilla, se Ugo era adirato.

c. Non dobbiamo dimenticare la ripresa dell'inflazione, se il parere del Fondo Monetario Internazionale sull'economia del nostro paese è stato positivo.


I costrutti simili ai «bi-affermativi», che possono collegare solo con­tenuti proposizionali che abbiano rapporti causali o finali, non tolle­rano la reversione:


(129)   a. Se Giulio se ne è andato dopo il primo tempo, è perché

non riusciva proprio a sopportare quel film.

 b. È perché non riusciva.proprio a sopportare quel film se Giulio se ne è andato dopo il primo tempo.

La reversione diviene possibile sostituendo che a se, ma il risultato non è più un costrutto condizionale dove l'apodosi precede la protasi, bensì una frase complessa scissa :


(130) È perché non riusciva proprio a sopportare quel film che Giulio se ne è andato dopo il primo tempo.

I costrutti in cui la protasi esprime una condizione non sul conte­nuto proposizionale dell'apodosi, ma sull'azione linguistica con essa eseguibile, sono reversibili:

(131)    a. Se hai fame, ci sono dei biscotti nella credenza.

 b. Se posso permettermi, hai un gran bell'aspetto.

c. Se non sono indiscreto, cosa hai fatto ieri sera? d. Se le mie informazioni sono giuste, Mario ha rifiutato quel lavoro.


(132)    a. Ci sono dei biscotti nella credenza, se hai fame.

 b. Hai un gran bell'aspetto, se posso permettermi.

 c. Cosa hai fatto ieri sera, se non sono indiscreto?.

 d. Mario ha rifiutato quel lavoro, se le mie informazioni sono giuste.


I costrutti condizionali con omissione di se danno se­quenze agrammaticali cambiando di posizione protasi ed apodosi:

(133)    a. «Succedesse a me sarei rovinato» (V. Pratolini, Lo scialo,

Milano, Mondadori, 1960, p. 387)

b. Arrivassero / Fossero arrivati in tempo i rinforzi, riusci­remmo / saremmo riusciti ad evitare la sconfitta.

(134)    a. Sarei rovinato succedesse a me.

b. Riusciremmo / Saremmo riusciti ad evitare la sconfitta, arrivassero / fossero arrivati in tempo i rinforzi.


I costrutti introdotti da operatori di subordinazione «ricchi» risultano reversibili:


(135)    a. Qualora il perito ne abbia avanzato esplicita richiesta, il dibattimento potrà essere rinviato.

b. Quando / Ove / Laddove ricorrano le condizioni previste dal secondo comma della circolare ministeriale . . ., il rila­scio dei documenti richiesti avverrà entro dieci giorni.

c. Ammesso che / Supposto che / Nel caso che / Nell'ipotesi che / Nell'eventualità che Giampiero riesca ad affittare quella casa al mare, passeremo da lui una settimana in lu­glio.

d. Purché / A patto che / A condizione che tu mi faccia uno dei tuoi caffè, ti sarò eternamente grato.

(136)    a. Il dibattimento potrà essere rinviato, qualora il perito ne abbia avanzato esplicita richiesta.

b. Il rilascio dei documenti richiesti avverrà entro dieci gior­ni, quando / ove / laddove ricorrano le condizioni previ­ste dal secondo comma della circolare ministeriale . . .

c. Passeremo da Giampiero una settimana in luglio, ammesso che / supposto che / nel caso che / nell'ipotesi che / nel­l'eventualità che riesca ad affittare quella casa al mare.

d. Ti sarò eternamente grato, purché / a patto che / a condi­zione che tu mi faccia uno dei tuoi caffè.

Anche i costrutti che hanno la protasi con un modo verbale non finito permettono generalmente l'anteposizione dell'apodosi alla protasi:

(137)    a. Pur di / A patto di / A condizione di ottenere un lavoro,

sono disposto a trasferirmi in un'altra città.

 b. A dirti la verità, ti trovo ingrassato.

c. Arrivando in tempo, non avremmo perso il treno.

 d. (Se) Preso in tempo, un raffreddore si cura in tre giorni.


(138)    a. Sono disposto a trasferirmi in un'altra città, pur di / a pat­to di / a condizione di ottenere un lavoro.

 b. Ti trovo ingrassato, a dirti la verità.

c. Non avremmo perso il treno, arrivando in tempo.

 d. Un raffreddore si cura in tre giorni, (se) preso in tempo.


In alcuni casi la protasi posposta all'apodosi è separata da una pausa più lunga, e pronunciata con un rilievo prosodico maggiore: il risultato è una proposizione che più che «condizionare» il contenuto proposizionale dell'apodosi, sembra indurre dubbi sulla sua certezza. Oltre a se, gli operatori di subordinazione più frequenti in questi casi sono ammesso che, purché, ed a patto che:

(139) Domenica andremo a sciare. Se non fa brutto tempo.

(140) Domenica andremo a sciare. Ammesso che / Purché / A patto che non faccia brutto tempo.

Queste protasi posposte sono assimilabili a proposizioni indipendenti; esse possono anche essere enunciate da un parlante diverso da quello che enuncia l'apodosi (che a questo punto è una frase semplice):

(141)    a. Parlante A: Domenica andremo a sciare.

 b. Parlante B: Se non fa brutto tempo.

 c. Ammesso che / Purché / A patto che non faccia brutto tempo.


m) Apodosi accompagnate da «allora»

 

I diversi tipi di periodi ipotetici subordinati esemplificati finora presentano operatori di subordinazione che introducono la protasi, ma sono privi di elementi di collegamento o di ripresa nell'apodosi (fanno eccezione i costrutti «bi-affermativi» con elementi di rinforzo: v. le frasi (73) e (74)). D'altronde una delle tradizionali schematizzazioni del rapporto semantico ipoteticocondizionale, di origine logica, vede l'apodosi accompagnata facoltativamente da allora: «se p, (allo­ra) q». L'inserimento di allora nell'apodosi non è però possibile in tutti i tipi di costrutti condizionali. Generalmente è possibile nei casi in cui fra i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi esiste o può essere instaurato un rapporto di «condizione-conseguenza»:

(142)    a. Se domenica ci sarà bel tempo, allora andremo a sciare.

b. Se fossi un marziano, allora avrei le orecchie verdi.

c. Se non foste arrivati in ritardo, allora non avreste perso il treno.


L'inserimento di allora da risultati grammaticali anche nel caso delle versioni subordinate dei costrutti condizionali pseudocoordina­ti, mentre per i costrutti pseudocoordinati veri e propri tale inseri­mento è possibile solo quando la protasi è realizzata da una frase interrogativa:


(143)    a. Se non alzi le mani, allora sparo.

b. Se lo ripeti, allora ti rompo la testa.

c. Se mi dai retta, allora non ti pentirai.

(144)    a. Alza le mani o / altrimenti / se no (allora) sparo!

 b. Ripetilo e (allora) ti rompo la testa!

 c. Vuoi un gelato? Allora te lo vado subito a prendere.


Nel caso di apodosi interrogative l'inserimento di allora rende il costrutto marginale, mentre esso è compatibile con apodosi imperati­ve, sia nella versione subordinata sia in quella pseudocoordinata:


(145)    a. Se  avessi  vinto   alla  lotteria,   ('allora)   avresti   comprato

un'auto nuova?

 b. Se vincessi alla lotteria, ('allora) cosa faresti con i soldi?


(146)    a. Se hai bisogno di me, allora chiamami a casa.

 b. Hai bisogno di me? Allora chiamami a casa.


Nei costrutti «bi-negativi»  l'inserimento di allora è generalmente possibile, mentre con i costrutti «bi-affermativi» il risultato è di solito agrammaticale:

(147)    a. Se tu giochi bene a tennis, allora io sono Ivan Lendl.

b. Se sei un bravo cuoco, allora preparami subito un filetto

al pepe verde!

c. Se ha preparato per tre mesi questo esame, allora perché non sa rispondere ad una domanda così semplice?

(148)    a. Se la situazione nel Golfo Persico è critica, (allora) quella del campi profughi di Gaza non è certo allegra.

b. Se il parere del Fondo Monetario Internazionale sulla eco­nomia del nostro paese è stato positivo, (allora) non dob­biamo dimenticare la ripresa dell'inflazione.

c. Se Giulio se ne è andato dopo il primo tempo, C'alierà) è perché non riusciva proprio a sopportare quel film.

d. Se Ugo era adirato, (allora) Maria era tranquilla.

e. Se è nevicato già in ottobre, allora avete avuto un inverno freddissimo.



Nei periodi ipotetici in cui il contenuto proposizionale della pro­tasi condiziona non il contenuto proposizionale dell'apodosi ma l'azione linguistica con essa eseguibile, l'inserimento di allo­ra da risultati marginali o agrammaticali:


(149)    a. Se hai fame, (allora) ci sono dei biscotti nella credenza.

 b. Se posso permettermi, (allora) hai un gran bell'aspetto.


La presenza di allora è possibile nei costrutti con omissione di se, come anche con alcuni operatori di subordinazione lessi­calmente «ricchi»:


(150)    a. Arrivassero / Fossero arrivati in tempo i rinforzi, allora

riusciremmo / saremmo riusciti ad evitare la sconfitta.

 b. Qualora / Ove / Laddove ricorrano le condizioni previste dal secondo comma della circolare ministeriale, allora il ri­lascio dei documenti richiesti avverrà entro dieci giorni.

c. Ammesso che / Supposto che / Nel caso che / Nell'ipotesi che / Nell'eventualità che Giampiero riesca ad affittare quella casa al mare, allora passeremo da lui una settimana in luglio.


Con altri operatori di subordinazione lessicalmente «ricchi» l'inserimen­to di allora da invece risultati agrammaticali, che si ripetono per le varianti degli stessi operatori che introducono protasi con modi verbali non finiti:


(151)    a. Purché / A patto che / A condizione che tu mi faccia uno dei

tuoi caffè, (allora) ti sarò eternamente grato.

b. Pur di / A patto di / A condizione di ottenere un lavoro, (allo­ra) sono disposto a trasferirmi in un'altra città.

Le protasi con modi verbali non finiti danno comunque in genere risulta­ti inaccettabili se combinate con apodosi accompagnate da allora:


(152)    a. A dirti la verità, (allora) ti trovo ingrassato.

b. A darmi retta, (allora) ti troveresti meglio.

 c. Mangiando molto, (allora) ingrasserei.

 d. (Se) Preso in tempo, (allora) un raffreddore si cura in tre giorni.


I costrutti la cui apodosi è accompagnata da allora non sono re­versibili, se allora viene interpretato come legato a se:

(153)    a. (Allora) Andremo a sciare, se domenica ci sarà bel tem­po.

b. (Allora) Sparo, se non alzi le mani.

c. (Allora) Chiamami a casa, se hai bisogno di me!

d. (Allora) Preparami subito un filetto al pepe verde, se sei un bravo cuoco!

e. (Allora) Avete avuto un inverno freddissimo, se è nevica­to già in ottobre.

f. (Allora) Passeremo da Giampiero una settimana in luglio, ammesso che / supposto che / nel caso che / nell'ipotesi che / nell'eventualità che riesca ad affittare quella casa al mare.


Le sequenze esemplificate in (153) sono accettabili anche con allora, purché tale avverbio venga interpretato non come elemento che collega l'apodosi alla protasi del costrutto condizionale, ma l'intero costrutto condi­zionale ad un eventuale contesto linguistico precedente:


(154)    a. Ci sono tre voti per il mare, e otto voti per la montagna: allora I

andremo a sciare, se domenica ci sarà bel tempo.

 b. Te l'ho già detto due volte con le buone: (adesso) allora sparo,

se non alzi le mani.

 c. Non ti fare problemi, io non mi muovo tutto il giorno: siamo

d'accordo? Allora chiamami a casa, se hai bisogno di me! ecc.


2. Le frasi concessive


Per «frasi concessive» si intendono diversi tipi di proposizioni su­bordinate, che pur instaurando con le proposizioni sovraordinate da cui dipendono rapporti dai significati simili, sono caratterizzate da differenze semantiche e sintattiche. Nei prossimi paragrafi saranno distinti, e trattati separatamente, tre tipi di frasi concessive: le propo­sizioni concessive fattuali , le proposizioni condizionali con­cessive, e le proposizioni a-condizionali .

L'insieme di una proposizione subordinata concessiva e della proposizione sovraordinata da cui questa dipende costituisce una fra­se complessa, che chiameremo «costrutto concessivo»; parleremo quindi di costrutti concessivi fattuali, costrutti condizionali concessi­vi, e costrutti a-condizionali, esemplificati rispettivamente in (1), (2) e (3):

(1)    Benché piovesse, Antonio è uscito senza ombrello.

(2)   Anche se piovesse, Antonio uscirebbe senza ombrello.

(3)    a. Che ti piaccia o no, stasera andrò al cinema.

         b. Ovunque vada, Ugo troverà degli amici.



a) Semantica del costrutto concessivo fattuale


Quando un parlante enuncia una frase complessa come (1), mo­stra di ritenere che fra il «tipo di evento» presentato dalla proposizione subordinata e quello presentato dalla proposizione sovraordi­nata esista un contrasto: non ci si aspetta che in caso di pioggia la gente esca senza ombrello. Questa aspettativa è esprimibile tramite un costrutto condizionale, con una negazione sulla parte rilevante dell'apodosi:

(4) Normalmente se piove non si esce senza ombrello.

Inoltre, sempre enunciando una frase come (1), il parlante mostra di ritenere che in un momento cronologicamente precedente il mo­mento dell'enunciazione stava piovendo, e che in quel momento An­tonio è uscito senza ombrello: l'interlocutore assume di conseguenza che i contenuti proposizionali della subordinata e della sovraordinata siano entrambi «veri». Questa seconda parte del significato di un co­strutto concessivo fattuale è esprimibile tramite una «congiunzione», cioè tramite una costruzione coordinata con e :


(5) Pioveva e Antonio è uscito senza ombrello.


In questo senso (1) e (5) sono parziali parafrasi l'una dell'altra poiché entrambe sarebbero considerate «menzogne» sia nel caso che «non» fosse piovuto sia nel caso che Antonio «non» fosse uscito senza ombrello: per la «verità» di costrutti del tipo di (1) e (5) è necessaria sia la verità del conte­nuto proposizionale della subordinata sia la verità del contenuto proposizio­nale della sovraordinata (o, nel caso di (5), della prima e della seconda coordinata). In termini tecnici, si dice che i contenuti delle due proposizioni sono «implicitati»dall'enunciazione del costrutto.


Il valore semantico dei costrutti concessivi fattuali è dato dalla combinazione dei due aspetti citati, e può essere rappresentato con lo schema riportato in (6), nel quale con «p» e «q» sono rispettiva­mente simbolizzati i contenuti proposizionali della subordinata e del­la sovraordinata, e con «Pi» e «q,» sono simbolizzati i «tipi di evento» presentati rispettivamente dalla subordinata e dalla so­vraordinata:

(6) «benché p, q» = «se p i, non qi» E «pvero E qvero»


II contrasto soggiacente ad un costrutto concessivo fattuale (rappresenta­to nello schema dalla formula «se pi, non qi») viene instaurato proprio fra i «tipi di evento», e non, più semplicemente, fra gli stessi contenuti proposi­zionali espressi. Se questo fosse il caso, l'aspettativa innescata da (1) do­vrebbe essere espressa da (7):


(7) Normalmente se piove Antonio non esce senza ombrello.


Ma la frase (1) può essere enunciata senza creare anomalie semantiche in un universo di discorso nel quale «Antonio esce notoriamente senza om­brello, che piova o che non piova»; tale universo di discorso può anche essere trasformato in un contesto linguistico, che aggiunto ad (1) permette di ottenere una sequenza perfettamente accettabile:


(8) Benché piovesse, Antonio è uscito senza ombrello, perché lui fa sempre così: è un'abitudine acquisita da ragazzo.


Va sottolineato anche il fatto che il contrasto fra i «tipi di evento» non deve necessariamente essere «presupposto pragmaticamente», cioè far parte delle conoscenze comuni condivise. I «tipi di evento» presen­tati in (9), per esempio, sono ben lungi dall'essere normalmente considerati in contrasto, ma l'inserimento in un costrutto concessivo fattuale «crea» l'effetto di contrasto (per questa come per qualsiasi altra coppia di contenu­ti proposizionali), e così chiunque enunci (9) mostra di ritenere vero (10):

(9)     Benché Verdi sia ingegnere, è una persona onesta.

(10)    Normalmente se un uomo è ingegnere non è onesto.


Negli esempi utilizzati finora i «tipi di evento» presentati dalle due proposizioni si pongono in diretto contrasto l'uno con l'altro, ma è possibile trovare costrutti concessivi fattuali nei quali i «tipi di evento» presentati non sono di per sé affatto in contrasto, come per esempio in (11), immaginato nel contesto del mercato calcistico:

(11)    Anche se Rossi è un grande centromediano, è veramente mol­to caro.

Infatti il costrutto condizionale (12), che esprime l'aspettativa soggiacente ad (11), ci appare patentemente falso, poiché, se un gio­catore di calcio è molto bravo, di norma sarà anche molto caro:

(12)      Normalmente se un giocatore è molto bravo, non è molto ca­ro.


Anche in questo caso però il contrasto esiste; non è un contrasto «diretto» fra i tipi di evento presentati dalle due proposizioni, ma è un contrasto «indiretto» fra le conclusioni che a livello argomentati­vo si possono trarre dai due contenuti proposizionali in un determi­nato contesto: l'alto valore sportivo del calciatore è un argomento a favore del suo acquisto da parte di una squadra, mentre il suo prez­zo molto alto può essere un argomento a sfavore, per esempio in connessione con eventuali difficoltà finanziarie o con criteri morali.

              La differenza tra contrasto «diretto» e contrasto «indiretto» (che è simile, anche se non identica, alla differenza esistente tra frasi av­versative controaspettative e valoristiche non di­pende però unicamente dai contenuti proposizionali espressi o dai tipi di evento presentati in un costrutto: esistono infatti frasi identiche che possono assumere l'una o l'altra interpretazione al variare dell'universo del discorso. Per esempio, una frase come (13) è facil­mente interpretabile come configurante un contrasto «indiretto», do­ve l'intelligenza è un argomento a favore di brillanti risultati scolasti­ci, e la mancanza di studio è un controargomento; ma se uno ritiene che le persone intelligenti devono sapere che studiare è doveroso e conveniente, allora l'intelligenza e la mancanza di studio contrastano direttamente:

(13)    Anche se mio figlio è intelligente, non studia.


Una frase come (14), invece, è più facilmente interpretabile come configurante un contrasto «diretto»: qualcuno ritiene i francesi intel­ligenti, e si trova di fronte ad un controesempio, un francese stupi­do! Ma (14) è anche interpretabile con un contrasto «indiretto»; per esempio, qualcuno sa che Maria vuole sposare un francese, e sa an­che che le piacerebbe sposare un ragazzo intelligente: la «francesità» di Pierre è un argomento favorevole al suo eventuale matrimonio con Maria, ma la sua stupidità è un argomento decisamente sfavorevole a tale fausto evento:

(14)    Anche se è francese, Pierre è stupido.


La differenza fra contrasto diretto e contrasto indiretto è quindi un pro­blema di interpretazione semantica controllata anche a livello pragmatico, poiché concerne il significato di un costrutto non solo in rapporto ai conte­nuti proposizionali espressi ed all'operatore che li collega (in questo caso concessivo fattuale), ma anche in rapporto a diversi possibili contesti ed universi di discorso.


In quanto segue utilizzeremo indifferentemente esempi di costrut­ti concessivi fattuali interpretabili in entrambi i modi, segnalando i casi particolari nei quali l'una o l'altra interpretazione interagiscono in modo significativo con altre caratteristiche sotto esame.


b) Sintassi del costrutto concessivo fattuale


I costrutti concessivi fattuali possono avere la proposizione su­bordinata introdotta da un operatore di subordinazione che porta sull'intera frase, come in (1), o da un operatore di subordinazione che si articola in modo particolare su una delle categorie sintattiche presenti nella frase, come in (15):

(15)    a. Per ricco che sia, Enrico non potrà mantenerci tutti per un

anno intero.

b. Alto com'è, Giorgio non è riuscito a segnare un solo cane­stro.


 

c) Operatori di subordinazione proposizionali

L'operatore di subordinazione concessivo anche se introduce nor­malmente proposizioni subordinate all'indicativo:


(16)    a. Anche se piove, esco / uscirò senza ombrello.

b. Anche se sta piovendo, esco / uscirò senza ombrello.

c. Anche se stasera andrò a cena fuori, non ho proprio voglia

di preoccuparmi del vestito.

 d. Anche se eravamo in pieno inverno, la temperatura non era

rigida.

e. Anche se è nevicato a lungo, le strade sono pulite.

 f. Anche se eri in ritardo, abbiamo deciso di aspettarti.

g. Anche se c'era un tempo da lupi, Riccardo volle uscire in

piena notte per cercarti.


Va notato che (16a) può essere interpretato sia come costrutto concessi­vo fattuale, se il presente è considerato «deittico», sia come costrutto condi­zionale concessivo, se il presente ha valore «generico»; (16b) invece può essere solo un concessivo fattuale, poiché sta piovendo ha solo valore deittico.

Anche se introduce, sia pur raramente, anche subordinate al con­giuntivo, di stile alto, letterario:

(17)    a. «Altri inconvenienti sono connessi al rito del breakfast che qui è sempre molto importante anche se le materie prime che le compongono si siano di molto rarefatte» (E. Monta­le, Fuori di casa, Milano, Mondadori, 1976, p. 38)

 b. «Anche se per ora il servizio sia limitato e costoso e nessu­no rischi di trovare una macchina in agguato nella propria camera . . . resta il fatto che la 'presa' dell'arrivo di un bat­tello a Calais . . . può mettere in luce cose, fatti, incontri»


Lo stesso sapore elevato hanno le subordinate concessive fattuali introdotte da se anche, generalmente all'indicativo, raramente al con­giuntivo, e da pure se e se pure, sempre all'indicativo:

(18)    a. Se anche solitamente non ci muoviamo da casa durante il fine settimana, per una volta possiamo ben fare uno sforzo.

b. «Lo stile del Tommaseo s'eleva all'altezza d'una vera opera d'arte ed ha un'impronta sua propria originale (. . .), se an­che tradisca a volte la troppa ricercatezza» (A. Mussafia, La letteratura italiana della Dalmazia, «II Dalmata» 1892, n. 45)

c. Pure se si tratta di un risultato un po' stentato, bisogna am­mettere che è sempre meglio di quanto si otteneva prece­dentemente.

d. Se pure ci troviamo di fronte ad un caso pietoso, sapete bene che il nostro incarico non ci permette eccezioni.


Oltre ad anche se, si trovano benché, sebbene, malgrado (che), no­nostante (che), e, di stile lievemente più alto, quantunque, per quanto, ancorché e seppure, che introducono tutti subordinate al congiuntivo:

(19)    a. Benché / Sebbene sia molto alto, Giorgio non è riuscito a segnare un solo canestro.

b. Malgrado (che) / Nonostante (che) i prezzi fossero saliti, il negozio all'angolo era ancora conveniente.

c. Quantunque / Per quanto l'onorevole fosse molto in ritar­do, decidemmo di aspettarlo per evitargli eventuali spiace­voli incontri.

d. Ancorché / Seppure quell'anno l'inverno fosse giunto mol­to presto, nel fondovalle la temperatura non era rigida, e si potevano ancora fare lunghe passeggiate.

Seppure e se pure sono omofoni in alcune parti d'Italia, ma non vanno confusi, poiché se pure introduce subordinate concessive fat­tuali all'indicativo (v. (18d)) e subordinate condizionali concessive con la concordanza del periodo ipotetico, men­tre seppure introduce solo subordinate concessive fattuali al congiun­tivo, come in (19d).


Diversamente dagli altri operatori di subordinazione citati, nonostante (che) e malgrado (che) si combinano difficilmente con costrutti nei quali il rapporto tra i due contenuti proposizionali espressi, o tra i due «tipi di evento» presentati, sia interpretabile solo come contrasto «indiretto»:


(20) "Nonostante (che) / "Malgrado (che) Rossi sia un grande centromediano, è veramente molto caro.


Inoltre, insieme a benché e sebbene, compaiono nell'italiano substandard introducendo subordinate all'indicativo, ed in queste frasi, che sono consi­derate agrammaticali nell'italiano standard, il che non può essere omesso:


(21)    a. Benché / Sebbene Giorgio è molto alto, non è riuscito a segnare

un solo canestro.

b. Malgrado (che) / Nonostante (che) i prezzi sono saliti, il nego­zio all'angolo è ancora conveniente.


Tramite l'utilizzo della struttura «per X che F (con verbo al con­giuntivo)» si costruiscono proposizioni concessive fattuali articolate in genere su elementi aggettivali:


(22)    a. Per poche che fossero le sue pretese, mantenerlo per un pe­riodo così lungo non sarebbe certo stato uno scherzo.

 b. Per ingiusta che questa decisione potesse sembrare agli oc­chi di molti, in un caso del genere era l'unica soluzione possibile.


Una struttura come «X come / quanto F (con verbo all'indicativo)» può invece essere utilizzata per costruire una subordinata con­cessiva fattuale articolata su un elemento aggettivale o avverbiale:


(23)    a. Alto com'è / quant'è, Giorgio non è riuscito a segnare un

solo canestro.

 b. Intelligente come dici di essere, ti scappano un po' troppe

sciocchezze in questo periodo!

c. Tardi com'era, ha voluto a tutti i costi andare a fare un giro lungo il fiume.


Non necessariamente però tale struttura innesca una lettura concessi­va fattuale, come si vede confrontando (24a) con la sua parafrasi concessiva fattuale (24b), che è semanticamente anomala, e con la sua parafrasi causale (24c), che invece è perfettamente accettabile:


(24)    a. Ubriaco com'ero, non sono riuscito neppure a trovare il bu­co della serratura.

b. Anche se ero molto ubriaco, non sono riuscito neppure a trovare il buco della serratura.

c. Siccome ero molto ubriaco, non sono riuscito neppure a trovare il buco della serratura.


Anche l'uso dell'operatore per quanto permette la costruzione di subor­dinate concessive (con verbo al congiuntivo) articolate su elementi avverbia­li o aggettivali:


(25)    a. Per quanto tardi fossero giunti gli aiuti del ministero, erano co­munque sempre meglio di niente.

b. Per quanto veloci sembrassero i nostri ragazzi, gli elementi del gruppo avversario arrivavano sempre con almeno tre secondi di vantaggio.


Da segnalare che un significato molto simile si può esprimere con pro­posizioni subordinate concessive in cui l'operatore per quanto non si articola su un elemento aggettivale o avverbiale, ma sulla intera proposizione subor­dinata, come per esempio nella frase in (19c); in questi casi per quanto equivale grosso modo a benché:

(26) Per quanto / Benché gli aiuti del ministero fossero giunti tardi, erano comunque sempre meglio di niente.

(27) Per quanto / Benché i nostri ragazzi sembrassero veloci, gli elementi del gruppo avversario arrivavano sempre con almeno tre secondi di vantaggio.


d) Semantica del costrutto condizionale concessivo

 

II significato di un costrutto concessivo fattuale  ha un duplice aspetto: fra il «tipo di evento» presentato dalla proposizione subordinata (p;) e quello presentato dalla sovraordinata (q;) viene instaurato un rapporto di contrasto (dato l'uno, non ci si aspetta l'altro); i contenuti proposizionali della subordinata e della sovraordinata (rispettivamente p e q) sono «implicitati»: la loro veri­tà è necessaria perché l'intero costrutto sia «vero». Questo duplice valore semantico è già stato rappresentato nello schema (6).

I costrutti condizionali concessivi condividono con i concessivi fattuali il primo aspetto, secondo cui fra il tipo di evento presentato dalla proposizione subordinata e quello presentato dalla sovraordina­ta viene instaurato un rapporto di contrasto; lo si vede bene con­frontando (1), concessivo fattuale, (Benché piovesse, Antonio è uscito senza ombrello) con (2), condizionale concessivo (Anche se piovesse, Antonio uscirebbe senza ombrello).


Anche per i costrutti condizionali concessivi vale la distinzione fra con­trasto «diretto» e contrasto «indiretto», e valgono le considerazioni pragma­tiche ; perciò sono possibili sia condizionali concessivi co­me (2), con contrasto diretto, sia condizionali concessivi come (28), con contrasto indiretto:


(28) Anche se Rossi fosse un grande centromediano, sarebbe veramente molto caro.


Ma, a differenza dei concessivi fattuali, l'enunciazione di un con­dizionale concessivo non implicita la verità dei contenuti proposizio­nali della subordinata e della sovraordinata; (2) significa che in caso di pioggia, come in altri casi (per esempio di non-pioggia), Antonio uscirebbe senza ombrello: il contenuto proposizionale della sovraor­dinata deve essere vero perché l'intero costrutto risulti vero, ma il contenuto proposizionale della subordinata può essere vero o falso.

Questo secondo aspetto del significato di un costrutto condizio­nale concessivo, che rappresentiamo con lo schema riportato in (29), deriva dall'interazione della semantica del costrutto condizionale con il significato di anche , per cui definia­mo un costrutto condizionale concessivo come il risultato dell'inseri­mento di un elemento lessicale del tipo di anche in un costrutto con­dizionale:

(29)   «anche Se p,  q» — «Pvero E qvero»  O  «pFalso E qVero»


II significato di anche agisce sulla semantica del costrutto condi­zionale nel modo seguente: una struttura del tipo «se p, q» indica che data la verità di p deve seguirne la verità di q, ovvero che p e q debbono essere veri non indipendentemente ma insieme; a ciò si ag­giunge la «inferenza sollecitata», rappresentabile con «se non-p, non-q», secondo cui data la falsità di p deve seguirne la falsità di q. Que­st'ultima clausola è normale ma non indispensabile per i costrutti condizionali, ma necessaria per la semantica dei costrutti «bi-condizionali» , rappresentabili con la ; struttura «solo se p, q». Il significato di anche si oppone al significato di solo, e «sospende» l'inferenza sollecitata: «anche se p, q» equi­vale a «se p, q» ed a «se non-p, q» (come già detto sopra, la verità del contenuto proposizionale della sovraordinata, q, è necessaria per la verità dell'intero costrutto, mentre il contenuto proposizionale del­la subordinata, p, può essere vero o falso).


È importante però che anche si applichi all'intera proposizione subordi­nata del costrutto condizionale, e non solo ad un qualche suo elemento, come per esempio nel costrutto (30):


(30) Anche se bevi solo un goccio di alcol sul lavoro, il principale ti licen­zierà.


Il significato intuitivo di (30) è che una infrazione seppur minima al divieto di bere alcol sul lavoro avrà come conseguenza il licenziamento da parte del principale: anche non si applica all'intera proposizione subordina­ta, ma solo a solo un goccio di, come si vede più chiaramente da (31), per­fettamente equivalente a (30):


(31) Se bevi anche solo un goccio di alcol sul lavoro, il principale ti licen­zierà.


Quindi (30), pur superficialmente identico a (2), non è un costrutto condi­zionale concessivo, ma un costrutto condizionale di cui anche modifica un elemento, e significa «se bevi (moltissimo / molto / non molto / poco / pochissimo I ... I solo un goccio di) alcol sul lavoro, il principale ti licen­zierà»; in quanto costrutto condizionale poi può innescare (cosa che è im­possibile per un condizionale concessivo) l'inferenza sollecitata, espressa in

(32):

(32) Se non bevi (neanche solo un goccio di) alcol sul lavoro, il principale non ti licenzierà.


e) Sintassi del costrutto condizionale concessivo

 

Poiché i costrutti condizionali concessivi risultano dall'inserimen­to di un elemento lessicale del tipo di anche in una struttura condi­zionale, la loro concordanza dei modi e dei Tempi corrisponde a quella dei costrutti condizionali. Come si è visto, l'italiano contemporaneo presenta un sistema stan­dard di concordanza, affiancato da una variante colloquiale in via di espansione anche in livelli più alti, e da un sistema «substandard», tipico solamente di alcune varietà più basse.

Nel primo sistema, nella subordinata e nella sovraordinata si tro­vano rispettivamente indicativo e indicativo, come in (33a), congiun­tivo imperfetto e condizionale semplice, come in (33b), e congiuntivo piuccheperfetto e condizionale composto, come in (33c):

(33)    a. Anche se studio di più, non imparerò niente.

b. Anche se studiassi di più, non imparerei niente.

c. Anche se avessi studiato di più, non avrei imparato niente.


La variante colloquiale del sistema standard, che, come ricordato, si sta però diffondendo verso l'alto, prevede la possibilità che l'indicativo imper­fetto sostituisca il congiuntivo piuccheperfetto nella subordinata e / o il condizionale composto nella sovraordinata, come in (34):


(34)   a. Anche se studiavo di più, non avrei imparato niente.

 b. Anche se studiavo di più, non imparavo niente.

 c. Anche se avessi studiato di più, non imparavo niente.


Nel sistema «substandard», invece dei modi congiuntivo e condi­zionale appare costantemente l'imperfetto dell'indicativo, così che (35a) corrisponde all'incirca a (33a) (ma a volte anche a (33b)), men­tre (35b) corrisponde all'incirca a (33b-c) (anche questo sistema è in realtà più complesso di quanto appaia da questa sintetica presenta­zione:

(35)    a. Anche se studio di più, non imparerò niente.

b. Anche se studiavo di più, non imparavo niente.


Una serie di altre combinazioni è dovuta all'interferenza tra il sistema dell'italiano standard, che prevede congiuntivo nelle subordinate e condizio­nale nelle sovraordinate, ed alcuni usi dialettali, caratterizzati da sistemi «simmetrici» che prevedono o congiuntivo nella subordinata e nella so­vraordinata, o condizionale nella subordinata e nella sovraordinata. Questi usi sono inaccettabili, decisamente substandard, ma attestati:

(36)    a. Anche se potessi, non facessi nulla per te.

 b. Anche sei potrei, non farei nulla per te.


f) Subordinate condizionali concessive introdotte da «anche se»


L'operatore di subordinazione condizionale concessivo anche se permette diverse combinazioni di tempi nella subordinata e nella so­vraordinata, con la concordanza all'indicativo:

(37)    a. Anche se piove, esco / uscirò senza ombrello. (= 16a)

b. Anche se domenica ci sarà (sicuramente) bel tempo, non

potremo andare a sciare: ho del lavoro da finire.

 c. Anche se (per caso) ti sei ricordato di riportarmi quel libro che ti avevo prestato, questa settimana non riuscirò a leg­gerlo perché mi si sono rotti gli occhiali.


Come già segnalato, (37a) può essere interpretato sia come condizionale concessivo, con il contenuto proposizionale della subordinata vero o falso (se il presente ha valore «generico»), sia co­me concessivo fattuale, con il contenuto proposizionale della subor­dinata vero (se il presente ha valore «deittico»). (37b), invece, assu­me molto difficilmente l'interpretazione di concessivo fattuale: anche l'inserimento di sicuramente non riesce a conferire la certezza della verità al contenuto proposizionale della subordinata, che è proiettato nel futuro. (37c), al passato, è interpretabile come condizionale con­cessivo grazie all'aggiunta di per caso, che favorisce una interpretazione dubitativa; ma normalmente costrutti introdotti da anche se con i Tempi passati dell'indicativo vengono interpretati come concessivi fattuali:

(38)    a. Anche se hai comprato il giornale, non riuscirò a leggerlo

(perché mi si sono rotti gli occhiali).

b. Anche se ti sei ricordato di portare la carbonella, non pos­siamo preparare la grigliata (perché piove).


Queste caratteristiche dei costrutti introdotti da anche se fanno pensare che tale operatore di subordinazione «neutralizzi» l'opposizione tra conces­sivi fattuali e condizionali concessivi, o che i costrutti concessivi fattuali in­trodotti da anche se siano la versione «bi-affermativa» dei cor­rispondenti costrutti condizionali concessivi (una eventuale versione «bi-negativa», che comporterebbe la falsità dei contenuti proposizionali della su­bordinata e della sovraordinata, è esclusa a priori dalla definizione semanti­ca , che prevede la necessaria verità di q, il contenuto pro­posizionale della sovraordinata).


Quando anche se si combina con l'imperfetto indicativo nella su­bordinata e nella sovraordinata (non si confondano però questi co­strutti con quelli formalmente identici ma appartenenti o alla varian­te colloquiale dell'italiano standard, o al sistema substandard: v. ri­spettivamente le frasi (34b) e (35b)), l'interpretazione con­dizionale concessiva è di nuovo possibile; si confronti (39a), che può avere una lettura fattuale ed una ipotetica (quella parafrasata tra pa­rentesi), con (39b), che per la presenza dell'operatore di subordina­zione sebbene è solo concessivo fattuale:

(39)    a. Durante quella lunga vacanza in collina uscivamo sempre senza ombrello, anche se pioveva.

(«a volte pioveva, a volte no: quando pioveva uscivamo co­munque senza ombrello»)

b. Durante quella lunga vacanza in collina uscivamo sempre senza ombrello, sebbene piovesse. («è piovuto, e siamo comunque usciti senza ombrello»)


Come per i costrutti concessivi fattuali, anche se introduce condi­zionali concessivi di stile alto, letterario, con la subordinata al con­giuntivo invece che all'indicativo:


(40) «Squattrinato come tutti i veri poeti (e tale lo si considera an­che se egli non scriva versi) la sua principale professione è quel­la di Ospite» (E. Montale, farfalla di Dinard, Milano, Monda-dori, 1976, p. 79)

Anche se condizionale concessivo prevede la combinazione di congiuntivo imperfetto e condizionale semplice, e di congiuntivo piuccheperfetto e condizionale composto, come in (41a, b), ma nel caso si voglia sotto­lineare la «distanza» cronologica tra i contenuti espressi dalle due proposizioni, in una dirczione o nell'altra, si combinano congiuntivo piuccheperfetto e condizionale semplice, come in (4le), o congiunti­vo imperfetto e condizionale composto, come in (41d):


(41)    a. Anche se rinascessi, non vorrei cambiare tipo di vita.

b. Anche se fossi stato promosso a giugno, non avrei potuto andare in vacanza.

c. Anche se quell'edificio fosse stato venduto, nell'archivio del catasto non ne troveremmo traccia, poiché le registrazioni di quell'anno sono finite bruciate in un incendio.

d. Anche se Enrico fosse a casa, non avrebbe risposto al tele­fono: in questo periodo non vuole essere disturbato.


Come per i costrutti condizionali , anche per i con­dizionali concessivi l'uso della concordanza all'indicativo piuttosto che al congiuntivo-condizionale indica diversi gradi di «probabilità» dei contenuti proposizionali espressi; ma a differenza dei costrutti condizionali la «possibile verità» (segnalata dall'indicativo) o «possi­bile falsità» (segnalata dal congiuntivo più condizionale) riguarda so­lo il contenuto proposizionale della subordinata, p:


(42)    a. Anche se studio di più, non imparerò niente. (= 33a)

b. Anche se studiassi di più, non imparerei niente. (= 33b)


Se un costrutto viene inserito in un discorso indiretto al passato (e gli avvenimenti citati sono già avvenuti al momento dell'enuncia­zione) la concordanza dei modi e dei Tempi prevede solo la combi­nazione «congiuntivo piuccheperfetto + condizionale composto», in­dipendentemente dalla forma che il costrutto potrebbe avere nella corrispondente versione in discorso diretto. Così la «scelta» di modi e tempi di (43d), obbligata dalla concordanza del discorso indiretto, «neutralizza» completamente le differenze semantiche sia modali sia temporali esistenti nei condizionali concessivi presenti in (43a-c):

(43)   a. Aldo mi ha detto: «Ti offro / offrirò una cena anche se XY perde / perderà la carica di sindaco».

b. Aldo mi ha detto: «Ti offrirei una cena anche se XY per­desse la carica di sindaco».

c. Aldo mi ha detto: «Ti avrei offerto una cena anche se XY avesse perso la carica di sindaco».

d. Aldo mi ha detto che mi avrebbe offerto una cena anche se XY avesse perso la carica di sindaco.


Anche per i costrutti condizionali concessivi, come per i costrutti condi­zionali, è possibile la concordanza mista fra indicativo e congiuntivo-condi­zionale:

(44)    a. Anche se non ti interessa personalmente la partecipazione a quella gara, dovresti farlo per amicizia nei confronti di Carlo: potrebbe avere bisogno di te durante la prova.

b. Anche se non ti interessasse personalmente la partecipazione a quella gara, devi farlo per amicizia nei confronti di Carlo: può avere bisogno di te durante la prova.


Oltre ad anche se esistono altri operatori di subordinazione con significato condizionale concessivo. Di questi, alcuni possono intro­durre sia condizionali concessivi sia concessivi fattuali, come anche se: sono se anche, pure se e se pure:


(45)    a. Se anche studiassi di più, non imparerei niente.

b. Se anche avessi studiato di più, non avrei imparato nulla.

(46)    a. Pure se fosse il re di tutta Europa, non gli vorrei ubbidire.

 b. Pure se fossimo stati in condizioni economiche disperate, non avremmo accettato volentieri un aiuto che arrivava da un avversario tradizionale della nostra famiglia.

(47)   a. Se pure ci capitasse di ricadere nello stesso errore già com­messo una volta, saremmo in grado di rimediare con meno fatica grazie all'esperienza compiuta.

b. Non mi credette: e se pure mi avesse creduto, il mio inter­vento non sarebbe valso a farle cambiare opinione.


Si ricordi che se pure e seppure, omofoni in alcune parti d'Italia, non sono da confondere, poiché il primo è un introduttore di condi­zionali concessivi, e di concessive fattuali all'indicativo, mentre il se­condo introduce solo concessive fattuali al congiuntivo.

Pure se con significato condizionale concessivo si trova anche con subor­dinate al congiuntivo presente (in sostituzione dell'indicativo), anche in que­sto caso stilisticamente piuttosto elevate:


(48) «Eppure in tutto questo che abbiamo detto, pure se si sia disposti ad accettarlo in ogni sua pane, resta che al Leopardi mancano note fon­damentali dello spirito e del pensiero settecentesco». (M. Sansone, Leopardi e la filosofia del Settecento, Firenze, Olschki, 1964, p. 143)

Anche un costrutto condizionale può essere interpretato come condizionale concessivo, purché sia abbastanza evidente il contrasto esistente già di per sé fra i tipi di evento presentati dalla subordinata e dalla sovraordinata; se il costrutto condizionale è di tipo «bi-affermativo» viene però interpretato come concessivo fat­tuale invece che come condizionale concessivo, come nell'esempio (49b):

(49)    a. Se poi ci fossimo trovati nei guai non avremmo dovuto pro­testare, perché sapevamo fin dall'inizio che ci stavamo im­barcando in una spedizione piuttosto pericolosa. (= «anche se ci fossimo»)

b. Se il giudizio del Fondo Monetario Internazionale sulla economia del nostro paese è stato positivo, non dobbiamo dimenticare i rischi collegati al deficit pubblico. (= «sebbe­ne il giudizio ... sia positivo . . .»)


 I costrutti condizionali con la concordanza al congiuntivo e condizionale possono essere privi dell'operatore di subordina­zione se; anche tali costrutti condizionali possono ricevere una interpretazione condizionale concessiva, che in alcuni casi viene ribadita dall'inseri­mento di anche o di pure (si tratta comunque di costrutti di stile alto):


(50)    a. L'incidente di Gino è successo in due secondi: fossi stato attentis­simo, non avrei avuto il tempo di intervenire.

b. Fossimo anche / pure riusciti ad estorcergli una risposta positiva, il suo parere non sarebbe stato sufficiente.


Alcuni altri operatori di subordinazione sono tipici dei condizio­nali concessivi (non possono cioè introdurre concessivi fattuali). Quand'anche è stilisticamente più alto di anche se, e ne condivide la concordanza tranne nei casi di indicativo in subordinata e sovraordi­nata, nei quali richiede il congiuntivo nella subordinata:


(51)    a. Quand'anche nevica, non resteremo chiusi in casa.

 b. Quand'anche nevichi, non resteremo chiusi in casa.

 c. Quand'anche nevicasse, non resteremmo chiusi in casa.

 d. Quand'anche avesse nevicato, non saremmo rimasti chiusi in casa.


 Un costrutto condizionale concessivo può essere introdotto dall'operatore di subordinazione condizionale se accompagnato da neanche,neppure, o nemmeno (che sono lessicalizzazioni di anche o pure più negazione); il significato è simile, ma non identico, a quello di

 un costrutto introdotto da anche se, con la sovraordinata accompagnata dalla particella negativa non, come si vede confrontando gli esempi a. con quelli b. :


(52)    a. Neanche se hai molta sete devi bere così in fretta.

b. Anche se hai molta sete non devi bere così in fretta.

(53)    a. Neppure se mi venisse a pregare in ginocchio lo perdone­rei.

b. Anche se mi venisse a pregare in ginocchio non lo perdo­nerei.

(54)    a. Nemmeno se fosse stato mandato a vender ghiaccio agli esquimesi avrebbe rinunciato prima di provare.

b.Anche se fosse stato mandato a vender ghiaccio agli e-squimesi non avrebbe rinunciato prima di provare.


La non interpretabilità di quand'anche, neanche, neppure e nem­meno (gli ultimi tre accompagnati da se) come introduttori di con­cessive fattuali è confermata dal fatto che non possono combinarsi con sovraordinate con i tempi passati dell'indicativo (che la subordi­nata sia all'indicativo oppure al congiuntivo):

(55)    a. Quand'anche è nevicato, non siamo rimasti chiusi in casa.

b. Quand'anche sia / fosse nevicato, non siamo rimasti chiusi in casa.

(56)    a. Neanche / Neppure / Nemmeno se è stato mandato a vender ghiaccio agli esquimesi ha rinunciato prima di pro­vare.

b. Neanche / Neppure /Nemmeno se sia / fosse stato mandato a vender ghiaccio agli esquimesi ha rinunciato pri­ma di provare.

Gli altri operatori di subordinazione che abbiamo visto in­trodurre concessive fattuali non sono compatibili né con la semantica né con la concordanza dei condizionali concessivi:


(57)    a. Benché / Sebbene nevica, non resteremo chiusi in casa.

b. Benché / Sebbene nevicasse, non resteremmo chiusi in casa.

c Benché / Sebbene fosse nevicato, non saremmo rimasti chiusi in casa.

(58)    a. Malgrado (che) / Nonostante (che) nevica, non resteremo chiusi in casa.

b. Malgrado (che) / Nonostante (che) nevicasse, non resteremmo chiusi in casa.

c.Malgrado (che) / Nonostante (che) fosse nevicato, non saremmo rimasti chiusi in casa.

(59)    a. Quantunque / Per quanto nevica, non resteremo chiusi in casa.

b. Quantunque / Per quanto nevicasse, non resteremmo chiusi in casa.

c.Quantunque / Per quanto fosse nevicato, non saremmo rimasti chiusi in casa.

(60)    a. Ancorché / Seppure nevica, non resteremo chiusi in casa.

b. Ancorché /Seppure nevicasse, non resteremmo chiusi in casa.

c.Ancorché / Seppure fosse nevicato, non saremmo rimasti chiusi in casa.


Anche gli operatori di subordinazione «categoriali» non sono interpretabili come condizionali concessivi, poiché l'elemento su cui si articolano non è presentato come possibile, ma come certo, come si vede confrontando i costrutti in a. con le loro parafrasi avversative coordinate in b.:

(61)    a. Per poche che fossero le sue pretese, mantenerlo per un periodo

così lungo non sarebbe certo stato uno scherzo.

b. Le sue pretese erano poche, ma mantenerlo per un periodo così lungo non sarebbe certo stato uno scherzo.

(62)    a. Alto com'è / quant'è, Giorgio non è riuscito a segnare un solo

canestro.

b. Giorgio è (molto) alto, ma non è riuscito a segnare un solo cane­stro.

(63)    a. Tardi com'era, ha voluto a tutti i costi andare a fare un giro lungo

il fiume.

b. Era (molto) tardi, ma ha voluto a tutti i costi andare a fare un giro lungo il fiume.

(64)    a. Per quanto veloci sembrassero i nostri ragazzi, gli elementi del gruppo avversario arrivavano sempre con almeno tre secondi di vantaggio.

b. I nostri ragazzi sembravano (molto) veloci, ma gli elementi del gruppo avversario arrivavano sempre con almeno tre secondi di vantaggio.




g)Semantica dei costrutti a-condizionali


Nei costrutti detti a-condizionali il contenuto proposizionale della subordinata non condiziona quello della sovraordinata, contrariamen­te a quanto accade per i costrutti condizionali . Tali co­strutti possono essere fondamentalmente di due tipi,  con le frasi (3a) e (3b): Che ti piaccia o no, stasera andrò al cinema; Ovunque vada, Ugo troverà degli amici. Il significato intuitivo di (3a) è che data o meno una determinata condizione (la contentez­za dell'interlocutore), il parlante andrà al cinema; quello di (3b) è che in ogni luogo nel quale il protagonista si possa recare troverà sicuramente degli amici.

Ecco una analisi maggiormente formalizzata della semantica di questi costrutti. Le subordinate di un a-condizionale come (3a) espri­mono la «disgiunzione» di un contenuto proposizio­nale p e del suo contrario non-p, riassumibile con la formula «p o non-p», che è tautologica, sempre vera: proprio per questo il conte­nuto proposizionale della subordinata non ha alcun effetto su quello della sovraordinata. Il significato di questo primo tipo di costrutto a-condizionale si può così rappresentare: «p o non-p, q» = «pvero O PFalso>  qVero».


II confronto fra questo schema e quello riportato in (29), che rappresen­tava una parte del significato dei costrutti condizionali concessivi, mostra quanto questi ultimi siano vicini semanticamente a questo primo tipo di a-condizionali: in un caso la possibilità che p sia falso è comunicata implicita­mente dalla presenza di anche (o di elementi lessicali dal significato affine), nell'altro è espressa esplicitamente dalla «disgiunzione» presente nella su­bordinata.

Nel caso dei costrutti a-condizionali come (3b), la presenza di relativi indefiniti fa sì che la subordinata esprima un contenuto «in­saturo»: una «funzione proposizionale» con una variabile libera, simbolizzabile con p(x).

Per tutti i valori assunti dalla variabile x, e quin­di per tutti i contenuti proposizionali ottenuti dalla subordinata, il contenuto proposizionale della sovraordinata risulta vero." Il significa­to di questo secondo tipo di costrutto a-condizionale si può così rap­presentare: «p(x), q» = «V x, p = F(x), qvero».


Anche in questo caso il confronto con lo schema riportato in (29) mo­stra la vicinanza semantica fra questi pur diversi tipi di costrutto: come nei condizionali concessivi, lo statuto del contenuto proposizionale della subor­dinata è irrilevante per la verità di quello della subordinata (e dell'intero costrutto),

A differenza dei costrutti condizionali concessivi (e di quelli con­cessivi fattuali), dove fra i tipi di evento presentati dalla subordinata e dalla sovraordinata viene comunque instaurato un rapporto di con­trasto, i costrutti a-condizionali non pongono esplicitamente tale con­trasto: semplicemente l'ascoltatore può inferire che fra il tipo di evento presentato nella sovraordinata ed uno di quelli o disgiunti nella subordinata o ottenibili dando un valore alla variabile x sempre nella subordinata, un contrasto ci possa essere. Esemplificando, nell'es. (3a) di 2.4. si può vedere un contrasto fra il dispiacere dell'in­terlocutore e l'intenzione del parlante di andare al cinema, come in (3b) è ipotizzabile che possa esistere un luogo specifico nel quale il protagonista «non» riuscirà a trovare degli amici.


Il costrutto a-condizionale non instaura però necessariamente questo contrasto tra tipi di eventi:

(65)    Dovremo stare attenti alla concorrenza economica degli altri paesi europei, che facciano o no parte della CEE.

(66)    Dalla cima della collina, ovunque girassimo gli occhi, non po­tevamo evitare di tornare a fissare sempre quel villaggio.


h)I costrutti con 'disgiunzione'


I costrutti a-condizionali del tipo di (3 a) possono avere la subor­dinata costruita su una correlazione sia che... sia che...:

(67) Sia che ti piaccia sia che non ti piaccia, stasera andrò al cinema.

(68) Sia che lo paghino bene sia che lo paghino male / non lo paghi­no bene, Piero fa il suo lavoro senza lamentarsi.

(69) Sia che abbia avuto ragione sia che abbia avuto torto / non ab­bia avuto ragione / non l'abbia avuta, dobbiamo aiutarlo perché è nostro amico.

Nei costrutti a-condizionali, il verbo della subordinata è generalmente al congiuntivo; nello stile colloquiale si trova anche l'indicativo:

(70) Sia che ti piace sia che non ti piace, stasera andrò al cinema.

In uno stile piuttosto elevato è possibile l'ellissi delle forme correlative, e la semplice giustapposizione tramite virgole dei due elementi alternativi, con inversione di posizione fra verbo e soggetto espresso:

(71) «In realtà la parola 'villanella', come designazione di forma poetica, cioè di un determinato componimento, apparisca essa in scritti dialet­tali, apparisca in scritti italiani, è termine letterario» (C. Calcaterra, Poesia e canto. Studi sulla poesia melica italiana e sulla favola per musi­ca, Bologna, Zanichelli, 1951, p. 7)


A parte la correlazione con sia che... sia che..., il costrutto può articolare la proposizione subordinata su una «disgiunzione» con che... o (che)...:

(72)    a. Che ti piaccia o (che) non ti piaccia, stasera andrò al cine­ma.

b. Che lo paghino bene o (che) lo paghino male / non lo pa­ghino bene, Piero fa il suo lavoro senza lamentarsi.

c.Che abbia avuto ragione o (che) abbia avuto torto / non abbia avuto ragione / non l'abbia avuta, dobbiamo aiutarlo perché è nostro amico.


Nei costrutti articolati sulla disgiunzione, la seconda parte della subordi­nata (quella che esprime non-p) può subire diversi processi di riduzione o pronominalizzazione negativa, che comportano però l'impossibilità (invece della facoltatività) del secondo che:

(73)    a. Che ti piaccia o (che) no / meno, stasera andrò al cinema.

b. Che lo paghino bene o (che) no / meno / male, Piero fa il suo

lavoro senza lamentarsi.

c.Che abbia avuto ragione o (che) no / meno / torto, dobbiamo aiutarlo perché è nostro amico.

In alcuni casi, di stile più alto, cade anche il primo che, e resta solo la disgiunzione o, ma c'è di nuovo inversione di posizione fra verbo e soggetto espresso, come nell'esempio (71):

(74)    Ci piaccia o no / meno questa situazione, ormai non c'è più nulla da fare.


Può esserci inversione di posizione fra verbo e soggetto espresso anche quando gli elementi messi direttamente in contrapposizione tramite la di­sgiunzione o sono anticipati prima del verbo:


(75)    a. Bene o male che lo paghino i suoi committenti, Piero fa il suo

lavoro senza lamentarsi.

b. Ragione o torto che abbia avuto, dobbiamo aiutarlo perché è no­stro amico.


Fra i relativi indefiniti che compaiono nelle subordinate (al con­giuntivo) dei costrutti a-condizionali, chiunque  sono solamente pronominali:

(76)    a. Chiunque tu sia, non ti voglio ascoltare.

b. Checché tu sia, non ti voglio ascoltare.

(77)    a. Checché succeda durante la riunione, è necessario affronta­re il problema senza nascondere la testa nella sabbia.

b. Chiunque succeda durante la riunione, è necessario af­frontare il problema senza nascondere la testa nella sabbia.

Qualunque è usato sia predicativamente che attributivamente (in quest'ultimo caso prevalentemente con referenti singolari). Qualsiasi è usato in genere in posizione attributiva (sempre con referenti sin­golari), e forma spesso un sintagma quasi cristallizzato con cosa:

(78)    a. Qualunque sia il motivo che lo ha spinto tra di noi, non

voglio fidarmi di un forestiero.

b. «Le Materassi ... presero a rimanere con la testa china sul lavoro ... qualunque fossero le escandescenze e le risate squillanti delle dame» (A. Palazzeschi, Le sorelle Materassi, Firenze, Vallecchi,1934, p. 272)

(79)    a. A qualunque festa si vada, è bene essere eleganti.

b. A qualunque feste si vada, è bene essere eleganti.


(80)    a. Da  qualsiasi  radice  sociale  provenga,  il  razzismo  risulta

sempre un profondo segno di ignoranza e di barbarie.

b. Da qualsiasi radici sociali provenga,  il razzismo risulta sempre un profondo segno di ignoranza e di barbarie.

(81)    Qualsiasi cosa facesse Enrico, sua figlia Elena era sempre d'ac­cordo.

Quale che è un aggettivo in funzione predicativa, concorda in nu­mero, e può sostituire qualunque e qualsiasi nei contesti dove non possono occorrere (lo stile che ne risulta è però sensibilmente più alto):

(82)    a. Quale che sia il motivo che lo ha spinto tra di noi, non

voglio fidarmi di un forestiero.

b. Quali che siano i motivi che lo hanno spinto tra di noi, non voglio fidarmi di un forestiero.

(83)    a. Quale che sia la festa a cui si va, è bene essere eleganti.

b. Quali che siano le feste a cui si va, è bene essere eleganti.

(84)    a. Quale che sia la radice sociale da cui proviene, il razzismo risulta sempre un profondo segno di ignoranza e di barba­rie.

b. Quali che siano le radici sociali da cui proviene, il razzismo risulta sempre un profondo segno di ignoranza e di barba­rie.

(85)    Quali che fossero le cose che faceva Enrico, sua figlia Elena era sempre d'accordo.


Si trovano poi relativi indefiniti articolati su ruoli circostanziali di modo, con comunque, e di luogo, con dovunque e con il più ricerca­to ovunque:


(86)    a. Comunque vada la seconda metà della stagione invernale,

già di questo primo periodo possiamo essere soddisfatti.

b. Dovunque siano finiti Giorgio e Franca, stai sicuro che per

l'ora di cena torneranno.

c.Ovunque si sia perso il nostro valoroso commilitone, non risparmieremo alcuno sforzo per ritrovarlo.


Con per quanto, se si articola su un elemento nomi­nale, la subordinata che ne risulta è di tipo a-condizionale:

(87)    a. Per quanti consigli tu gli dia, lui fa ciò che gli pare.

b. Per quanto denaro guadagni, non è mai contento.


Il significato di (87a) è «tu puoi dargli x (pochissimi / pochi / alcuni I ... I molti / moltissimi / infiniti) consigli, ma lui fa ciò che gli pare»; il significato di (87b) è «lui può guadagnare x (pochissimo / poco I ... I molto / moltissimo) denaro, ma non è mai contento»:

in questi casi la variabile x contenuta nella subordinata a-condizionale assume valori di tipo quantitativo.


Un significato abbastanza simile a quello di (87) può essere espresso dalle frasi (88), in cui però per quanto, che si articola sul­l'intera proposizione subordinata, equivale grosso modo a benché, e da quindi origine a costrutti concessivi fattuali :

(88)    a. Per quanto / Benché tu gli dia molti consigli, lui fa ciò che

gli pare.

b. Per quanto / Benché guadagni molto denaro, non è mai contento.


Un significato di tipo a-condizionale emerge anche nei casi in cui i rela­tivi indefiniti chiunque, qualunque, qualsiasi (cosa), dovunque e ovunque in­troducono non delle proposizioni subordinate extranucleari (come negli esempi visti finora), ma delle frasi relative senza testa, ovvero dei SN o SP con un ruolo sintattico nel nucleo della proposizione sovraordinata che li contiene:

(89)    a. A chiunque telefoni, dite che non sarò in ufficio prima di dopodo­mani.

b. Qualunque motivo lo abbia spinto fin quassù, deve essere molto

importante.

c Qualsiasi cosa Antonio ti chieda, falla subito senza porti problemi.

d. Dovunque / Ovunque andrai tu, verrò anch'io.


Infatti le proposizioni relative introdotte dagli indefiniti sono rispettiva­mente complemento indiretto in (89a), soggetto in (89b), complemento og­getto in (89c), e complemento di luogo in (89d).

Esistono numerosi costrutti con la sintas­si tipica degli a-condizionali, nei quali però è molto difficile vedere un contrasto fra i tipi di evento che sono presentati nella sovraordi­nata ed uno di quelli (due o più a seconda del tipo di a-condiziona­le) configurati nella subordinata; ne presentiamo qui di seguito alcu­ni esempi:

(90)    a. Sia che provengano dall'est europeo sia che arrivino dal ter­zo o quarto mondo, la situazione giuridica degli immigrati in Italia ha bisogno di una rapida sistemazione.

b. Che si tratti di agrumi e olive o di prodotti lattiero-caseari, l'eliminazione dei montanti compensativi comunitari rischia di creare notevoli problemi al comparto agroalimentare.

c. Chiunque sia stato ad innescare questa situazione, il compi­to di risolverla tocca a noi.


d. Qualunque / Qualsiasi cosa abbiano deciso di fare alla dirc­zione centrale, non devono dimenticarsi che il reparto ope­rativo continua ad avere importanti problemi di organico.














ÐÅÇÞÌÅ:

 

 

      Óìîâíèé ñòàí â ³òàë³éñüê³é ìîâ³ ìຠäâà ÷àñè, ïðîñòèé  (òåïåð³øí³é) òà ñêëàäíèé (ìèíóëèé). Ïðîñòèé ÷àñ óòâîðþºòüñÿ  çà äîïîìîãîþ çàê³í÷åíü ÿê³  äîäàþòüñÿ äî îñíîâè 䳺ñëîâà. Ñêëàäíèé ÷àñ óòâîðþºòüñÿ çà äîïîìîãîþ äîïîì³æíèõ 䳺ñë³â: avere (ìàòè) òà essere (áóòè) â òåïåð³øíüîìó ÷àñ³ óìîâíîãî ñòàíó ç äîäàâàííÿì 䳺ïðèêìåòíèêà ìèíóëîãî ÷àñó (participio II).

      Äîïîì³æíå 䳺ñëîâî essere âæèââàºòüñÿ ç íåïåðåõ³äíèìè 䳺ñëîâàìè ÿê³ âèðàæàþòü ïîñòóïîâèé ðóõ, ïåðåõ³ä ç îäíîãî ñòàíó â ³íøèé , à òàêîæ â áåçîñîáîâèõ îáîðîòàõ òà ç 䳺ñëîâàìè ÿê³ âèðàæàþòü ÿâèùà ïðèðîäè. Äîïîì³æíå 䳺ñëîâî(avere) âæèâàºòüñÿ ç ïåðåõ³äíèìè 䳺ñëîâàìè ÿê³ âèðàæàþòü ÷àñîâ³ â³äíîñèíè òà ç ³ìåííèêàìè ÿê³ âèðàæàþòü ñòàí òà ïî÷óòòÿ.

    

Óìîâíèé ñòàí ³òàë³éñüêî¿ ìîâè  ïðåçåíòóº ä³þ ÿê ³ìîâ³ðíó, ìîæëèâó ÷è ã³ïîòåòè÷íó , ÿêà ìîæå çä³éñíèòèñÿ â òåïåð³øíüîìó ÷àñ³ àáî ìèíóëîìó ï³äêîðÿþ÷èñü ïåâíèì óìîâàì, ÿê³ ìîæóòü áóòè âèðàæåí³ àáî ïåðåäáà÷åí³.Òàê³  óìîâè º íåçàëåæíèìè  â³ä âîë³ òîãî , õòî êàæå àáî ïèøå.


     ßê ïðîñòèé  òàê  ³ ñêëàäíèé ÷àñ â óìîâíîìó ñòàí³ ìîæå âèðàæàòè îáåðåæíå ñòàâëåííÿ äî òîãî  ïðî  êîãî éäå ìîâà, íàòÿêàþ÷è íà òå ùî òîé õòî ãîâîðèòü íå ìຠáåçïîñåðåäíüîãî â³äíîøåííÿ äî òîãî ïðî ùî ðîçïîâ³äàº. Öåé òèï³÷íèé ìåòîä çâè÷àéíî âèêîðèñòîâóþòü æóðíàë³ñòè, ÿê³ çìóøåí³ îïèñóâàòè ïî䳿 ç ïåâíîþ äåë³êàòí³ñòþ  òà  â³äïîâ³äàëüí³ñòþ.

     Óìîâíèé ñòàí ìîæå âèðàæàòè:

-ïðîñòó ìîæëèâ³ñòü â ïðîñòîìó ÷è ñêëàäíîìó ÷àñ³:

         In casi come questo qualcuno parlerebbe (avrebbe parlato)di tradimento. òàêèõ âèïàäêàõ ÿê öåé äåõòî ì³ã áè êàçàòè ïðî çðàäó.

-íàì³ð:

 Ti presterei io i soldi che ti servono.ß ïîçè÷èâ áè òîá³ ãðîø³ ÿê³ òîá³ ïîòð³áí³.

-ïðîïîçèö³þ ïðî â³ðîã³äí³ñòü âèêîðèñòàííÿ:

          Pagherei chissà che per un bicchier d’acqua.ß ùî   çàâãîäíî çàïëàòèâ áè çà ñêëÿíêó âîäè.

-ââ³÷ëèâå ïðîõàííÿ:

      Preferirei rimanere sola.ß õîò³ëà á çîñòàòèñÿ íà îäèíö³ .

     Vorrei un caffe. ß á âèïèâ êàâè.

-ââ³÷ëèâå çàïðîøåííÿ òà ââ³÷ëèâó â³äìîâó:

            -Ci verresti al cinema con noi? Òè ï³äåø ç íàìè â ê³íî?

            -Ma io ,veramente,avrei da studiare.Àëå ÿ, ä³éñíî, ìàþ                           

             ùå ïîâ÷èòèñÿ.

-âèÿâ áàæàííÿ:

       Verrei volentieri a Roma con te.ß á ç çàäîâîëåííÿì ïî¿õàâ         áè ç òîáîþ äî Ðèìó.

-ïèòàííÿ íà ï³äòâåðäæåííÿ:

         Questo sarebbe il libro di cui mi parlavi? Öå ìàáóòü òà êíèãà ïðî ÿêó òè ìåí³ ðîçïîâ³äàâ?

-ñóìí³â òà íåâïåâíåíí³ñòü:

         Che cosa potremmo fare?Ùî æ ìè ìîæåìî çðîáèòè?

        Mia madre potrebbe cambiare di carattere?

        ×è ìîæå ìîÿ ìàòè çì³íèòèñÿ?

-â³ðîã³äí³ñòü:

         A letto riposeremmo meglio.  ë³æêó ìè â³äïî÷èíåìî     êðàùå.

-äîáðîçè÷ëèâèé äîê³ð:

         Dovresti studiare di piu! Òè ìàâ áè á³ëüøå â÷èòèñÿ!


       Ïðîñòèé ÷àñ óìîâíîãî ñòàíó âèêîðèñòîâóºòüñÿ äëÿ âèðàæåííÿ áàæàííÿ,íàì³ðó ³ ò.ä.,ÿê³ ìîæóòü çä³éñíèòèñÿ ò³ëüêè â òåïåð³øíüîìó àáî ìàéáóòíüîìó ÷àñ³:

  Mario sta dicendo che oggi o domani andrebbe a Venezia.

  Ìàð³î êàæå ùî ñüîãîäí³ àáî çàâòðà â³í ïî¿õàâ áè ó Âåíåö³þ.


        Ñêëàäíèé ÷àñ óìîâíîãî ñïîñîáó âèðàæຠáàæàíó ä³þ, àëå íå ðåàë³çîâàíó â ìèíóëîìó ³ ÿêà íå áóäå ðåàë³çîâàíà í³ â òåïåð³øíüîìó í³ â ìàéáóòíüîìó:

   Mario ha detto poco fa che ieri sarebbe andato a Venezia.

   Ìàð³î ñêàçàâ ùî â÷îðà ïî¿õàâ áè ó Âåíåö³þ. 


          Îäíàê ,ñêëàäíèé ÷àñ óìîâíîãî ñòàíó òàêîæ ìîæíà âèêîðèñòîâóâàòè äëÿ âèðàæåííÿ ìàéáóòíüî¿ ä³¿ àëå ò³ëüêè â òîìó âèïàäêó êîëè òîé õòî ãîâîðèòü âæå çíຠùî öÿ ä³ÿ íå ðåàë³çóºòüñÿ :

       Mario sta dicendo che oggi o domani sarebbe andato a     Venezia.

       Ìàð³î êàæå ùî ñüîãîäí³ àáî çàâòðà â³í ïî¿õàâ áè äî Âåíåö³¿.


           Êð³ì òîãî ñêëàäíèé ÷àñ óìîâíîãî ñòàíó ìîæíà âèêîðèñòîâóâàòè äëÿ âèðàæåííÿ ìàéáóòíüî¿ ä³¿ ³ â òîìó âèïàäêó êîëè ìàéáóòíÿ ä³ÿ çàëåæèòü â³ä 䳺ñëîâà  â ìèíóëîìó ÷àñ³ ÿêå íå çâ’ÿçàíå ç òåïåð³øí³ì ÷àñîì ³ ðåçóëüòàò ö³º¿ 䳿 ùå íå â³äîìèé:

       L’altro ieri Mario ha detto che oggi o domani sarebbe andato a Venezia.        

     Ïîçàâ÷îðà Ìàð³î ñêàçàâ ùî ñüîãîäí³ àáî çàâòðà ïî¿äå äî

     Âåíåö³¿.


         Äëÿ “ìàéáóòíüîãî ÷àñó â ìèíóëîìó“ âèêîðèñòîâóºòüñÿ

ò³ëüêè ñêëàäíèé ÷àñ óìîâíîãî ñòàíó, ïðè  öüîìó íå ìຠçíà÷åííÿ áóëà ä³ÿ ðåàë³çîâàíà ÷è í³:

         L’altro ieri Mario mi ha detto che sarebbe andato a Venezia.(e ci è andato ;e non ci è andato;ma non so se poi ci è andato;)

        Ïîçàâ÷îðà Ìàð³î ñêàçàâ ìåí³ ùî â³í ïî¿äå äî Âåíåö³¿.( ³ â³í òóäè ïî¿õàâ; ³ â³í òóäè íå ïî¿õàâ ;  ÿ íå çíàþ ÷è ïî¿õàâ â³í òîä³ òóäè;) 


         ñêëàäíèõ ðå÷åííÿõ ç óìîâíèì ï³äðÿäíèì (periodo ipotetico) òèïîâà ôóíêö³ÿ óìîâíîãî ñòàíó öå âèðàæåííÿ íàñë³äêó(apodosi), à íå óìîâè(protesi) íå äèâëÿ÷èñü íà òå , ùî ñàì òåðì³í óìîâíèé ñòàí, ïåðåäáà÷óº ïðîòèëåæíó ôóíêö³þ:


       Se il tempo cambia,potremmo fare una gita.

       ßêùî ïîãîäà çì³íèòüñÿ ,ìè ìîãëè á ï³äòè íà ïðîãóëÿíêó.


        Se non dovevi uscire ,sarei venuto da te.

        ßêáè òîá³  íå òðåáà áóëî ³òè ,ÿ á ïðèéøîâ äî òåáå.

          

         ³òàë³éñüê³é ìîâ³ ³ñíóº ñòàíäàðòíà ñèñòåìà óçãîäæåííÿ ÷àñ³â òà ñòàí³â,â ðàìêàõ óìîâíèõ êîíñòðóêö³é, ÿêà â ñó÷àñí³é ìîâ³ ò³ñíî ìåæóº ç ðîçìîâíèì âàð³àíòîì, âæèâàííÿ ÿêîãî ïîñòóïîâî ïîøèðþºòüñÿ (sistema “substandard”).


          ñòàíäàðòí³é ñèñòåì³ ìè ìîæåìî ìàòè ä³éñíèé ñïîñ³á (indicativo) ÿê â protasi òàê ³ â apodosi


      (Se vieni alla festa, ti divertirai moltissimo.

      ßêùî òè ïðèéäåø íà ñâÿòî ,òè äîáðå ðîçâàæèøñÿ.),


óìîâíèé ñïîñ³á(congiuntivo)imperfetto â protasi òà ïðîñòèé óìîâíèé ñïîñ³á(condizionale semplice) â apodosi


      ( Se venissi alla festa ,ti divertiresti moltissimo.),


ñongiuntivo ïëþñêâàìïåðôåêò â protasi òà condizionale composto â apodosi

       (Se fossi venuto  alla festa ,ti saresti divertito moltissimo).


      Ðîçìîâíèé âàð³àíò ñòàíäàðòíî¿ ñèñòåìè ïåðåäáà÷óº ìîæëèâ³ñòü çàì³íè êîëè indicativo imperfetto çàì³íþº congiuntivo piuccheperfetto â protasi, àáî condizionale composto â apodosi


           (a.Se lo sapevo prima, sarei arrivato in tempo a salutarti.

            b.Se lo sapevo prima , arrivavo in tempo a salutarti. 

            c.Se l’avessi saputo prima ,arrivavo in tempo a salutarti.)

 

       ñòàíäàðòí³é ñèñòåì³ ³òàë³éñüêî¿ ìîâè ³ñíóþòü òàêîæ ðå÷åííÿ ç óìîâíèì ï³äðÿäíèì â ÿêèõ ïðèñóòíÿ “íåïðàâèëüíà” ñèñòåìà óçãîäæåííÿ ÷àñ³â òà ñòàí³â:

ä³éñíèé ñïîñ³á â protasi òà condizionale â apodosi, àáî congiuntivo â protasi òà indicativo â apodosi


(a.        Se vuoi proprio ottenere quell’ incarico, dovresti recarti domani stesso  dal funzionario responsabile.

b.       Se (poi) volessi ottenere proprio quell’incarico, devi recarti domani stesso  dal funzionario responsabile.).










Letteratura usata:

1.Àëèñîâà Ò.Èòàëüÿíñêèé ÿçûê.-Ìîñêâà: Ìîñê. óíèâ.,1962.

2.Àëèñîâà Ò.Ñèíòàêñèñ èòàë. ÿçûêà.- Ìîñêâà: Ìîñê. óíèâ.,1971.

3. Ãëèâåíêî È. “Èòàëüÿíñêèé ÿçûê”- Ìîñêâà: Ãîñ.èçä.,1923.

4.Êîðáîçåðîâà Í.Ì. Ïðîáëåìè ñåìàíòèêè ñëîâà , ðå÷åííÿ òà òåêñòó – Êè¿â: ̳í. îñâ³òè ³ íàóêè Óêðà¿íè, 2001

5.Êðàñîâà Ã. Ñòðóêòóðíî-ñåìàíòè÷åñêàÿ õàðàêòåðèñòèêà èòàë.ÿçûêà.-Ìîñêâà:Ìîñê.óíèâ.1978.

6.Ëåáåäåâà Ã.Óñëîâíîå íàêëîíåíèå â èòàë. ÿçûêå.-Ìîñêâà:Ìîñê.óíèâ.,1978

7.×åðäàíöåâà Ò.Ñòðóêòóðíî-ñåìàíòè÷åñêîå èññëåäîâàíèå ôðàçåîëîãèè èòàë. ÿçûêà.-Ìîñêâà:ÈÌÎ,1963.

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äëÿ Âàñ!



 

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