Äðóãîå : Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿí...
Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿí...
Êè¿âñüêèé íàö³îíàëüíèé óí³âåðñèòåò
³ìåí³ Òàðàñà Øåâ÷åíêà
²íñòèòóò ³íîçåìíî¿ ô³ëîëî㳿
Êàôåäðà ³ñïàíñüêî¿ òà ³òàë³éñüêî¿ ô³ëîëî㳿
Äèïëîìíà
ðîáîòà ñïåö³àë³ñòà íà òåìó:
“Ñèíòàêñè÷í³ òà ôóíêö³îíàëüíî –
ñåìàíòè÷í³ îñîáëèâîñò³ âæèâàííÿ óìîâíîãî ñïîñîáó
â ³òàë³éñüê³é ìîâ³ ”
Ñòóäåíòà: Êèðè÷åíêà Òàðàñà
Ãðèãîðîâè÷à
5 êóðñó , ³òàë³éñüêî¿ ãðóïè
Íàóêîâèé êåð³âíèê: äîö.Màãóøèíåöü ².².
Ðåöåíçåíò :
___________________
Êè¿â – 2002 ð.
PIANO:
Introduzione……………………………………………….................................….3
Parte I. L’oggetto
delle ricerche: I tempi del Condizionale ...............................…..4
a)
Cosa é il modo …………………………………………………….…………..4
b)
Cosa é il tempo ……….…….....................................................................……5
Parte II. L’uso del
modo condizionale …...................................……...………13
Parte III. IL
periodo ipotetico …………..….….……......................................…17
1. Le frasi
ipotetiche …….............................................................……………...17
a) Semantica del costrutto
condizionale .................................................................18
b) Concordanza dei
tempi e semantica dei modi ....................................................19
c) Il sistema dell’italiano
standard ………………………...……………………20
d) I
costrutti“controfattuali”..... ..............................................................................22
e) Concordanza mista
indicativo e congiuntivo-condizionale ................................25
f) Il sistema
substandard di concordanza di modi e tempi ....................................26
g) Costrutti
condizionali pseudocoordinati ............................................................27
h) Costrutti
condizionali interrogativi e imperativi ...............................................29
i) Condizioni su
azioni linguistiche ........................................................................33
j) Protasi non
introdotte da “se
“............................................................................34
k) Protasi con modi
verbali non finiti ....................................................................37
l) Ordine delle
proposizioni nella frase
complessa..................................................38
m) Apodosi
accompagnate “da
allora”...................................................................43
2. Le frasi
concessive .............................................................................................46
a) Semantica del
costrutto concessivo fattuale
.......................................................46
b) Sintassi del
costrutto concessivo fattuale ...........................................................49
c) Operatori di
subordinazione proposizionali
.......................................................49
d) Semantica del
costrutto condizionale concessivo
..............................................52
e) Sintassi del
costrutto condizionale concessivo
...................................................53
f) Subordinate
condizionali concessive introdotte da “anche se” ...........................54
g) Semantica dei
costrutti a – condizionali .............................................................60
h) I costrutti con
“disgiunzione
..............................................................................61
Ðåçþìå (Riassunto) …………………………………………………................…65
INTRODUZIONE
Avendo rispetto alle circostanze che sono
state stabilite nel periodo dell’Unione Sovietica,quando la lingua italiana non
si studiava ufficialmente in Ucraina , per il momento esiste una piccola
quantità dei lavori dedicati al modo condizionale (I.Glivenko, A.A.Karulin,V.Cerdanzeva,G.G.Lebedeva,
Mavrov). Ecco perche ho deciso studiare uno dei temi meno studiati d’italiano.
L’atenzione fondamentale nel lavoro
è concentrata sull’analisi delle particolarità sintattiche e
semantiche - funzionari del modo condizionale,come in
lingua scritta, cosi in parlata.
L’attualità del tema è
specificata dalla necessità di mostrare le particolarità e nuove
tendenze d’uso del condizionale nella lingua dei giornalisti, cioè
nei articoli di giornale, nella lingua dei libri,e nella quella parlata.
Dunque,l’analisi complessa delle proposizioni e costrutti condizionali, diventa
indispensabile per la comprensione piu approfondito del carattere dei processi
di evoluzione in italiano moderno.
Lo scopo di questo lavoro è
mostrare la formazione del condizionale semplice e composto, l’uso dei tempi
del condizionale, le particolarità sintattiche e semantiche-funzionari, l’uso
del condizionale nel periodo ipotetico, la semantica del costrutto condizionale
e la concordanza mista dei tempi l’indicativo, congiuntivo e condizionale.
Il lavoro è composto d’introduzione
, tre parti principali e riassunto. L’elènco della letteratura usata si
compone di 43 denominaziòni dei lavori di
autòri nazionali e stranieri. L’entità generale del lavoro
è 72 pagine.
Nel introduzione viene motivata la scelta
del tema, la sua attualità, vengono determinati gli scòpi e i
compiti del lavoro .
La prima parte introduttiva è dedicata al
definizione del tempo e del modo come le categorie grammaticale.
La seconda parte è dedicata al uso del
condizionale semplice e condizionale composto.
La terza parte è dedicata al periodo
ipotetico, alla semantica del costrutto condizionale e alla concordanza dei
tempi e dei modi.
Nel riassunto principale vengono dedotti i
resultati teoretici e practici delle ricèrche complèsse eseguite.
I.
L’oggetto delle ricerche: I tempi del modo condizionale
a) Cosa é il modo ? :
Il verbo possiede un organico e complesso
sistema di forme per esprimere le categorie del modo e del tempo.
Il parlante può presentare il fatto espresso dal verbo in diversi modi,
ciascuno dei quali indica un diverso punto di vista, un diverso
atteggiamento psicologico, un diverso rapporto comunicativo con chi ascolta:
certezza, possibilità, desiderio, comando ecc.
Talvolta, poi, l'uso di un determinato
modo può dipendere anche da ragioni stilistiche, da una scelta di
"registro" o di livello linguistico: così, per esempio, nelle
subordinate rette da verbi di giudizio l'indicativo (mi pare che ha ragione)
corrisponde a un livello d'espressione più popolare rispetto al
congiuntivo (mi pare che abbia ragione).
In italiano disponiamo di sette modi
verbali:
• quattro modi finiti: indicativo (io amo)
congiuntivo
(che io ami)
condizionale
(io amerei)
imperativo (ama!)
• tre modi indefiniti: infinito (amare)
participio
(amante)
gerundio
(amando)
Mentre i modi finiti determinano il tempo,
la persona e il numero, i modi indefiniti non determinano la persona e, tranne
il participio, il numero.
L'infinito, il participio e il gerundio
sono anche detti "forme nominali del verbo", perché vengono
usati spesso in funzione eli sostantivo e di aggettivo: abbiamo già
citato il participio presente amante, cui si può aggiungere il
participio passato la (donna) amata; e si pensi ancora a infiniti quali l'essere,
il dare i l'avere, l'imbrunire, o a gerundi diventati nomi, quali laureando
e reverendo.
Modi finiti:
L'indicativo è il modo della
realtà, della certezza, della constatazione e dell'esposizione
obiettiva, o presentata come tale:
me ne vado (sicuramente).
II congiuntivo è il modo della
possibilità, del desiderio o del timore, dell'opinione soggettiva o del
dubbio, del verosimile o dell'irreale; viene usato generalmente in proposizioni
dipendenti da verbi che esprimono incertezza, giudizio personale,
partecipazione affettiva:
sembra che se ne vada
(ma non é certo)
preferisco che se ne vada
Anche il condizionale indica fatti,
azioni, modi di essere in cui prevale l'aspetto di eventualità,
subordinata a una condizione (di qui il nome):
me ne
andrei (se
potessi).
L'imperativo, infine, è il modo del
comando, dell'invito, dell'esortazione, dell'ammonimento, dell'invocazione:
vattene! (è un ordine, un consiglio ecc.)
Modi indefiniti:
L'infinito indica genericamente l'azione espressa
dal verbo senza determinazioni di persona e di numero:
studiare, leggere, partire.
Il participio può svolgere sia la
funzione di verbo sia quella di aggettìvo (inoltre, al pari degli aggettivi,
assume anche valore di sostantivo). Il participio presente determina solo il
numero, mentre il participio passato determina sia il numero sia il genere:
facente, facenti; vedente,
vedenti; insegnante, insegnanti;
preso, presa, presi, prese; nato, nata,
nati, nate; candidato, candidata,
candidati, candidate.
A differenza di quanto accade per i modi
finiti, il participio non segnala la persona.
II gerundio indica un fatto che si svolge in
rapporto a un altro, espresso nella proposizione reggente da un verbo di modo
finito:
sbagliando s'impara; l'ho
incontrato tornando a casa, discutevamo passeggiando.
b) Cosa é il tempo ? :
II tempo indica qual è il rapporto
cronologico che intercorre tra l'azione o lo stato espressi dal verbo e il
momento in cui viene proferito l'enunciato.
È opportuno distinguere tra tempo
fisico e tempo linguistico (o grammaticale): il tempo fisico si
riferisce alla percezione che ciascun individuo ha del fluire del tempo nella
realtà, ed è misurabile quantitativamente. Il tempo grammaticale
è costituito invece da un sistema di relazioni temporali che permettono
dj collocare l'azione prima, durante o dopo il momento in cui viene proferita
la frase e dì indicare l'ordine di successione dei due avvenimenti.
Per esprimere il tempo linguistico il
parlante ha a disposizione, oltre al sistema dei tempi verbali, gli avverbi e
le locuzioni avverbiali di tempo (prima, dopo, fra sette mesi, per due
anni). La non corrispondenza tra tempo fisico e tempo linguistico è
evidente nei casi in cui un tempo grammaticale passato esprime un evento che
nella realtà si svolge nel futuro:
saranno necessarie almeno dodici
ore per sapere chi ha vinto le elezioni.
Il rapporto cronologico tra lo stato o
l'azione espressi dal verbo e il momento in cui viene proferito l'enunciato
può essere di:
contemporaneità, quando il fatto avviene nel
momento in cui si parla:
Daniele canta
anteriorità, quando il fatto avviene in un
momento anteriore a quello in cui si parla: Daniele cantava (ha cantato,
canto);
posteriorità: quando il fatto avviene in un
momento posteriore a quello in cui si parla: Daniele canterà.
II tempo che esprime la
contemporaneità è il presente; il tempo che esprime
l'anteriorità è il passato, variamente articolato
nell'indicativo (imperfetto, passato prossimo e remoto, trapassato
prossimo e remoto) e nel congiuntivo ( imperfetto, passato,
trapassato); il tempo che esprime la posteriorità è il futuro,
suddiviso nell'indicativo in futuro semplice e futuro anteriore.
Sotto l'aspetto formale i tempi si
distinguono in semplici, quando le forme verbali di cui sono costituiti
consìstono in una sola parola (amo, temevo,
anivò,partirà), e in composti, quando le forme verbali
risultano dall'unione del participio passato del verbo con una voce
dell'ausiliare essere o avere (ho amato, avevo temuto, fu arrivato,
sarà partito).
Per comprendere meglio il significato
delle relazioni temporali possiamo visualizzare graficamente la collocazione
di un avvenimento lungo l'asse del tempo, rappresentato da una linea retta.
Per far ciò occorre fare riferimento a due nozioni fondamentali: :
• il momento dell'enunciazione (= ME), cioè il momento in
cui si verifica l'atto di parola;
• il momento dell'avvenimento (= MA), cioè il momento in
cui ha avuto luogo l'evento oggetto dell'atto di parola.
Per interpretare il passato remoto, il
passato prossimo, l'imperfetto e il futuro dell'indicativo è sufficiente
questo elementare riferimento al fluire del tempo fisico. Il trapassato
prossimo, il trapassato remoto e il futuro anteriore, viceversa, non sono
ancorati direttamente al tempo fisico, ma sono collegati ad esso
indirettamente, attraverso un'indicazione relativa di anteriorità o
posteriorità rispetto ad un evento espresso da un tempo semplice (dopo
che ebbe appreso la notizia svenne) o da un'altra determinazione temporale (alle
8 aveva già cenato). Per rappresentare graficamente i tempi composti
dobbiamo pertanto introdurre un terzo parametro, denominato momento di
riferimento (= MR). Esso può essere costituito da un avverbio di
tempo o da un'altra determinazione temporale (alle cinque, l'anno scorso,
quando sono uscito ecc.):
Tempi dell’indicativo:
L'indicativo è l'unico modo verbale
che abbia specificati nei suoi vari tempi
- semplici (presente, imperfetto,
passato remoto, futuro) e composti (passato prossimo, trapassato
prossimo, trapassato remoto, futuro anteriore) – i tre fondamentali punti
di riferimento cronologici in cui un fatto avviene: l'anteriorità,
nelle sue molteplici articolazioni (imperfetto, passato prossimo, passato remoto,
trapassato prossimo, trapassato remoto); la contemporaneità (presente);
la posteriorità (futuro semplice e futuro anteriore).
Il presente. Indica il fatto, l'azione, il
modo di essere che si svolgono o
sussistono nel momento stesso in cui si
parla:
faccio una passeggiata.
Si usa
spesso il presente per esprimere la consuetudine, l'iterazione, hi regolarità
con cui si veri/icario determinati fatti:
il rapido per Napoli parte alle
diciassette; vedo Luigi tutti i giorni;
o per indicare un'attitudine del
soggetto: Franco parla il tedesco; Giulio ripara le antenne;
in questi casi il tempo presente indica
che il soggetto possiede una determinata capacità ed è in grado
di esercitarla quando occorre, ma non necessariamente che egli stia esercitando
tale capacità al momento dell'enunciazione.
Inoltre il presente, in quanto
"non-passato" e "non-futuro", è in grado di significare
ciò che si avvera sempre, le verità atemporali:
la luna gira intorno alla terra;
la rosa è un fiore;
il presente atemporale, particolarmente
usato nelle definizioni scientifiche, non è sostituibile con altri tempi
o modi:
due più due faceva / sta
facendo / farebbe quattro;
e non è compatibile con avverbi
temporali del tipo prima, dopo, non sempre, la Luna gira intorno alla Terra,
ma non sempre.
Nei proverbi e negli aforismi il presente
vuole indicare appunto la perenne validità di quanto viene affermato:
chi dorme non piglia pesci; il
lupo perde il pelo ma non il vizio.
Il presente storico è un
passato in forma di presente, è quasi un modo per far rivivere il
passato nel presente; serve a conferire maggiore efficacia alla narrazione dei
fatti, ad attualizzarli:
Leopardi nasce a Recanati nel
1798; Cesare da l'ordine di avanzare.
L'imperfetto Esprime la durata o la ripetizione
nel passato:
la pioggia cadeva
ininterrottamente da due giorni; venivano a trovarci quasi tutte le settimane.
Dal punto di vista aspettuale l'imperfetto
indica un'azione incompiuta nel passato; per questo motivo, di norma, un verbo
all'imperfetto non è sufficiente a conferire alla frase senso compiuto.
Se dico: ieri tornavo a casa la frase rimane come sospesa e il mio
interlocutore si aspetta un'integrazione, per esempio: ieri tornavo a casa
quando ho incontrato Gianni.
Nelle narrazioni, l'imperfetto costituisce
il tempo della descrizione per eccellenza. Esso si presta infatti a
rappresentare scene statiche, in cui tutti gli elementi sono collocati sul
medesimo piano temporale:
La stazione era deserta. Carla
indossava un soprabito scuro. L'orologio segnava le venti e trenta,
La stessa scena, resa con i verbi al
passato remoto, da piuttosto l'idea di un susseguirsi poco coerente di frasi:
La
stazione fu desena. Carla indossò un soprabito scuro. L'orologio
segnò le venti e trenta.
Questa differenza è messa a frutto
quando si esercita, a qualsiasi livello, l'arte del raccontare: l'imperfetto
descrive luoghi e personaggi o delinea stati di cose, mentre i tempi
perfettivi (il passato remoto o il presente storico) sono necessari per dare il
via alla storia, per riferire in modo ordinato il susseguirsi degli avvenimenti.
Lo si può facilmente verificare analizzando l'inizio di una fiaba:
C'era una volta a Palermo un certo
Don Giovanni Misiranti, che a mezzogiorno si sognava il pranzo e alla
sera la cena, e di notte se li sognava tutti e due. Un giorno, con la
fame che gli allungava le budella, uscì fuori porta. (da Fiabe italiane raccolte e
trascritte da Italo Calvino, Milano, A. Mondadori).
Quanto detto non vale nei casi in cui
l'imperfetto assume valori aspettuali proprì del passato remoto, come
avviene con il cosiddetto imperfetto narrativo, caratteristico, oltre
che della lingua letteraria, dei resoconti giornalistici:
Nel ribollire della disamistade
cadevano le elezioni regionali del 51; i candidati democristiani disertavano
la piazza, la frequentavano invece i comunisti (L. Sciascia, Le parrocchie di
Regalpetrd);
allo scoccare della mezzanotte
l'assassino entrava di soppiatto in casa delle vittime;
al ventisettesimo minuto della
ripresa il centravanti raccoglieva un abile invito del numero 10 e metteva in
rete.
Talvolta l'imperfetto può assumere
valori modali diversi da quelli propri dell'indicativo. Si distingue in
particolare:
1. un imperfetto ipotetico:
facevi meglio a stare zitto;
potevano anche dircelo prima.
Quest'uso è comune soprattutto nel
parlato; in una varietà più formale di lingua troviamo invece il
condizionale passato {facevi = avresti fatto; potevano = avrebbero
potuto);
2. un imperfetto irreale: si ha ogniqualvolta il tempo
verbale serve a sottolineare un distacco dalla realtà e la creazione di
un universo fittizio. È tipico delle narrazioni di sogni o della trama
di un'opera letteraria:
poi entravo in un'enorme sala a
specchi: dopo alcuni secondi le pareti iniziavano a muoversi verso di me...
e nel cosiddetto imperfetto Indico, comune
nelle affabulazioni dei bambini: Allora, facciamo che io ero il papa e tu la
mamma;
3. un imperfetto attenuativo, a cui si ricorre in particolare
con il verbo volere e sinonimi, per conferire un tono di cortesia o di
attenuazione del valore iussivo di una richiesta; si immagini il seguente
dialogo tra un salumiere e una cliente, in cui chiaramente i due imperfetti
non hanno valore temporale:
- Cosa desiderava signora?
- Mah, volevo due etti di
prosciutto.
Nel
secondo caso l'imperfetto può essere adeguatamente sostituito dal
condizionale presente.
Il passate prossimo. Questo tempo composto, formato dal
presente di un ausiliare (essere o avere) e dal participio
passato del verbo, esprime un fatto compiuto nel passato, ma che ha una
qualche relazione col presente, o perché l'evento descritto perdura nel
presente:
due giorni fa ho preso una brutta
influenza (e
ancora ne soffro);o perché perdurano gli effetti dell'evento descritto:
Marco è nato il 21
settembre del 1943;
ho imparato l'inglese durante un
soggiorno di studio negli Stati Uniti;
per quanto riguarda il primo esempio
è significativo il fatto che si usi il passato prossimo per indicare la
nascita di un personaggio ancora vivente, ma sia d'obbligo il passato remoto
per indicare il dato biografico di un defunto:
Manzoni nacque nel 1785.
Anche senza l'accompagnamento di avverbi o
di locuzioni avverbiali, il passato prossimo può equivalere in qualche
caso a un futuro anteriore, presentando il fatto come compiuto nel futuro:
un ultimo sforzo e ho finito (= avrò finito).
II passato remoto. Indica un'azione conclusa nel
passato, prescindendo dal suo svolgimento e dai suoi eventuali rapporti col
presente. Si noti la differenza tra:
1. Mora via scrisse Gli
indifferenti dal 1925 al 1928;
2. Moravia scriveva Gli
indifferenti tra il 1925 e il 1928;
3. Moravia ha scritto Gli
indifferenti.
Nella frase 1 il passato remoto scrisse
mette in rilievo l'aprirsi e il chiudersi dell'azione, il suo inizio e la
sua fine. Nella frase 2 l'imperfetto scriveva sottolinea lo
svolgimento dell'azione entro i limiti temporali indicati. Nella frase 3 il
passato prossimo ha scrìtto esprime insieme la compiutezza
dell'azione e la sua "attualità": Moravia è autore di
questo libro, questo libro esiste, possiamo leggerlo.
Nella
lingua contemporanea il passato remoto viene spesso sostituito dal passato
prossimo: l'anno scorso sono andato a Venezia. Particolarmente nel
parlato, il prevalere del passato prossimo rispetto al passato remoto si
giustifica con l'esigenza di avvicinare i fatti al momento della narrazione,
con ragioni cioè di immediatezza espressiva. Si noti che questo uso del
passato prossimo al posto del passato remoto, ora sempre più
generalizzato, è tipico dell'Italia settentrionale; nel meridione si
ricorre invece al passato remoto anche riferendosi a fatti avvenuti in un tempo
vicinissimo al presente: arrivai un quarto d'ora fa.
Il trapassato prossimo e il
trapassato remoto. Il
trapassato prossimo(o piuccheperfetto), formato dall'imperfetto di un
ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo,
indica un fatto del passato, anteriore a un altro fatto pure del passato:
mi ero appena addormentato, quando
bussarono alla porta.
Il trapassato prossimo può assumere
valori modali diversi da quelli propri dell'indicativo:
1. trapassato prossimo ipotetico, usato
colloquialmente nell'apodosi del periodo ipotetico, in luogo del condizionale
passato.
se non mi fossi ammalato a
quest'ora avevo già terminato gli esami;
2. trapassato prossimo attenuativo:
Buongiorno, ero venuto per
chiederle una cortesia.
Questi valori modali, che ricalcano in
parte quelli dell'imperfetto, sono dovuti con ogni probabilità
all'influsso dell'ausiliare del trapassato prossimo, coniugato all'imperfetto
indicativo.
Il trapassato remoto, formato dal passato
remoto di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato
del verbo, indica un fatto anteriore al passato remoto. Il trapassato remoto ha
un uso più limitato del trapassato prossimo; infatti, mentre questo si
può incontrare sia nelle proposizioni principali sia nelle proposizioni
subordinate, il trapassato remoto oggi si trova solo nelle proposizioni
temporali introdotte da quando, dopo che, non appena, appena (che):
non appena se ne fu andato,
vennero a cercarlo.
II futuro semplice e il futuro
anteriore. Il
futuro semplice indica un fatto che deve ancora verificarsi o giungere a
compimento:
arriverò domani;
terminerò il lavoro entro una settimana.
Il futuro semplice può assumere
valore di imperativo:
farete esattamente come vi ho
detto; imparerai questa poesia a memoria.
Il futuro anteriore, formato dal futuro
semplice di un ausiliare (essere o avere) e dal participio
passato del verbo, indica un evento futuro, anteriore a un altro pure del
futuro; è quindi una sorta di "passato nel futuro":
quando lo avrai visto, te ne
renderai conto.
Sia il futuro semplice sia il futuro
anteriore possono indicare un dubbio, una supposizione o una deduzione del
parlante:
hanno bussato alla porta,
sarà Marco;
a occhio e croce questa pizza
peserà due etti;
quando è iniziato lo
spettacolo saranno state le nove;
in questo
caso il futuro ha valore modale, non temporale, come si evince dal fatto che i
verbi degli esempi riportati non esprimono posteriorità.
Tempi del congiuntivo:
I tempi del congiuntivo sono quattro: presente,
imperfetto, passato, trapassato.
II congiuntivo viene usato soprattutto
nelle proposizioni dipendenti. In quelle indipendenti - nelle quali il
congiuntivo può esprimere volontà, dubbio, concessione - i due
tempi semplici (presente e imperfetto) si usano con riferimento al presente:
dica
pure cio che
vuole
dicesse
I due tempi composti (passato e
trapassato) si usano invece con riferimento al passato:
sia
che gia
partito?
fosse
Per la scelta del tempo nelle proposizioni
dipendenti, si veda il capitolo della sintassi.
Tempi del condizionale:
II condizionale ha due tempi: uno
semplice, il presente, e uno composto, il passato. Col presente
si indica l'eventualità nel presente, col passato l'eventualità
nel passato:
vorrei
rivederti
avrei voluto
Tempi dell’imperativo:
L'imperativo ha due tempi, il presente e
il futuro:
esci subito di quii; farai quello
che dico io!
L'imperativo manca della prima persona singolare.
Tutte le voci dell'imperativo sia presente
sia futuro coincidono con quelle del presente e del futuro di altri modi; solo
i verbi appartenenti alla prima coniugazione hanno la seconda persona
singolare dell'imperativo presente che non può essere confusa con la
seconda persona di nessun altro tempo: studia, mangia, parla.
Nella forma negativa, la seconda persona
singolare dell'imperativo presente si esprime con l'infinito presente preceduto
dalla negazione non:
non
cantare, non correre, non partire.
Tempi dell’infinito:
I tempi dell'infinito sono due: uno
semplice, il presente (andare, vedere, finire): e uno composto,
il passato (essere andato, aver visto, aver finito).
L'infinito si usa soprattutto in frasi
subordinate: il presente indica un rapporto di contemporaneità o di
posteriorità rispetto al tempo del verbo della reggente; il passato
indica un rapporto di anteriorità:
dice
di conoscerlo, di
volerlo conoscere
diceva.
dice
di
averlo conosciuto.
diceva
Preceduto dalla negazione non, l'infinito
presente può acquistare il valore di imperativo:
non farlo!; non dire sciocchezzel;
non ridere.
Ha lo stesso valore, anche senza la
negazione, in avvisi, cartelli, insegne:
tenere la destra; moderare la
velocità; gettare i rifiuti nel cestino.
Spesso l'infinito presente svolge la
funzione di sostantivo:
tra il dire e il fare c'è
di mezzo il mare
e si pensi a infiniti come dovere,
piacere, avere, trasformatisi in sostantivi forniti anche di plurale: il
dovere/i doveri; il piacere/i piaceri; l'avere/gli averi.
Tempi del participio:
II participio ha due tempi: il presente
e il passato.
Come gli aggettivi in -e, il participio
presente ha una forma per il maschile e il femminile singolare {amante,
vincente, partente) e una per il maschile e il femminile plurale (amanti,
vincenti, partenti). È usato sempre più raramente nel suo
valore verbale; participi quali ardente, splendente, avvincente, arrogante,
sorrìdente o quali studente, cantante, insegnante, emigrante,
dirigente sono oggi sentiti soltanto come aggettivi e sostantivi.
Il
participio passato si
comporta come gli aggettivi in -o: lodato, lodata, lodati, lodate. Si
usa insieme con gli ausiliari essere e avere nelle forme composte della
coniugazione verbale: sono andato, hai visto, è preso.
Ha spesso funzione di aggettivo o di
sostantivo:
uno stimato professionista, il
candidato eletto; l'imputato, i vinti, uno sconosciuto.
Ilparticipio passato ha valore attivo con
i verbi intransitivi:
partiti di mattina, arrivarono a
notte fonda (paniti = essendo partiti, sebbene fossero partiti);
ha invece valore passivo con i verbi
transitivi:
non mi piace la minestra
riscaldata (riscaldata = che è stata riscaldata).
Tempi del gerundio:
II gerundio ha due tempi: il presente (cantando,
leggendo, udendo) e il passato (avendo cantato, avendo letto,
avendo udito).
Il gerundio presente trova impiego in proposizioni
subordinate, dette appunto gerundive:
discutevamo camminando,
dove camminando è una
gerundiva con valore temporale (= mentre camminavamo).
Contribuisce a formare le perifrasi
verbali andare + gerundio e stare + gerundio, che esprimono
un'azione progressiva e durativa, considerata cioè nel suo progredire e
nella sua durata:
il tempo va migliorando, sto
studiando.
Molti gerundi presenti hanno subito un
processo di nominalizzazione: laureando, reverendo e, nel linguaggio
musicale, crescendo, diminuendo.
Il
gerundio passato non
è molto usato; in genere viene sostituito con frasi esplicite: si dice è
stato promosso perché ha studiato piuttosto che avendo studiato
è stato promosso.
II. L’uso del modo CONDIZIONALE
Il condizionale présenta
l'azione o il modo di essere come eventuali-ipotetici; e cioè come
realizzabili, nel présente o nel passato, ma subordinatamente a
determinati condizioni o condizionamenti che possono essere espressi o
sottintesi. Tali condizioni o condizionamenti sono per lo piu indipendenti
dalla volontà di chi parla o scrive (ne sia o no egli il soggetto grammaticale)
e possono risultare: o già ben definiti ed esistenti o supponibili
oppure suggeriti da opportunità di adattamento comportamentale a
specifici aspetti situazionali. Sul genere di potenzialità di tali
presupposti (sintatticamente: protasi), chi parla o scrive valuta il
grado di probabilità di realizzazione dei fatti che ne dovrebbero
conseguire (sintatticamente: apodosi),e, nell'esprimerli, mediante il
condizionale manifesta (o tradisce) l'atteggiamento mentale o psicologico del
consapevole distacco o del sospeso possibilismo o della cauta esitazione.
Per esemplificare: apodosi: Vorrei
parlarle (protasi: se ha un po' di tempo). - Ci verrei anchio (se
non ti disturbo). - Fumerei volentieri qualche sigaretta ogni tanto (ma
qui è proibito). - Carlo si starebbe per laureare (se è
vero quel che si dice). - lo (se fossi stato al tuo posto) non gli
avrei dato retta. - Sarebbe venuto allé cinque (mancano ancora due
ore //oppure: ormai è mutile aspettarlo). - Sarei partito ieri //
domani (ma non ho trovato posto in aereo).
Sia al présente che al
passato, il condizionale può esprimere l'atteggiamento di prudente presa
di distanza (condizionale di distanziamento) di chi narra fatti e fa
anche intendere di non avere diretta o comunque piena conoscenza; o magari di
non volere essere in nessun modo coinvolto. E' questa la tipica modalità
di chi, anche per professione, come il giornalista, è costretto a
interessarsi di vicende di particolare delicatezza e responsabilità:
- Carlo Rossi sarebbe stato
messo in prigione. (come a dire: se è vera la notizia che ho
sentito, Carlo Rossi...)
- Seconde l'accusa (...) la
maggior parte delle apparecchiature sarebbero state residuati di guerra
(...). (in 'La nazione', 5-9-1976).
- Ayrton Senna sembrerebbe
escluso dal prossimo campionato (...). II condizionale è d'obbligo
perché in realta la attuale azione potrebbe ancora mutare (...).
(C. Marincovich, in la 'Repubblica' [sport], 11-2-1992) (qui l'autore stesso,
giustifica l'uso del condizionale come segnale di opportune atteggiamento
prudenziale).
L'idea di intenzionalità,
di disponibilità legata al condizionale consente che il tempo passato
serva a esprimere il rapporte di posteriorità dei fatti narrati rispetto
a un punto di riferimento collocato nel passato (futuro del [nel] passato):
- (Carlo dice che finirà
entro un'ora [= che ha intenzione di finire...]) -«Carlo disse che avrebbe
finito entro un'ora. (= che aveva intenzione di finire...)
- Certe volte (...) ho pensato
che Sciarmano sia stato il primo a sapere che io sarei nata (...). (M.
Di Lascia, Passaggio in ombra').
- (...), mi dicevo che presto Io
avrei riavuto tutto per me (...). (M. Di Lascia, cit.).
In questi casi, specie (ma non
solo) nei registri linguistici meno sorvegliati, si puo usare, in alternativa, L’indicativo
imperfetto :
- Carlo disse che finiva
(= avrebbe finito) entro un'ora.
Nel seguente esempio, per il
futuro nel passato, si noti l'uso del condizionale passato e dell'imperfetto
nei due segmenti di una frase temporale scissa per enfasi:
- (...) a quel punto gli
chiedeva quando sarebbe stato che la mamma la mandava a conoscere
la nipote. (M. Di Lascia, cit.)
Per la stessa idea di
intenzionalità, il condizionale passato puo anche esprimere fatti
desiderati o progettati per il reale
futuro ma dei quali già
nel présente si conosce la irrealizzabilità essendo nota
lacondizione impediente. Ne risulta dunque un periodo ipotetico délla
irrealtà che ha l'apodosi collocata nel passato:
- So che domani vai a Roma. Ci
sarei venuto anch'io, ma ho da fare (oppure: se non avessi da fare).
- Una volta nella nostra
cappella tenevano messe anche per il pubblico. Quest'anno no. Saresti
venuto, vero? (G. Arpino, 'La suora giovane').
Anche in questi casi è
possibile l'uso alternativo dell'indicativo imperfetto :
- A Roma domani ci venivo
anch'io se non avessi da fare(Moravia).
E' forse utile tornare a riflettere un po' su quel
génère particolare di condizionamenti come "suggeriti da
opportunità o nécessita di adattamento comportamentale a
specifici aspetti situazionali", che, pur non esplicitati, ciascuno di noi
intuisce, avere, cogliere, e in base ai quali (riluttante o no) regola il
proprio modo di comportarsi. Tali aspetti variano col variare a) delle
situazioni (più formali, meno formali, non formali), b) della funzione
comunicativa (narrativa, espressiva, conativa, imperativa ...) o c) (forse
più spesso) degli interlocutori (e in base al loro ruolo sociale,
all'età, al sesso, al loro contingente stato urnorale, allé loro
azioni e reazioni). Sono tipi vari di condizionamenti che, dettati in
génère dal desiderio o comunque dalla nécessita di
stabilire armonia di rapporti, non solo comunicativi, determinano le nostre
scelte (o stratégie) di comportamento, e dunque anche linguistiche.
E' cosi che si può
spiegare, ad esempio, una frase come la seguente formulata da chi desiderasse
far conoscere la propria casa a qualcuno: "Questa sarebbe la mia
casa". Come 'sarebbe'? E' o non è? E', naturalmente, ma rapporte di
cortesia suggerisce che la brusca referenzialità dell'indicativo si
attenui nel senso di conciliante garbatezza del condizionale. Mediante il quale
il parlante sembra quasi subordinare la vérità di quanto afferma
al punto di vista, all'approvazione o disapprovazione del suo interlocutore:
che rappresenta un condizionamento non trascurabile.
Situazioni
comunicative analoghe, soprattutto parlate, ricorrono con assoluta
quotidianità. E il condizionale vi appare lo strumento pragmatico ,
tipico di un rapporte che predilige i modi délla conciliante offerta o
richiesta di disponibilità, della garbata proposta, délla
discreta esitazione, délla valutazione rispettosa e misurata,
délla distaccata ironia, della domanda aperta e possibilista.
Le espressioni qui di seguito
proposte come esempio potrebbero avère la condizione o il condizionamento
espressi o sottintesi (come suggeriti dalla situazione in se). Noi abbiamo
preferito questa seconda soluzione, ritenendola la più ricorrente nella
realtà comunicativa. In parentesi accenneremo comunque a qualche
esempio, e non sempre con l'esplicitante 'se'. Non di rado verra fatto di
notare che i significati potrebbero variare col variare del tipo di situazione:
• semplice potenzialità
nel présente o nel passato: In casi come questo, qualcuno parlerebbe
(avrebbe parlato) di tradimento.
• aperta offerta di
disponibilità: Pagherei chissà che per un bicchier
d'acqua. (Ma ho paura che sarà difficile averlo) Qui il passato
suonerebbe come un rammarico: Avrei pagato chissà che (...).
• richiesta gentile (con verbo
di 'volontà'): Vorrei un caffe. - Preferirei rimanere
sola. (Se non vi dispiace)
In casi come questo, soprattutto
con i verbi 'volere' e 'desiderare', il richiedente potrebbe anche usare
l'imperfetto attenuativo' . E cio, in particolare, come risposta a una
richiesta fatta con l'imperfetto della medesima modalità da parte
dell'interlocutore; il quale, per altro, non potrebbe usare il condizionale,
che (si veda più sotto) suonerebbe come provocazione: "Che desidera
(voleva, desiderava)" "Volevo (vorrei, desideravo), un
caffe."
Qui il passato
suonerebbe come rinuncia o rimprovero: Avrei voluto un caffe
(esempio: ma ho fatto bene a
non.../ ma tu...)
• richiesta resa più
conciliante e gentile dalla forma interrogativa: Mi daresti (potrei
avère) un bicchier d'acqua?
Qui il passato suonerebbe come
richiesta di informazione.
• gentile invito, e rifiuto
gentilmente esitante: "Ci verresti (vieni) al cinéma con
noi?" "Ma io, veramente, avrei da studiare."
Qui il passato suonerebbe come
gentile richiesta di informazione con relativa gentile risposta.
• manifestazione di un desiderio
(che potrebbe anche nascondere una richiesta): Verrai (tanto)
volentieri a Roma con te. (Se non temessi di disturbarti) -Adesso si che mi
fumerei una bella sigaretta! (Non hai mica da offrirmela?)
• domanda per conforma: Sarebbe
quello tuo genero? - Questo sarebbe il libro di cui mi parlavi? (Se non
mi sbaglio questo potrebbe essere...)
Talvolta anche con qualche moto
di meraviglia o incrédulità o ammirazione o invidia: Sarebbe
questa la tua Lucia? - Quel piccolino li parlerebbe già cinque
lingue?
• presentazione di qualcuno o
qualcosa in tono discreto e sommesso (usando 'essere'): Questa sarebbe
la mia biblioteca. (Anche se piuttosto modesta)
•
sommesso intervento del parlante (per consiglio, proposta o altro gentilmente
sollecitato dall'interlocutore), anche introdotto da un verbo corrispondente:
Oddio, io qualcosa in testa ce l'avrei pure. (N. Boni, in 'La stampa',
8-8-1988) - "Tu che dici (pensi, consigli, suggerisci // diresti,
penseresti, consiglieresti, suggeriresti) di fare stasera?" "Io direi
(penserei, consiglierei, suggerirei) di fare una partitina a poker".
(Se posso, io direi...).
Qui il passato suonerebbe come
ripensamento su qualcosa che forse avrebbe potuto o dovuto essere fatto.
•
opinione in tono attenuate (di chi, spesso anche il verbo 'dovere', mostra
molta fiducia sulla probabilità di realizzazione):
Una soluzione salomonica che dovrebbe
mettere a tacere tutte le polemiche (...). (in 'il Giornale', 27-10-1995)
• opinione garbatamente a
contrario: "Gli scalatori di alta montagna sono degli sconsiderati
perché mettono a repentaglio la loro vita. Lei, dottore, che ne
pensa?" "Ma io, veramente, non sarei cosi severo in
proposito."
• presa di distanza ironicamente
tagliente in forma di domanda: Un ipotetico professore a un ipotetico
interrogato: "E tu avresti studiato?" (come a dire:
"Checché tu insista a dire, non hai studiato proprio.") -
"E quello sarebbe un bravo medico?" (si potrebbe dire di un
medico che immeritatamente gode di buona fama)
• domanda in tono di
incredulità o di risentimento per impedire o disapprovare fatti o
progetti dell'interlocutore o di altri; o anche per provocare l'interlocutore
stesso: Che farebbe tuo fratello stasera!? Uscirebbe?! (Come a
dire: "Se ha un'intenzione del génère, se la tolga dalla
testa.") - Tu esporresti un tale monumento in luogo pubblico? (l.
Silone, Il segreto di Luca) - "Come sarebbe a dire?!" chiese il
commissario sbarrando gli occhi. (P. Chiara, I giovedi della signora Giulia').
La stessa domanda al passato,
puo anche servire a smentire un fatto o a difendersi da qualche accusa: Anna:
"E' stato Carlo a dire che Luigi...." Carlo: Che cosa avrei detto
io?".
III. IL periodo IPOTETICO
1.Le frasi ipotetiche
Le frasi ipotetiche (cioè le
proposizioni subordinate introdotte nella gran parte dei casi dall'operatore di
subordinazione se) formano, insieme alle proposizioni sovraordinate da
cui dipendono, frasi complesse tradizionalmente chiamate «periodi ipotetici»,
che noi chiameremo anche «costrutti condizionali».
All'interno di un costrutto condizionale
la proposizione subordinata viene chiamata «protasi», mentre la proposizione
sovraordinata viene chiamata «apodosi»; prese singolarmente protasi ed apodosi
possono essere frasi semplici, come in (1), oppure frasi complesse che
contengono proposizioni coordinate, come in (2), o frasi complesse contenenti
(almeno) una proposizione subordinata come in (3):
(1) Se partiamo abbastanza presto, non
troveremo molto traffico.
(2) Se il treno non è in ritardo
ed i vagoni non sono troppo affollati, faremo un viaggio comodo ed arriveremo
in tempo per la partita.
(3) Se credi di essere troppo stanco
per fare quel lavoro, sarà meglio affidarlo a qualche altro tuo
collega.
Inoltre l’apodosi di un costrutto
condizionale non deve essere necessariamente una proposizione principale, ma
può essere a sua volta subordinata ad un'altra proposizione principale,
come in (4):Mi hanno detto che dovrò fare un'ottima prova, se voglio
veramente ottenere l'incarico.
a)Semantica del costrutto
condizionale
Parlando
di «periodo ipotetico» e «costruttto condizionale» si identifica la
costruzione in base alle sue caratteristiche funzionali: con la protasi si
«ipotizza» una «condizione», soddisfatta la quale si ha come «conseguenza»
quanto espresso dall'apodosi. Il costrutto esprime globalmente un'ipotesi ed
instaura fra il contenuto proposizionale della protasi (che simbolizzeremo con
«p») e quello dell'apodosi (che simbolizzeremo con «q») un rapporto del tipo
«condizione-conseguenza».
Per esempio, con una frase come (1) si
ipotizza che, soddisfatta la condizione di una partenza sufficientemente
mattiniera (p), si avrà come conseguenza un viaggio tranquillo per la
scarsità di traffico (q): p e q non sono presentati sicuramente ed
indipendentemente come veri, ma data la verità di p deve seguirne la
verità di q. Questo aspetto del significato di un costrutto condizionale
può essere così riassunto: un costrutto condizionale ipotizza che
i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi siano entrambi veri («se p,
q» - «Pvero E qvero»).
Nel caso in cui alla partenza mattiniera
(p) faccia poi séguito un viaggio clamorosamente ritardato dal traffico
(non-q) la frase in (1) sarà considerata un «cattivo» consiglio, oppure
una previsione «sbagliata»: un costrutto condizionale non prevede che il
contenuto proposizionale della protasi sia vero e che quello della apodosi sia
falso.
Inoltre nella comunicazione quotidiana,
ordinaria, l'enunciazione di una sequenza come (1) suggerisce all'interlocutore
che una partenza ritardata (non-p) avrebbe come conseguenza l'incontro di un
denso traffico (non-q). Questo suggerimento, esprimibile con (5), è una
«inferenza sollecitata» (o «invitata») dal costrutto condizionale esemplificato
in (1), e mostra un altro aspetto del significato di un periodo ipotetico,
così riassumibile: un costrutto condizionale ipotizza che i contenuti
proposizionali di protasi ed apodosi siano entrambi falsi («se p, q» — «pFalso
E q Falso»):
(5) Se non partiamo abbastanza presto,
troveremo molto traffico.
Unendo quanto proposto finora, possiamo
dire che un costrutto condizionale ipotizza che i contenuti proposizionali di
protasi ed apodosi possano essere o entrambi veri, o entrambi falsi (grazie all'inferenza
sollecitata).
Questo significato, ottenuto per (1)
combinando appunto (1) e (5), ovvero la sua inferenza sollecitata, corrisponde
a quello espresso direttamente ed esplicitamente da un costrutto condizionale
con la protasi introdotta dall'operatore di subordinazione solo se:
(6) Solo se partiamo abbastanza presto non
troveremo molto traffico.
Un costrutto come (6), detto
«bi-condizionale», ha un significato parafrasabile proprio con l'accostamento
di (1) e di (7):
(7) Se non partiamo abbastanza
presto, troveremo molto traffico.
La sinonimia tra i costrutti condizionali
e quelli bicondizionali, e tra gli operatori di subordinazione se e solo
se, è però solo apparente: un costrutto bicondizionale,
grazie alla presenza di solo se, ha sempre e per forza l'interpretazione
ottenibile combinando insieme gli schemi presentati sopra, mentre un costrutto
condizionale semplice può avere sia l'interpretazione bicondizionale
(grazie all'inferenza sollecitata) sia l'interpretazione più debole,
priva dell'inferenza sollecitata.
Per esempio, una sequenza come (8)
presenta, tramite la coordinazione dei due infiniti, non una ma due condizioni,
e può essere parafrasata con un costrutto che abbia due protasi
coordinate, una per ogni condizione, come (9):
(8) Se continua a non piovere e a non
nevicare, la prossima estate rischieremo la siccità.
(9) Se continua a non piovere e se
continua a non nevicare, la prossima estate rischieremo la siccità.
Ma in (9) non è possibile dare una
interpretazione bicondizionale alle due protasi, e non è possibile
sostituire i due se con due solo se, come si vede dalla
inaccettabilità di (10):
(10) Solo se continua a non piovere e solo
se continua a non nevicare, la prossima estate rischieremo la siccità.
Infatti il significato di solo entra
in contraddizione con il significato di e; l'unica interpretazione
possibile per i due se di (9) è quella semplice, priva dell'inferenza
sollecitata. L'interpretazione bicondizionale (con l'inferenza sollecitata)
può emergere solo combinando le due condizioni in un unico contenuto
proposizionale complesso; così l'interpretazione di (11) può
essere parafrasata con l'accostamento di (12a-b):
(11) Solo se continua [a non piovere e
a non nevicare], la prossima estate rischieremo la siccità.
(12) a. Se continua [a non piovere e a
non nevicare], la prossima estate
rischieremo la siccità.
b. Se non continua [a non piovere e a non
nevicare], la prossima estate non rischieremo la siccità.
Formalizzeremo quindi la differenza di
significato esistente fra i costrutti bi-condizionali ed i costrutti
condizionali con gli schemi rappresentati rispettivamente in (13) ed in (14):
(13) «Solo Se p, q» —» «Pvero E qvero» O
«pFalso E qFalso»
(14) «Se p, q» — «pVero E qvero» (O
«Pfalso E qFalso»)
b)Concordanza dei tempi e
semantica dei modi
L'italiano presenta un sistema standard di
concordanza di modi e Tempi verbali all'interno dei costrutti condizionali, che
nella lingua contemporanea è affiancato da una variante colloquiale che
si sta diffondendo anche a livelli più alti, e da un sistema «substandard»
tipico solamente di alcune varietà più basse.
Nel primo sistema è possibile avere
l'indicativo in protasi ed apo dosi, come in (15), il congiuntivo imperfetto
nella protasi e il condizionale semplice nell'apodosi, come in (16), e il
congiuntivo piuccheperfetto nella protasi e il condizionale composto
nell'apodosi, come in (17) :
(15) Se vieni alla festa, ti divertirai
moltissimo.
(16) Se venissi alla festa, ti
divertiresti moltissimo.
(17) Se fossi venuto alla festa, ti
saresti divertito moltissimo.
La variante colloquiale del sistema
standard, presente talora anche in livelli più alti, prevede la
possibilità che l'indicativo imperfetto sostituisca il congiuntivo
piuccheperfetto nella protasi e / o il condizionale composto nell'apodosi, come
in (18):
(18) a. Se lo sapevo prima, sarei
arrivato in tempo a salutarti.
b. Se lo sapevo prima, arrivavo in tempo
a salutarti.
c. Se l'avessi saputo prima, arrivavo in
tempo a salutarti.
Il tipo in (18b) è presente nel
seguente es. da Manzoni, che riproduce il parlato spontaneo:
(19) «Se mi s'accostava un passo di
più, soggiunse, l'infilavo addirittura, prima che avesse tempo di
accomodarmi me, il birbone» (A. Manzoni, promessi sposi, cap. XXXTV)
Nell'apodosi si può avere anche il
piuccheperfetto con valore di compiutezza :
(20) Se non fosse successo / succedeva
quell'incidente, a quest'ora eravamo già arrivati.
Nel sistema «substandard» invece dei modi
congiuntivo e condizionale appare l'indicativo, così che (2 la)
corrisponde all'incirca a (15) (ma a volte anche a (16)), mentre (21b)
corrisponde all'incirca a (16) e (17) (anche questo sistema è più
complesso di quanto appaia da questa sintetica presentazione, e le
corrispondenze con il sistema standard sono più irregolari di quanto qui
accennato:
(21) a. Se vieni alla festa, ti
divertirai un sacco.
b. Se venivi alla festa, ti divertivi un
sacco.
In vari usi dialettali sono più
diffusi sistemi «simmetrici», con congiuntivo in protasi ed apodosi oppure
condizionale in protasi ed apodosi. Questi usi, decisamente substandard, sono
ritenuti concordemente inaccettabili, e tuttavia appaiono frequentemente sia in
varietà regionali sia anche come lapsus. Alcuni ess. sono:
(22) «Se io fossi uomo ci andassi ogni
sera» (D. Dolci, Conversazioni, Torino, 1962, p. 290)
(23) «Io sono sicuro che se farei il boia
riuscirei bene» (lo speriamo che me
la cavo. Sessanta temi di bambini
napoletani, a
cura di M. D'Otta, Milano, Mondadori, 1990, p. 41)
L'uso del congiuntivo nell'apodosi
è caratteristica di certo parlato spontaneo meridionale.
L'uso del condizionale anche nella
protasi, come in (23), è molto comune nel linguaggio infantile in tutta
Italia.
Non sembra possibile, invece, la
combinazione con condizionale nella protasi e congiuntivo nell'apodosi.
c)Il sistema dell'italiano
standard
Nell'italiano standard è possibile
trovare diverse combinazioni di Tempi verbali dell'indicativo in protasi ed
apodosi; sono possibili, per esempio, presente più presente, come in
(24a), e presente più futuro semplice, come in (24b):
(24) a. Se piove, esco con l'ombrello.
b. Se (domani) piove, uscirò con
l'ombrello.
Non c'è una corrispondenza
obbligatoria fra Tempo verbale e tempo cronologico: in (24a) ad esempio il
presente non è necessariamente «deittico», anzi è più
facilmente interpretabile come presente «atemporale», e in (24b) è
orientato, anche grazie alla presenza di domani nella protasi e di un
tempo futuro nell'apodosi, verso il futuro.
Sono poi possibili combinazioni di futuro
semplice più futuro semplice come, in (25a), perfetto composto
più presente, come in (25b), perfetto composto più futuro
semplice, come in (25c), e perfetto composto più perfetto composto,
come in (25d):
(25) a. Se domani ci sarà bel
tempo, andremo a sciare.
b. Se hai comprato il giornale, possiamo
vedere che film ci sono stasera.
c. Se ti sei ricordato di portare la
carbonella, forse riusciremo a preparare la grigliata.
d. La settimana scorsa ho telefonato a
Giorgio, ma non sono riuscito a trovarlo in casa: se è andato in
vacanza, ha finalmente potuto riposarsi.
In (25d) il contesto linguistico
precedente il costrutto condizionale ne permette una lettura più
naturalmente ipotetica: «Non so se Giorgio è andato in vacanza: lo
ipotizzo solamente sulla base della sua mancata risposta al telefono; nel caso
ci sia andato, starà godendosi il suo meritato riposo». Di solito invece
i costrutti condizionali con i tempi passati dell'indicativo sono più
facilmente interpretati come causali, cioè «fattuali», piuttosto che
ipotetici, come si vede dalla parafrasi (26b) di (26a):
(26) a. Se hai sostenuto quella
posizione, hai avuto torto.
b. Siccome hai sostenuto quella posizione,
hai avuto torto.
Esistono costrutti condizionali con
l'imperfetto in protasi ed apodosi, da non confondere con quelli formalmente
identici ma appartenenti o alla variante colloquiale del sistema standard (v.
la frase (18b)) o al sistema «substandard» (v. la frase (21b) ; in questi
costrutti il se assume un valore parafrasabile con ogni volta che:
(27) In quel periodo se riuscivamo ad
alzarci abbastanza presto correvamo subito a guardare l'alba, e poi nella
stalla per bere il latte appena munto.
Non sono possibili costrutti condizionali
con il perfetto semplice in protasi ed apodosi , come si vede
dall'inaccettabilità di (28):
(28) Se prenotammo in tempo, assistemmo
alla prima di Falstaff.
Oltre all'indicativo l'italiano standard
prevede nei periodi ipotetici combinazioni di congiuntivo più
condizionale; si trovano usualmente il congiuntivo imperfetto nella protasi e
il condizionale semplice nell'apodosi, come in (29a-b), o il congiuntivo
piuccheperfetto nella protasi e il condizionale composto nell'apodosi, come in
(29c):
(29) a. Se piovesse molto forte,
uscirei con l'ombrello.
b. Se fossi un marziano, avrei le
orecchie verdi.
c. Se non foste arrivati in ritardo, non
avreste perso il treno.
Sono però anche possibili costrutti
che presentino il congiuntivo piuccheperfetto nella protasi e il condizionale
semplice nell'apodosi, come in (30a): in questo modo viene segnalata la «distanza»
cronologica tra i contenuti espressi dalle due proposizioni; inoltre sono possibili
costrutti con il congiuntivo imperfetto nella protasi e il condizionale
composto nell'apodosi, come in (30b):
(30) a. Se quell'edificio fosse stato
venduto, nell'archivio del catasto ce ne sarebbe traccia, b. Se Enrico fosse a
casa, avrebbe risposto al telefono.
Utilizzando l'opposizione tra la
concordanza all'indicativo e quella al congiuntivo-condizionale all'interno di
un periodo ipotetico un parlante indica diversi gradi di «probabilità»
per i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi:
— l'uso dell'indicativo segnala la
«possibile verità» dei contenuti;
— l'uso del congiuntivo-condizionale ne
segnala la «possibile falsità».
L'opposizione è illustrata
attraverso il confronto tra due costrutti le cui proposizioni componenti
esprimano gli stessi contenuti:
(31) a. Se nevica prima di domenica,
andiamo a sciare a Cortina.
b. Se nevicasse prima di domenica,
andremmo a sciare a Cortina.
In (3 la) il progetto viene presentato
come molto più probabile rispetto a (31b): nel primo caso viene
configurata la possibilità che nevichi, con la conseguente vacanza sugli
sci, mentre nel secondo caso viene configurata la possibilità che non
nevichi, con la conseguente rinuncia alla vacanza sugli sci.
Questa differenza si evidenzia con una
prova di compatibilita semantica. Aggiungendo ad un periodo ipotetico
all'indicativo una frase da cui si possa inferire la «sicura falsità»
del contenuto proposizionale della protasi, si ottiene una sequenza
semanticamente anomala, perché la «possibile verità» segnalata
dall'indicativo si scontra con un contenuto «sicuramente falso»:
(32) Se Gianni è in macchina ci
può dare un passaggio, ma oggi Gianni è
venuto in autobus.
Allo stesso modo, aggiungendo ad un
periodo ipotetico al congiuntivo-condizionale una frase da cui si inferisca la
«sicura verità» del contenuto proposizionale della protasi si ottiene di
nuovo una sequenza semanticamente anomala, perché la «possibile falsità»
segnalata dal congiuntivo-condizionale si scontra con un contenuto
«sicuramente vero»;
(33) a. Se Gianni fosse in macchina
potrebbe darci un passaggio, ma
Gianni è (sempre) in macchina.
b. Se Gianni fosse stato in macchina
avrebbe potuto darci un passaggio, ma Gianni era in macchina.
d) I costrutti 'controfattuali'
Alcuni periodi ipotetici al
congiuntivo-condizionale non sembrano comunicare la «possibile falsità»
dei contenuti proposizionali di protasi ed apodosi, quanto piuttosto la loro
«sicura falsità»: sono i costrutti tradizionalmente chiamati
«controfattuali» o «periodi ipotetici dell'irrealtà». Questi casi,
comunque, non costituiscono un tipo a parte. Come vedremo subito, i costrutti
con congiuntivo imperfetto e condizionale semplice sono interpretati come
controfattuali solo quando all'indicazione morfosintattica di «possibile
falsità» si aggiungono altre indicazioni di falsità, provenienti
in genere dal confronto fra contenuto proposizionale espresso e contesto
extralinguistico; quanto ai costrutti con congiuntivo piuccheperfetto e / o
condizionale composto, essi sono sempre interpretati come controfattuali, a
meno
che dal contesto linguistico emergano
indicazioni del contrario, ovvero segnalazioni di «non-falsità» (come si
vedrà in (36), (37) e (38b)).
La controfattualità non è
quindi un significato rigidamente connesso ad una determinata concordanza di
modi e Tempi verbali, ma un effetto semantico complesso, che deriva
dall'interazione della morfosintassi (congiuntivo imperfetto più
condizionale semplice o congiuntivo piuccheperfetto e / o condizionale
composto) con il contenuto proposizionale di protasi ed apodosi e con il
contesto linguistico ed extralinguistico.
La combinazione «congiuntivo imperfetto
nella protasi + condizionale semplice nell'apodosi» sembra neutralizzare
l'opposizione tra «mera ipoteticità» e «controfattualità»,
poiché può esprimere sia l'uno sia l'altro valore semantico;
essa è utilizzabile per esempio anche in (34a), che presenta solo
un'ipotesi, e non due contenuti proposizionali «falsi»:
(34) a. Se piovesse molto forte,
uscirei con l'ombrello. (= 29a)
b. Se fossi un marziano, avrei le
orecchie verdi. (= 29b)
Un costrutto come (34a) può essere
enunciato con tono polemico, da un parlante che sta uscendo «senza» ombrello
in una giornata appena piovigginosa: in questo caso si otterrebbe una
interpretazione «controfattuale», come, all'incirca, «non piove molto forte, e
(perciò) sto uscendo senza ombrello».
La controfattualità compare dunque
quando all'indicazione di «possibile falsità» fornita dalla concordanza
si aggiunge una indicazione di «sicura falsità» derivata dal confronto
tra il contenuto proposizionale espresso dal costrutto ed il contesto
extralinguistico: per (34b) il parlante patentemente non è un marziano,
e non ha le orecchie verdi; per l'interpretazione controfattuale di (34a), al
momento dell'enunciazione sta piovendo poco, ed il parlante sta uscendo senza
ombrello.
Ora, nelle frasi (35) la comparsa del
congiuntivo piuccheperfetto nella protasi e/o del condizionale composto
nell'apodosi sembra segnalare la falsità dei contenuti proposizionali
espressi dal costrutto, e quindi la controfattualità:
(35) a. Se quell'edificio fosse stato
venduto, nell'archivio del catasto ce ne sarebbe traccia. (= 30a)
b. Se Enrico fosse a casa, avrebbe
risposto al telefono. (= 30b)
c. Se non foste arrivati in ritardo, non
avreste perso il treno.(= 29c)
Ma una protasi al congiuntivo
piuccheperfetto non è una condizione sufficiente per ottenere una
interpretazione controfattuale; in (36) il contesto linguistico aggiunto a
(35a) mostra che con il costrutto condizioniale il parlante sta solo compiendo
un'ipotesi sul passato (da verificare nel presente):
(36) Se quell'edificio fosse stato
venduto, nell'archivio del catasto ce ne sarebbe traccia: bisogna quindi
passare a controllare in quell'ufficio.
Neppure una apodosi al condizionale
composto è condizione sufficiente per ottenere una interpretazione
controfattuale: (35b) sembra comunicare che «Enrico non è a casa, e
(perciò) non ha risposto al telefono», ma la versione «condizionale
concessiva» di (35b), cioè
(37), presenta ugualmente una apodosi al
condizionale composto, senza per questo segnalarne la falsità:
(37) a. Anche se Enrico fosse a casa,
non avrebbe risposto al telefono.
b. Se Enrico fosse a casa, non avrebbe
comunque risposto al telefono.
(37) è parafrasabile con «è
possibile che Enrico sia a casa, ed è possibile che non lo sia; in un
caso come nell'altro 'non' risponderebbe al telefono».
Anche nel caso in
cui compaiano sia il congiuntivo piuccheperfetto nella protasi sia il
condizionale composto nell'apodosi l'interpretazione controfattuale non
è garantita. Se infatti (38a) sembra indicare che il protagonista «non»
è partito alle 3, e che (quindi) «non» è arrivato alle 9, una
sequenza come (38b), con due costrutti condizionali collegati asidenticamente,
mostra che il parlante sta facendo solo ipotesi sul passato, come nel caso di
(36), e non ha alcuna certezza sulla falsità dei contenuti
proposizionali espressi da protasi ed apodosi:
(38) a. Se avesse preso il treno delle
3 sarebbe arrivato alle 9.
b. Se avesse preso il treno delle 3
sarebbe arrivato alle 9; se avesse preso quello delle 5 sarebbe arrivato alle
11; adesso sono le 13, e quindi dovremmo comunque trovarlo in albergo.
Le stesse ipotesi, presentate con maggior
sicurezza, possono essere espresse dalla versione all'indicativo di (39):
(39) Se ha preso il treno delle 3 è
arrivato alle 9; se (invece) ha preso quello delle 5 è arrivato alle
11; adesso sono le 13, e quindi lo troveremo sicuramente in albergo.
Per quanto abbiamo detto, non è
stata utilizzata qui la tradizionale distinzione fra periodo ipotetico della
realtà, periodo ipotetico della possibilità, e periodo ipotetico
della irrealtà (ispirata dalla tripartizione latina fra casus nalis,
casus posstbilis, e casus trrealis). Secondo questa distinzione,
infatti, ogni tipo di periodo ipotetico è correlato ad una specifica
concordanza di modi e Tempi: l'indicativo segnala una ipotesi reale, il
congiuntivo imperfetto ed il condizionale semplice segnalano una ipotesi
possibile, o una ipotesi irreale nel presente, ed il congiuntivo
piuccheperfetto ed il condizionale composto segnalano una ipotesi irreale nel
passato. Ma in italiano standard un periodo ipotetico con la concordanza al
congiuntivo piuccheperfetto e / o condizionale composto può avere sia
una lettura controfattuale (irrealtà), come negli esempi (35) e (38a),
sia una lettura meramente ipotetica (possibilità), come negli esempi
(36), (37) e (38b). Un costrutto condizionale con la concordanza
all'indicativo può segnalare una ipotesi reale, come negli esempi (24) e
(25), ma anche la correlazione di due «fatti», come in (26a), e può
avere persino una lettura controfattuale, come combinazione di due contenuti
proposizionali «falsi».
Se un periodo ipotetico viene inserito in
un discorso indiretto al passato (e gli eventi citati sono già avvenuti
al momento dell'enunciazione) la concordanza dei modi e dei Tempi prevede solo
la combinazione «congiuntivo piuccheperfetto + condizionale composto», indipendentemente
dalla forma che il costrutto potrebbe avere nella corrispondente versione in
discorso diretto. Così la «scelta» dei modi e Tempi di (40d), obbligata
dalla concordanza del discorso indiretto, «neutralizza» completamente le
differenze semantiche sia modali che temporali esistenti fra le prime tre frasi
di (40):
(40) a. Aldo mi ha detto: «Se XY vince
/ vincerà le elezioni, ti offro / offrirò una cena».
b. Aldo mi ha detto : «Se XY vincesse le
elezioni, ti offrirei una cena».
c. Aldo mi ha detto: «Se XY avesse vinto
le elezioni, ti avrei offerto una cena».
d. Aldo mi ha detto che se XY avesse vinto
le elezioni mi avrebbe offerto una cena.
e) Concordanza mista indicativo e
congiuntivo-condizionale
Oltre alle combinazioni illustrate , si
trovano in italiano standard periodi ipotetici con una concordanza «irregolare»
di modi e tempi, con indicativo nella protasi e condizionale nell'apodosi, o
congiuntivo nella protasi ed indicativo nell'apodosi:
(41) a. Se vuoi proprio ottenere
quell'incarico, dovresti recarti domani stesso dal funzionario responsabile.
b. Se (poi) volessi ottenere proprio
quell'incarico, devi recarti domani stesso dal funzionario responsabile.
Il confronto fra questi due esempi e
costrutti dallo stesso contenuto proposizionale ma con concordanza «regolare»,
come (42), mostra come il cambiamento di modo fra protasi ed apodosi non segnali
altro che il «diverso grado di probabilità» assegnato dal parlante ai
diversi contenuti proposizionali espressi:
(42) a. Se vuoi proprio ottenere
quell'incarico, devi recarti domani
stesso dal funzionario responsabile.
b. Se (poi) volessi ottenere proprio
quell'incarico, dovresti recarti domani stesso dal funzionario responsabile.
In questi due esempi il livello di
ipoteticità è lo stesso sia per il contenuto proposizionale della
protasi sia per quello dell'apodosi, mentre in (41a) il condizionale
nell'apodosi «indebolisce» il valore deontico di dovere, favorendo
l'interpretazione del costrutto più come consiglio che come ordine, ed
in (41b) il congiuntivo nella protasi presenta come più remoto il
desiderio dell'interlocutore.
Un altro esempio può essere fornito
dal confronto tra le due frasi seguenti:
(43) a. Se piovesse, uscirei con
l'ombrello.
b. Se piovesse, uscirò con
l'ombrello.
In (43a) il parlante sta avanzando una
mera ipotesi, quasi del tutto staccata dal reale, mentre in (43b)
l'inserimento del futuro semplice dell'indicativo nell'apodosi trasforma il
costrutto nell'espressione di un proposito: «in caso - che ritengo improbabile
- di pioggia, ho la ferma intenzione di uscire con l'ombrello».
Lo stesso effetto di «indebolimento» visto
nell'apodosi di (41a) si ha nel condizionale indipendente. In una richiesta
come «Vorrei mezzo chilo di ravioli di magro», enunciata ad esempio in
una panetteria, il condizionale permette di presentare il desiderio del cliente
come più «remoto», e quindi meno aggressivo, e la frase risulta
decisamente più cortese rispetto a «Voglio mezzo chilo di ravioli
di magro», con l'indicativo. Sempre in «condizionale indipendente», l'effetto
di indebolimento si trova in frasi in cui il parlante si presenta in forma
modesta, come nel seguente dialogo: «A - Scusi, ma lei chi è? B - Ma, io
veramente sarei l'idraulico (che lei aveva fatto chiamare)», ed in brani
di testi narrativi, soprattutto giornalistici, in cui l'autore non ha la
totale sicurezza della verità o attendibilità di quanto sta
riportando, e segnala il suo «distacco» proprio con il condizionale, semplice
o composto: «(Secondo le nostre informazioni) II presidente si sarebbe
recato presso la sua villa nei sobborghi della città, per tenere una
riunione con i suoi principali collaboratori, e vi si troverebbe tuttora,
in attesa di segnali più chiari dalla capitale».
f) Il sistema substandard di
concordanza di modi e tempi
II sistema «substandard» di concordanza di
modi e Tempi, è tipico solamente di alcune varietà più
basse; esso ha sostituito l'opposizione tra «possibile verità» e «possibile
falsità» del sistema standard con una opposizione tra «possibile» e
«controfattuale». II sistema «substandard» conserva infatti le varie combinazioni
di tempi dell'indicativo per l'italiano standard, ma utilizza l'indicativo
anche per esprimere l'interpretazione non controfattuale di frasi come (44a)
dell'italiano standard:
(44) a. Se piovesse molto forte,
uscirei con l'ombrello. (= 34a)
b. Se piove molto forte, esco con
l'ombrello.
Per i costrutti controfattuali invece, il
sistema «substandard» utilizza l'indicativo imperfetto in protasi ed apodosi ;
l'interpretazione controfattuale di (44a) è resa da (45a), e la stessa
concordanza è utilizzata per esprimere gli altri costrutti ad
interpretazione controfattuale (l'uso del piuccheperfetto nella protasi di
(45f) segnala lo scarto temporale esistente fra il contenuto proposizionale
della protasi e quello dell'apodosi):
(45) a. Se pioveva molto forte, uscivo
con l'ombrello.
b. Se ero un marziano, avevo le orecchie
verdi.
c. Se Enrico era a casa, rispondeva al
telefono.
d. Se non arrivavate tardi, non perdevate
il treno.
e. Se prendeva il treno delle 3 arrivava
alle 9.
f. Se quell'edificio era stato venduto,
nell'archivio del catasto ce n'era traccia.
L'uso dell'indicativo imperfetto nei
costrutti condizionali del sistema «substandard» ha implicazioni solo modali, e
non più temporali, potendo essere usato per esprimere la
controfattualità al passato, al presente, ed al futuro:
(46) a. Se ieri venivi alla festa, ti
divertivi un sacco.
b. Se adesso eri alla festa, ti divertivi
un sacco.
e. Se domani venivi alla festa, ti
divertivi un sacco.
Il valore di controfattualità
dell'indicativo imperfetto nei costrutti condizionali del sistema «substandard»
è confermato dall'applicazione delle stesse prove per dimostrare
l'interpretazione non obbligatoriamente controfattuale della combinazione
«congiuntivo piuccheperfetto e / o condizionale composto» in italiano
standard. Infatti (47), con l'imperfetto a segnalare la controfattualità
ed il contesto linguistico successivo a segnalare invece l'ipoteticità
nel passato, è inaccettabile, mentre (48), che è la versione di
(38b) nel sistema «substandard», non è del tutto accettabile:
(47) Se quell'edificio era stato venduto,
nell'archivio del catasto ce n'era traccia: bisogna quindi passare a
controllare in quell'ufficio.
(48) Se prendeva il treno delle 3 arrivava
alle 9; se invece prendeva
quello delle 5 arrivava alle 11; adesso
è mezzogiorno, e quindi lo troviamo comunque in albergo.
g) Costrutti condizionali
pseudocoordinati
In alcuni casi un rapporto
«condizione-conseguenza» non viene espresso da una apodosi sovraordinata
contenente una protasi subordinata introdotta da se (come negli esempi
visti fin qui), ma da una sequenza di due frasi apparentemente coordinate,
collegate eventualmente da operatori di congiunzione o disgiunzione; la prima
frase può essere imperativa o interrogativa (polare):
(49) a. Alza le mani o / altrimenti /
se no sparo!
b. Ripetilo e ti rompo la testa!
c. Dammi retta e non ti pentirai!
d. Vuoi un gelato? Te lo vado subito a
prendere.
e. Cercano la rissa? Gli daremo un sacco
di botte.
Di solito se la prima frase è
interrogativa la seconda frase può essere introdotta da un operatore di
congiunzione, ma non da un operatore di disgiunzione:
(50) a. Vuoi un gelato? E io te lo vado
subito a prendere.
b. Vuoi un gelato? O / Altrimenti / Se no
non te lo vado subito a prendere.
(51) a. Cercano la rissa? E noi gli
daremo un sacco di botte.
b. Cercano la rissa? O / Altrimenti / Se
no non gli daremo un sacco di botte.
I costrutti in (49) costituiscono delle
«pseudocoordinazioni», e sono normalmente parafra-sabili tramite costrutti
condizionali subordinati:
(52) a. Se non alzi le mani sparo.
b. Se lo ripeti ti rompo la testa.
e. Se mi dai retta non ti pentirai.
d. Se vuoi un gelato te lo vado subito a
prendere.
e. Se cercano la rissa gli daremo un sacco
di botte.
Dal punto di vista delle azioni
linguistiche eseguibili con questi costrutti, si può dire che in (49),
come in (52), si trovano ordini modificati da minacce (a. e b.), esortazioni
modificate da previsioni favorevoli (e.), offerte precedute da richiesta di
conferma (d.), e minacce (e.).
Per l'interpretazione semantico-pragmatica
di questi costrutti è necessario ricordare in primo luogo che fanno
immediatamente scattare l'inferenza sollecitata:
(53) a. Se alzi le mani non sparo.
b. Se non lo ripeti non ti rompo la testa.
c. Se non mi dai retta ti pentirai.
d. Se non vuoi un gelato non te lo vado
(subito) a prendere.
e. Se non cercano la rissa non gli daremo
un sacco di botte.
Su questa base l'interpretazione
dell'imperativo come ordine (a.-b.) o come consiglio (e.) dipende dal valore
«argomentativo» della seconda frase: in (49a-b) l'interlocutore non vede come
positivo il fatto che gli si spari o gli si voglia rompere la testa, sceglie
come preferenziale la lettura di (53a-b) (cioè l'inferenza sollecitata),
ed interpreta l'imperativo come ordine (positivo in a., per la presenza dell'operatore
di disgiunzione, negativo in b., per la presenza dell'operatore di
congiunzione); in (49c), invece, il non rischiare di «pentirsene» è
visto come positivo, l'interlocutore sceglie come preferenziale la lettura in
(52c), ed interpreta l'imperativo come consiglio, o esortazione.
Anche le frasi b. e c. possono essere
realizzate con operatori di disgiunzione (come a.), negando la proposizione
opportuna secondo il meccanismo appena illustrato:
(54) a. Non ripeterlo o / altrimenti /
se no ti rompo la testa.
b. Dammi retta o / altrimenti / se no ti
pentirai.
Va segnalato che (54b), come anche (53c),
è facilmente interpretabile non solo come consiglio, ma anche come
ordine modificato da una minaccia: ciò dipende dall'eventuale
«controllo» del parlante sul «pentimento» dell 'interlocutore.
Le frasi (52) possono comparire con la
concordanza «congiuntivo nella protasi + condizionale nell'apodosi»; con la
combinazione «congiuntivo imperfetto + condizionale semplice» conservano,
sep-pur indebolito, il valore di azioni linguistiche come ordini, consigli,
esortazioni, minacce, ecc., mentre con la combinazione «congiuntivo
piuccheperfetto + condizionale composto» possono essere intesi solo come
condizionali dichiarativi:
(55) a. Se non alzassi le mani
sparerei.
b. Se lo ripetessi ti romperei la testa.
e. Se mi dessi retta non ti pentiresti.
d. Se volessi un gelato te lo andrei
subito a prendere.
e. Se cercassero la rissa gli daremmo un
sacco di botte.
(56) a. Se non avessi alzato le mani
avrei sparato.
b. Se lo avessi ripetuto ti avrei rotto la
testa.
e. Se mi avessi
dato retta non ti saresti pentito.
d. Se avessi voluto un gelato te lo sarei
subito andato a prendere.
e. Se avessero cercato la rissa gli
avremmo dato un sacco di botte.
I costrutti «pseudocoordinati»
esemplificati in (49), invece, non
possono seguire la concordanza normale dei
condizionali, neppure nella proposizione che corrisponde all'apodosi della
costruzione subordinata:
(57) a. Alza le mani o / altrimenti /
se no sparerei / avrei sparato.
b. Ripetilo e ti romperei / avrei rotto
la testa.
c. Dammi retta e non ti pentiresti /
saresti pentito.
d. Vuoi un gelato? Te lo andrei / sarei
andato subito a pren dere.
e. Cercano la rissa? Gli daremmo / avremmo
dato un sacco di botte.
h) Costruiti condizionali
interrogativi e imperativi
Tutti i periodi ipotetici presi in
considerazione finora presentano una apodosi dichiarativa, ma è possibile
trovare costrutti la cui apodosi è una proposizione interrogativa o
imperativa. Nel caso dell'interrogativa si trovano le possibilità di
concordanza di modi e Tempi viste fin qui, sia per le interrogative polari sia
per le interrogative argomentali:
(58) a. Se vinci alla lotteria,
comprerai un'auto nuova?
b. Se vincessi alla lotteria, compreresti
un'auto nuova?
c. Se avessi vinto alla lotteria, avresti
comprato un'auto nuova?
(59) a. Se vinci alla lotteria, cosa
farai con i soldi?
b. Se vincessi alla lotteria, cosa faresti
con i soldi?
c. Se avessi vinto alla lotteria, cosa
avresti fatto con i soldi?
Nel caso dell'imperativa, la protasi
può essere solo all'indicativo, o al congiuntivo imperfetto:
(60) a. Se hai bisogno di me, chiamami
a casa.
b. Se avessi bisogno di me, chiamami a
casa.
c. Se avessi avuto bisogno di me, chiamami
a casa.
Periodi ipotetici di questo tipo possono
essere espressi anche come «pseudocoordinazioni», con la protasi realizzata da
una domanda. In questo caso, fermo restando l'impiego delle forme
dell'imperativo nell'apodosi, nella domanda si può trovare solo
l'indicativo:
(61) a. Hai bisogno di me? Chiamami a
casa.
b. Avessi bisogno di me? Chiamami a casa.
c. Avessi avuto bisogno di me? Chiamami a
casa.
Esistono alcuni costrutti introdotti
dall'operatore di subordinazione se che non sono necessariamente
«ipotetici» né «condizionali», in quanto non presentano contenuti
proposizionali ipotizzati, ma «sicuramente veri» (o «sicuramente falsi»), e
fra i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi non esiste in genere alcun
reale rapporto di «condizione-conseguenza»: si tratta dei costrutti
«bi-affermativi», e dei costrutti «bi-negativi».
Un costrutto «bi-negativo» è
caratterizzato da una apodosi dal contenuto proposizionale patentemente falso,
e da una concordanza generalmente all'indicativo:
(62) a. Se tu giochi bene a tennis, io
sono Ivan Lendl.
b. Se tu giocassi bene a tennis, io sarei
Ivan Lendl.
c. Se tu avessi giocato bene a tennis,
io sarei stato Ivan Lendl.
(63) a. Se Piero è forte a
scacchi, io sono Gorbaciov.
b. Se Piero fosse forte a scacchi, io
sarei Gorbaciov.
c. Se Piero fosse stato forte a scacchi,
io sarei stato Gorbaciov.
Fra il contenuto proposizionale della
protasi e quello dell'apodosi può esistere, ma non
necessariamente, un qualche collegamento di tipo logico: infatti in (62a) si
può ricostruire un paragone del tipo «Se il tuo modo di giocare a tennis
si può definire 'buono', allora il mio modo può essere comparato
a quello di un campione», ma in (63a) non è assolutamente possibile, o
è comunque poco naturale, instaurare un collegamento logico tra l'abilità
di qualcuno a scacchi e la (falsa) identità del parlante con il premier
sovietico.
Il meccanismo di questi costrutti si basa
sulla semantica del periodo ipotetico: «se p, q» —» «pVero E qVero» (O «pFalso
E q falso»)- Un costrutto condizionale viene in genere interpretato, grazie
all'inferenza sollecitata, come bicondizionale, il che significa che i
contenuti proposizionali di protasi ed apodosi possono essere o entrambi veri o
entrambi falsi; in un costrutto «bi-negativo» la falsità del contenuto
proposizionale dell'apodosi si riflette, in base alla parte tra parentesi dello
schema appena visto, sul contenuto proposizionale della protasi, che risulta
così anch'esso falso:
(64) È falso che io sia Ivan Lendl,
e (quindi) è falso che tu giochi bene a tennis.
(65) È falso che io sia Gorbaciov,
e (quindi) è falso che Piero sia forte a scacchi.
Infatti i costrutti di questo tipo sono di
solito utilizzati per esprimere un parere sarcastico sulla
falsità del contenuto proposizionale della protasi, enunciato o
proposto dall'interlocutore:
(66) Se lei è un poliziotto, mia
moglie è Sofia Loren.
La coloritura sarcastica deriva, oltre che
dall'accostamento di due contenuti proposizionali che non hanno necessariamente
a che fare l'uno con l'altro, anche dall'inserimento di un contenuto proposizionale
patentemente falso in uno schema di concordanza (l'indicativo) il cui valore
semantico è la segnalazione di «possibile verità».
Un effetto molto simile, anche se non
identico, a quello dei costrutti «bi-negativi» veri e propri si ottiene con una
apodosi all'imperativo, normalmente interpretata come sfida che non
sarà raccolta:
(67) Se sei un bravo cuoco, preparami
subito un filetto al pepe verde!
(68) Se lei è un poliziotto, mi mostri
subito la sua tessera di riconoscimento!
Il meccanismo
è lo stesso illustrato sopra, ma con un passaggio logico in più:
se la sfida non viene raccolta, ciò significa che lo sfidato non
è in grado di realizzare il contenuto proposizionale dell'apodosi, e
che quindi non si trova nelle condizioni ipotizzate dalla protasi.
Un'altra possibilità è
costituita dall'uso di un'apodosi interrogativa, che presupponga un contenuto
proposizionale in contrasto con quello della protasi:
(69) Se ha preparato per tre mesi questo
esame, perché non sa rispondere ad una domanda così semplice?
Lo scopo dell'apodosi interrogativa non
è principalmente quello di ottenere una risposta, quanto quello di
comunicare che il candidato «non sa rispondere ad una domanda semplice», e che
(quindi) «non si è preparato per l'esame».
Un costrutto «bi-affermativo» presenta
invece come contenuti proposizionali della protasi e / o dell'apodosi fatti
comunemente noti come veri, che fanno parte delle conoscenze comuni condivise,
e sono quindi «presupposti pragmaticamente». Proprio per questo possono
comparire solo con concordanza all'indicativo (il valore semantico della
combinazione «congiuntivo-condizionale» è infatti la segnalazione della
«possibile falsità» dei contenuti delle due proposizioni:
(70) a. Se la situazione nel Golfo
Persico è critica, quella dei campi
profughi di Gaza non è certo
allegra.
b. *Se la situazione nel Golfo Persico
fosse critica, quella dei campi profughi di Gaza non sarebbe certo allegra.
c. "Se la situazione nel Golfo
Persico fosse stata critica, quella dei campi profughi di Gaza non sarebbe
stata certo allegra.
Come nei «bi-negativi», anche in questo
tipo di costrutti non esiste necessariamente un rapporto di
«condizione-conseguenza» fra i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi;
in genere si instaura un rapporto di semplice correlazione o collegamento, come
in (70a), o un rapporto che può essere interpretato come causale, o
avversativo, o concessivo, come si vede dagli esempi in (71) e dalle loro parafrasi
esplicitamente causali, avversative, e concessive, in (72):
(71) a. Se è nevicato già
in ottobre, avete avuto un inverno freddissimo.
b. Se Ugo era adirato, Maria era
tranquilla.
c. Se il parere del Fondo Monetario
Internazionale sull'economia del nostro paese è stato positivo, non
dobbiamo dimenticare la ripresa dell'inflazione.
(72) a. Poiché è nevicato
già in ottobre, avete avuto un inverno freddissimo.
b. Ugo era adirato, ma Maria era
tranquilla.
c. Sebbene il parere del Fondo Monetario
Internazionale sull'economia del nostro paese sia stato positivo, non dobbiamo
dimenticare la ripresa dell'inflazione.
Protasi ed apodosi dei costrutti
«bi-affermativi» possono essere «rinforzate» da elementi che sottolineano la
verità dei contenuti proposizionali espressi, o che ne rimarcano la
correlazione:
(73) Se è vero che la situazione
nel Golfo Persico è critica, è anche vero che quella dei campi
profughi di Gaza non è certo allegra.
(74) Se da un lato le fazioni musulmane in
Libano potevano contare sull'appoggio siriano, dall'altro i maroniti avevano in
Israele una specie di alleato.
Questi elementi di rinforzo non compaiono
invece normalmente nei costrutti condizionali standard, che esprimono un
rapporto di «condizione-conseguenza» fra i contenuti proposizionali di protasi
ed apodosi:
(75) a. Se è vero che piove,
esco con l'ombrello.
b. Se da un lato piove,
dall'altro esco con l'ombrello.
Nei costrutti «bi-affermativi» compaiono
normalmente combinazioni di tempi passati dell'indicativo, come si è
visto negli esempi precedenti, ed è anche possibile (contrariamente a
quanto accade per i periodi ipotetici standard, esempio (28)) la comparsa del
perfetto semplice in protasi ed apodosi:
(76) Se Picasso attraversò tutte le
avanguardie storiche, le sue opere furono tra i migliori esempi di
classicità del '900.
Invece risulta estremamente difficile
interpretare come «bi-affermativi» costrutti al futuro: anche il ricorso ad
elementi di rinforzo, come in (73) e (74), non è sufficiente a eliminare
la venatura modale di incertezza tipica del futuro, e quindi la
ipoteticità di fondo della sequenza; nemmeno (77) è da ritenere
perciò un costrutto «bi-affermativo»:
(77) Se (è vero che) verrò
eletto presidente, come ormai è ceno, (è anche vero che) sarai
proprio tu il mio segretario personale.
Esistono poi alcuni costrutti condizionali
molto particolari, dalle caratteristiche simili, ma non uguali a quelle dei
«bi-affermativi»: protasi ed apodosi presentano contenuti proposizionali non
ipotizzati, ma «veri», ed il rapporto logico deve essere però espresso
esplicitamente:
(78) Se Giulio se ne è andato dopo
il primo tempo, (è perché) non riusciva proprio a sopportare
quel film.
Un esempio come (78) è
semanticamente equivalente ad un costrutto contenente una frase causale, come
(79) qui sotto, del quale condivide anche la sequenza «effetto dato - causa
nuova» (per i concetti di «dato» e «nuovo»; per le frasi causali: sia in (78)
sia in (79) l'elemento proposizionale «dato» (l'effetto) si trova in posizione
iniziale di costrutto, mentre la causa «nuova» si trova in posizione finale:
(79) Giulio se ne è andato dopo il
primo tempo, perché non riusciva proprio a sopportare quel film.
E anche possibile avere la causa «nuova»
in posizione iniziale di costrutto, e l'effetto «dato» in posizione finale,
tramite l'utilizzo di una frase complessa «scissa»:
(80) È perché non riusciva
proprio a sopportare quel film che Giulio se ne è andato dopo il primo
tempo.
Costrutti del tipo di (78) possono
però comparire solo se il rapporto logico fra i contenuti delle due
proposizioni è di tipo causale, o finale (Sia); rapporti temporali,
(81b-e), o condizionali, (81f), o concessivi, (81g), danno luogo a sequenze
agrammaticali:
(81) a. Se ti ho portato quei fiori
è per farmi perdonare.
b. Se Antonio ha comprato un libro
è quando è arrivata Maria.
c. Se Antonio ha comprato un libro
è mentre arrivava Maria.
d. Se Antonio ha comprato un libro
è prima che arrivasse Maria.
e. Se Antonio ha comprato un libro
è dopo che è arrivata Maria.
f. Se esco con l'ombrello è se
piove.
g. Se siamo arrivati in orario è
benché il treno fosse partito in ritardo.
Alcune frasi di questo tipo risultano
accettabili al passato. Si confronti (81d) con: Se Antonio ha mai comprato
un libro, è stato prima che arrivasse Maria.
Le frasi complesse scisse sono invece
possibili con rapporti causali, finali, temporali, marginalmente ipotetici, ma
non concessivi:
(82) a. È per farmi perdonare
che ti ho portato quei fiori.
b. È quando è arrivata Maria
che Antonio ha comprato un libro,
c. È mentre arrivava Maria che
Antonio ha comprato un libro,
d. È prima che arrivasse Maria che
Antonio ha comprato un libro,
e. È dopo che è arrivata
Maria che Antonio ha comprato un libro,
f. E se piove che esco con
l'ombrello.
g. È benché il treno fosse
partito in ritardo che siamo arrivati in orario.
i) Condizioni su azioni
linguistiche
In alcuni casi la protasi esprime un
contenuto proposizionale che funge da «condizione» non per il contenuto
proposizionale dell'apodosi, ma per la realizzazione dell'azione linguistica
che può essere eseguita nell'apodosi:
(83) Se hai fame, ci sono dei biscotti
nella credenza.
Come si vede, la fame dell'interlocutore
non è una condizione che, se realizzata, abbia come conseguenza
l'esistenza dei biscotti nella credenza, ma è piuttosto una condizione
per l'esecuzione della «offerta» di biscotti all'interlocutore: se
l'interlocutore non ha appetito non ha senso offrirgli del cibo.
In questo tipo di costrutti condizionali l'espressione
dell'inferenza sollecitata sembra portare a risultati del tutto assurdi:
(84) Se non hai fame, nella credenza non
ci sono biscotti.
Quindi non sembra possibile applicare a
questi costrutti la normale interpretazione «bicondizionale». Ma, come detto
sopra, la protasi «condiziona» non il contenuto proposizionale dell'apodosi, ma
l'azione linguistica con essa eseguibile: verbalizzando esplicitamente
il tipo di azione linguistica da compiere, l'interpretazione bi-condizionale
diventa possibile, come si vede dalla piena accettabilità dell'espressione
dell'inferenza sollecitata:
(85) a. Se hai fame, ti offro dei
biscotti.
b. Se non hai fame, non ti offro dei
biscotti.
Questi costrutti condizionali sono
possibili con diversi tipi di azioni linguistiche, per esempio offerte,
complimenti, domande, o asserzioni, (86), ma appaiono inaccettabili o
estremamente marginali con concordanza al congiuntivo e condizionale, (87) e
(88):
(86) a. Se hai bisogno di me, puoi
trovarmi in ufficio.
b. Se posso permettermi, hai un gran
bell'aspetto.
c. Se non sono indiscreto, cosa hai fatto
ieri sera?
d. Se le mie informazioni sono giuste,
Mario ha rifiutato quel lavoro.
(87) a. Se avessi bisogno di me,
potresti trovarmi in ufficio.
b. Se potessi permettermi, avresti un
gran bell'aspetto.
c. Se non fossi indiscreto, cosa avresti
fatto ieri sera?
d. Se le mie informazioni fossero giuste,
Mario avrebbe rifiutato quel lavoro.
(88) a. Se avessi avuto bisogno di me,
avresti potuto trovarmi in ufficio.
b. Se avessi potuto permettermi, avresti
avuto un gran bell'aspetto.
c. Se non fossi stato indiscreto, cosa
avresti fatto ieri sera?
d. Se le mie informazioni fossero state
giuste, Mario avrebbe rifiutato quel lavoro.
(88a, e, d) sono accettabili se
interpretati come condizionali standard, con il contenuto proposizionale della
protasi che condiziona quello dell'apodosi: «non hai avuto bisogno di me, e
quindi non mi hai chiamato: ma sapevi che in caso di necessità io ero in
ufficio»; «ieri sera sono stato indiscreto; e ciò ti ha fatto tenere un
determinato comportamento; come ti saresti comportata nel caso io non fossi
stato indiscreto?»; e «le mie informazioni, che ho passato a Mario, non erano
attendibili, e ciò ha fatto sì che Mario accettasse
(compiendo un errore) quel lavoro».
j) Protasi non introdotte da «se»
La protasi di periodo ipotetico può
essere espressa in alcuni casi senza l'operatore di subordinazione se. Questo
avviene non solo nel caso dei costrutti condizionali «pseudocoordinati» , ma
anche con costruzioni di tipo subordinato. Per esempio, se può
essere omesso in costrutti stilisticamente alti:
(89) «Succedesse a me sarei rovinato» (V.
Pratolini, Lo scialo, Milano, Mondadori, 1960, p. 387)
L'omissione di se non è
possibile nei costrutti con la concordanza all'indicativo, (90a). Si ha inoltre
un'inversione di posizione fra verbo e soggetto espresso (90b-c):
(90) a. Arrivano / Arriveranno in
tempo i rinforzi, riusciremo ad evitare la sconfitta.
b. Arrivassero / Fossero arrivati in tempo
i rinforzi, riusciremmo / saremmo riusciti ad evitare la sconfitta.
c. I rinforzi arrivassero / fossero
arrivati in tempo, riusciremmo / saremmo riusciti ad evitare la sconfitta.
Questo tipo di struttura è
parallelo a quello che si ha con il gerundio e con l'infinito , dove si ha
l'inversione obbligatoria fra verbo ausiliare e soggetto espresso. Come nel
caso di gerundive e infinitive, questa costruzione è limitata allo stile
alto ed è possibile con un gruppo ristretto di verbi al congiuntivo.
Oltre che da se le protasi di
periodo ipotetico possono essere introdotte da una serie di altri operatori di
subordinazione, che sono tutti però lessicalmente più «ricchi»,
hanno un significato meno astratto, e più forti connotazioni stilistiche
(in genere alte): qualora, quando, ove, laddove; ammesso che, supposto che,
nel caso che, nell'ipotesi che, nell'eventualità che; purché, a
patto che, a condizione che. Di questi operatori descriveremo prima le
caratteristiche semantiche principali che permetteranno di raccoglierli in
sottogruppi, e poi la concordanza dei modi e dei Tempi, che è invece
comune a tutti.
Qualora, quando, ove, e laddove appartengono allo
stile alto, ed in particolare connotano un linguaggio
giuridico-burocratico-amministrativo:
(91) a. Qualora il perito ne abbia
avanzato esplicita richiesta, il dibattimento potrà essere rinviato.
b. Ove / Laddove ricorrano le condizioni
previste dal secondo comma della circolare ministeriale.. ., il rilascio dei
documenti richiesti avverrà entro dieci giorni.
Sono piuttosto dello stile formale ammesso
che, supposto che, nell'ipotesi che, nell'eventualità che; più
corrente: nel caso che. Rispetto agli altri operatori di questo gruppo, ammesso
che e nell'eventualità che aggiungono ai contenuti
proposizionali espressi una sfumatura di maggiore improbabilità, come si
vede dalla pur lievemente diversa accettabilità semantica degli esempi
seguenti:
(92) a. Supposto che / Nel caso che /
Nell'ipotesi che Giampiero riesca ad affittare quella casa al mare - cosa che
pare molto probabile - passeremo da lui una settimana in luglio.
b. Ammesso che / Nell’eventualità
che Giampiero riesca ad affittare quella casa al mare - cosa che pare molto
probabile - passeremo da lui una settimana in luglio.
Molto simili agli operatori di
subordinazione ammesso che e supposto che sono (am)mettiamo
(il caso) che e supponiamo che, che possono introdurre costrutti
condizionali sintatticamente coordinati:
(93) a. Mettiamo che Franco arrivi
sabato sera. Io non vado certo a prenderlo!
b. Supponiamo che domenica ci sia bel
tempo. Verreste al mare con noi?
c. Mettiamo il caso che non fossi venuto
ad aspettarti all'aeroporto: per tornare a casa avresti preso un taxi.
Ammettiamo che (come ammesso che in (92b))
aggiunge ai contenuti proposizionali espressi dal costrutto una sfumatura di
maggiore improbabilità, come si vede dalla marginalità di: ''Ammettiamo
che Giampiero riesca ad affittare quella casa al mare - cosa che pare molto
probabile: passeremo da lui una settimana in luglio.
Purché, a patto che e a condizione che introducono
costrutti la cui apodosi esprime un contenuto proposizionale che deve poter
essere visto favorevolmente dall'interlocutore, altrimenti il risultato
è una sequenza semanticamente inaccettabile:
(94) a. Purché / A patto che / A
condizione che tu mi faccia uno
dei tuoi caffè, ti sarò
eternamente grato.
b. Purché / A patto che / A
condizione che tu mi faccia uno dei tuoi caffè, me ne andrò e non
mi farò mai più vedere.
Gli stessi contenuti proposizionali
possono essere inseriti in un costrutto condizionale introdotto da se; in
questo caso l'unico cambiamento è il giudizio implicito sulla
qualità del caffè preparato dall'interlocutore:
(95) a. Se mi farai uno dei tuoi
caffè, ti sarò eternamente grato.
b. Se mi farai uno dei tuoi caffè,
me ne andrò e non mi farò mai più vedere.
Invece, il contenuto proposizionale della
protasi può essere di per sé interpretato positivamente o
negativamente, senza influenzare l'accettabilità della sequenza, ma
viene presentato come desiderato dal parlante:
(96) a. Purché / A patto che / A
condizione che tu mi liberi dalla presenza di quell'antipatico di Riccardo, ti
offrirò una cena sontuosa.
b. Purché / A patto che / A
condizione che tu mi liberi dalla presenza di mia moglie, ti offrirò una
cena sontuosa.
Proprio questa sfumatura di desiderio, che
da una coloritura finale ai condizionali di questo tipo, giustifica la
restrizione sopra illustrata. Se il contenuto proposizionale dell'apodosi gli
sembra favorevole, l'interlocutore tenderà a soddisfare la condizione
(cioè il desiderio del parlante) per ottenere la conseguenza: è
quanto dovrebbe accadere con i costrutti in (94a), (95a) e (96); in (95b)
invece l'interlocutore non cercherà di ottenere il contenuto
proposizionale dell'apodosi (che vede come negativo), non soddisfacendo quindi
il «nondesiderio» espresso dalla protasi. Questo tipo di inter-pretazione,
possibile appunto in un costrutto introdotto da se, come (95b), non ha
luogo in (94b) a causa della presenza di purché, a patto che e a
condizione che, che richiedono, oltre ad un contenuto proposizionale
dell'apodosi «positivo» per l'interlocutore, anche un contenuto proposizionale
della protasi «desiderato», o per lo meno presentato come tale dal parlante.
Tutti questi operatori lessicalmente
«ricchi», che impongono alcune limitazioni ai contenuti proposizionali di
protasi ed apodosi, risultano inappropriati (pur con lievi differenze da
elemento ad elemento) con alcuni dei costrutti condizionali di tipo specifico illustrati
precedentemente. In particolare appaiono inaccettabili o marginali se combinati
con costrutti «bi-negativi», «bi-affermativi», e con protasi che presentano
condizioni sull'esecuzione di azioni linguistiche (in quest'ultimo caso alcuni
operatori risultano accettabili):
(97) a. Qualora / Ove / Laddove /
Ammesso che / Supposto che /
Nel caso che / Nell'ipotesi che / Nell’eventualità
che / Purché / A patto che / A condizione che tu giochi bene a tennis,
io sono Ivan Lendl.
b. Qualora / Ove / Laddove / Ammesso che /
Supposto che /
Nel caso che / Nell'ipotesi che / NelTeventualità
che / ''Purché / A pano che / *A condizione che la situazione nel Golfo
Persico sia critica, quella dei campi profughi di Gaza non è ceno
allegra.
c. Qualora / Ove / Laddove / Ammesso che /
Supposto che / Nel caso che / Nell'ipotesi che / Nell'eventualità che / Purché
/
A patto che / A condizione che tu abbia
fame, ci sono dei biscotti nella credenza.
Per quanto riguarda la concordanza dei
modi e dei Tempi, questi operatori condividono la concordanza di se limitatamente
alla combinazione «congiuntivo + condizionale»:
(98) a. Nell'eventualità che
piovesse molto forte, uscirei con l'ombrello.
b. Ammesso che quell'edificio fosse stato
venduto, nell'archivio del catasto ce ne sarebbe traccia.
c. Nel caso che Enrico fosse a casa,
avrebbe risposto al telefono.
d. Qualora non foste arrivati in ritardo,
non avreste perso il treno.
Nei casi in cui se introduce
costrutti con indicativo in protasi ed apodosi, questi operatori si combinano
con congiuntivo presente e perfetto nella protasi, e con l'indicativo
nell'apodosi:
(99) a. Se domenica ci sarà bel
tempo, andremo a sciare.
b. Supposto che domenica ci sia bel tempo,
andremo a sciare.
c. Se hai comprato il giornale, possiamo
vedere che film ci sono.
d. Ammesso che tu abbia comprato il
giornale, possiamo vedere che film ci sono.
k) Protasi con modi verbali non
finiti
Purché, a patto che e a condizione che presentano
delle varianti che introducono protasi all'infinito: pur di, a patto
ài, e a condizione di. Questi operatori condividono le
restrizioni sui contenuti proposizionali di protasi ed apodosi , ma esprimono
in modo ancora più forte la connotazione finale, al punto che non possono
combinarsi con protasi all'infinito composto:
(100) a. Pur di / A patto di / A
condizione di ottenere un lavoro,
sono disposto a trasferirmi in un'altra
città.
b. Pur di / A patto di / A condizione di
avere ottenuto un lavoro, sarei stato disposto a trasferirmi in un'altra città.
La protasi all'infinito semplice
può invece combinarsi con l'apodosi all'indicativo ed al condizionale:
(101) a. Pur di avere quel prestito, ho
firmato / firmo / firmerò tutte le cambiali che volevi / vuoi / vorrai.
b. A patto di lavorare con te, accetterei
qualsiasi condizione.
c. A condizione di partire con te, Enrico
avrebbe disdetto ogni impegno di lavoro.
(Il soggetto non espresso dell'infinitiva
è obbligatoriamente coreferente con il SOGGETTO della predicazione
dell'apodosi sovraordinata).
Le protasi all'infinito compaiono anche
introdotte semplicemente da a, che semanticamente appare molto
più neutro degli operatori appena citati, ma compare preferibilmente con
l'espressione di condizioni sulle azioni linguistiche eseguibili con l'apodosi
:
(102) a. A dirti la verità, ti
trovo ingrassato.
b. Se posso / devo dirti la verità,
ti trovo ingrassato.
La combinazione di a con una
protasi all'infinito composto non è completamente esclusa (mentre lo era
nel caso di pur di, ecc., v. (100)), ma è comunque marginale:
(103) a. Ad essere arrivati in tempo,
non avremmo perso il treno.
b. Ad avermi dato retta, ti
saresti trovato meglio.
Anche un gerundio può essere
interpretato come espressione della protasi di un periodo ipotetico, (104)-(106),
a meno che non si tratti di un gerundio composto, che provoca una lettura
causale, «fattuale», (107):
(104) a. Mangiando molto, ingrasso /
ingrasserò.
b. Se mangio molto, ingrasso /
ingrasserò.
(105) a. Mangiando molto, ingrasserei.
b. Se mangiassi molto, ingrasserei.
(106) a. Mangiando molto, sarei
ingrassato.
b. Se avessi mangiato molto, sarei
ingrassato.
(107) a. Avendo mangiato molto,
ingrasso / ingrasserò.
b. Se ho mangiato molto, ingrasso /
ingrasserò.
c. Poiché ho mangiato molto,
ingrasso / ingrasserò.
Sempre a causa dell'interpretazione
causale del gerundio composto, esso è incompatibile con una
sovraordinata al condizionale:
(108) Avendo mangiato molto ingrasserei /
sarei ingrassato.
Un gerundio semplice può avere interpretazione
ipotetica se si combina con apodosi al condizionale, e all'indicativo presente
o futuro semplice, come abbiamo visto in (104)-(106), ma se si combina con una
apodosi con tempi passati dell'indicativo emerge di nuovo una interpretazione
causale:
(109) a. Arrivando in tempo, non
abbiamo perso / perdemmo il treno.
b. ?Se siamo arrivati in tempo,
non abbiamo perso / perdemmo il
treno.
c. Poiché siamo arrivati in tempo,
non abbiamo perso / perdemmo il treno.
Anche un participio perfetto, accompagnato
facoltativamente da se, può esprimere la protasi di un costrutto
condizionale:
(110) a. (Se) Preso in tempo, un
raffreddore si cura in tre giorni, b. Se viene preso in tempo, un raffreddore
si cura in tre giorni.
l) Ordine delle proposizioni nella
frase complessa
I costrutti condizionali di vario tipo
esemplificati finora presentano la protasi prima dell'apodosi, ma, data la
mobilità caratteristica delle proposizioni subordinate circostanziali
rispetto alle loro sovraordinate, si possono trovare anche costrutti in cui
l'apodosi preceda la protasi:
(111) a. Se mi dai i soldi compro la
casa.
b. Compro la casa se mi dai i soldi.
I due possibili ordini delle proposizioni
all'interno di una frase complessa non sono comunque del tutto liberi, in quanto
rispondono in primo luogo all'esigenza di rispettare la sequenza non marcata «dato-nuovo».
Un costrutto condizionale avrà la protasi prima dell'apodosi se il
contesto linguistico precedente ha presentato il contenuto proposizionale della
protasi; se viceversa il contesto linguistico precedente ha presentato il
contenuto proposizionale dell'apodosi, nel costrutto l'apodosi
precederà la protasi:
(112) a. Parlante A: Cosa farai se ti
do i soldi?
b. Parlante B: Se mi dai i soldi compro la
casa.
c. Compro la casa se mi dai i soldi.
(113) a. Parlante A: A che condizioni
comprerai la casa?
b. Parlante B: Compro la casa se mi dai i
soldi.
c. Se mi dai i soldi compro la casa.
L'ordine non è però l'unico
elemento in gioco nel rapporto «dato-nuovo», poiché il rilievo
prosodico, in questo caso la presenza di un picco into-nativo sulla
proposizione in prima posizione, permette di usare le sequenze e. in (112) e
(113) con lo stesso significato delle sequenze in b.:
(114) Parlante A: Cosa farai se ti do i
soldi?
Parlante B: COMPRO LA CASA se mi dai i
soldi.
(115) Parlante A: A che condizioni
comprerai la casa?
Parlante B: SE MI DAI I SOLDI compro la
casa.
(114) contiene una emarginazione o
dislocazione a destra della protasi, mentre in (115) si tratta di una
topicalizzazione della protasi , nelle quali l'accento fecalizza l'elemento in
prima posizione (la sequenza non marcata «dato-nuovo» può essere inoltre
rovesciata anche tramite l'uso delle frasi scisse).
Mentre i costrutti condizionali di tipo
subordinato, con una apodosi sovraordinata che contiene una protasi
subordinata, sono generalmente reversibili (possono cioè presentare la
protasi seguita dall'apodosi, o l'apodosi seguita dalla protasi), i costrutti
condizionali non subordinati, come per esempio quelli «pseudocoordinati», non
risultano reversibili:
(116) a. Alza le mani o / altrimenti /
se no sparo!
b. O / Altrimenti / Se no
sparo, alza le mani!
(117) a. Ripetilo e ti rompo la testa!
b. È ti rompo la testa, ripetilo!
Inoltre, essi non sono neppure simmetrici,
poiché la prima pseudocoordinata, viene interpretata come protasi, e la
seconda come apodosi, ed uno scambio di posizione intorno all'eventuale
operatore di coordinazione produce sequenze semanticamente strane, (118a-b), o
con un significato totalmente diverso, come, partendo da (118c) ipotetico,
(118d) non ipotetico:
(118) a. Sparo o / altrimenti / se no
alza le mani!
b. Ti rompo la testa e ripetilo!
c. Vuoi un gelato? Te lo vado subito a
prendere.
d. Vado subito a prenderti un gelato. Lo
vuoi?
Le versioni subordinate dei costrutti
condizionali pseudocoordinati (v. (52)) appaiono invece reversibili, (119), ma
le sequenze risultano molto più naturali emarginando o dislocando a
destra la protasi (e fecalizzando con un picco intonativo l'apodosi in prima
posizione), (120):
(119) a. Sparo se non alzi le mani.
b. Ti rompo la testa se lo ripeti.
c. Non ti pentirai se mi dai retta.
d. Ti vado subito a prendere un gelato se
lo vuoi.
e. Gli daremo un sacco di botte se cercano
la rissa.
(120) a. SPARO se non alzi le mani.
b. TI ROMPO LA TESTA se lo ripeti,
c. NON TI PENTIRAI se mi dai retta.
d. TI VADO SUBITO A PRENDERE UN GELATO se
lo vuoi.
e. GLI DAREMO UN SACCO DI BOTTE se cercano
la rissa.
Lo statuto sintattico dell'apodosi, che
può essere dichiarativa, interrogativa, o imperativa, non ha nessun
effetto sulla reversibilità dei costrutti condizionali subordinati:
(121) a. Se piovessi uscirei con
l'ombrello.
b. Se avessi vinto alla lotteria, avresti
comprato un'auto nuova?
c. Se vinci alla lotteria, cosa farai con
i soldi?
d. Se hai bisogno di me chiamami a casa.
(122) a. Uscirei con l'ombrello se
piovesse.
b. Avresti comprato un'auto nuova, se
avessi vinto alla lotteria?
c. Cosa farai con i soldi, se vinci alla
lotteria?
d. Chiamami a casa se hai bisogno di me.
Ma non in tutti i periodi ipotetici
subordinati la reversibilità è garantita. Nei costrutti «bi-negativi»,
per avere l'ordine «apodosi-protasi» è necessario emarginare o dislocare
a destra la protasi (e fecalizzare con un picco intonativo l'apodosi):
(123) a. Se tu giochi bene a tennis io
sono Ivan Lendl.
b. Io sono Ivan Lendl se tu giochi bene a
tennis.
c. IO SONO IVAN LENDL se tu giochi bene a
tennis.
La reversione è invece possibile normalmente
con i costrutti simili ai «bi-negativi», con apodosi imperativa o
interrogativa:
(124) a. Se sei un bravo cuoco,
preparami subito un filetto al pepe verde!
b. Preparami subito un filetto al pepe
verde, se sei un bravo cuoco!
(125) a. Se ha preparato per tre mesi
questo esame, perché non sa
rispondere ad una domanda così
semplice?
b. Perché non sa rispondere ad una
domanda così semplice, se ha preparato per tre mesi questo esame?
L'anteposizione dell'apodosi alla protasi
nei costrutti «bi-affermativi» da risultati diversi a seconda del collegamento
logico che si instaura fra i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi.
Se si tratta di semplice correlazione, la reversione da risultati agrammaticali;
emarginando o dislocando a destra la protasi (e fecalizzando con un picco
intonativo l'apodosi) si hanno frasi marginali:
(126) a. Se la situazione nel Golfo
Persico è critica, quella dei campi profughi di Gaza non è certo
allegra.
b. La situazione dei campi profughi di
Gaza non è certo allegra, se quella del Golfo Persico è critica.
c. LA SITUAZIONE DEI CAMPI PROFUGHI DI
GAZA NON È CERTO ALLEGRA, se quella nel Golfo Persico è critica.
Se il costrutto ha interprelazione causale
la reversione è possibile normalmente, ma con i costrutti
«bi-affermativi» ad interpretazione avversativa e concessiva si ha invece
risultato agrammaticale:
(127) a. Se è nevicato
già in ottobre, avete avuto un inverno freddissimo.
b. Se Ugo era adirato, Maria era
tranquilla.
c. Se il parere del Fondo Monetario
Internazionale sulla economia del nostro paese è stato positivo, non
dobbiamo dimenticare la ripresa dell'inflazione.
(128) a. Avete avuto un inverno
freddissimo, se è nevicato già in
ottobre.
b. Maria era tranquilla, se Ugo era
adirato.
c. Non dobbiamo dimenticare la ripresa
dell'inflazione, se il parere del Fondo Monetario Internazionale sull'economia del
nostro paese è stato positivo.
I costrutti simili ai «bi-affermativi»,
che possono collegare solo contenuti proposizionali che abbiano rapporti
causali o finali, non tollerano la reversione:
(129) a. Se Giulio se ne è andato
dopo il primo tempo, è perché
non riusciva proprio a sopportare quel
film.
b. È perché non
riusciva.proprio a sopportare quel film se Giulio se ne è andato dopo il
primo tempo.
La reversione diviene possibile
sostituendo che a se, ma il risultato non è più un
costrutto condizionale dove l'apodosi precede la protasi, bensì una
frase complessa scissa :
(130) È perché non riusciva
proprio a sopportare quel film che Giulio se ne è andato dopo il primo
tempo.
I costrutti in cui la protasi esprime una
condizione non sul contenuto proposizionale dell'apodosi, ma sull'azione
linguistica con essa eseguibile, sono reversibili:
(131) a. Se hai fame, ci sono dei
biscotti nella credenza.
b. Se posso permettermi, hai un gran
bell'aspetto.
c. Se non sono indiscreto, cosa hai fatto
ieri sera? d. Se le mie informazioni sono giuste, Mario ha rifiutato quel
lavoro.
(132) a. Ci sono dei biscotti nella
credenza, se hai fame.
b. Hai un gran bell'aspetto, se posso
permettermi.
c. Cosa hai fatto ieri sera, se non sono
indiscreto?.
d. Mario ha rifiutato quel lavoro, se le
mie informazioni sono giuste.
I costrutti condizionali con omissione di se
danno sequenze agrammaticali cambiando di posizione protasi ed apodosi:
(133) a. «Succedesse a me sarei
rovinato» (V. Pratolini, Lo scialo,
Milano, Mondadori, 1960, p. 387)
b. Arrivassero / Fossero arrivati in tempo
i rinforzi, riusciremmo / saremmo riusciti ad evitare la sconfitta.
(134) a. Sarei rovinato succedesse a
me.
b. Riusciremmo / Saremmo riusciti ad
evitare la sconfitta, arrivassero / fossero arrivati in tempo i rinforzi.
I costrutti introdotti da operatori di
subordinazione «ricchi» risultano reversibili:
(135) a. Qualora il perito ne abbia
avanzato esplicita richiesta, il dibattimento potrà essere rinviato.
b. Quando / Ove / Laddove ricorrano le
condizioni previste dal secondo comma della circolare ministeriale . . ., il
rilascio dei documenti richiesti avverrà entro dieci giorni.
c. Ammesso che / Supposto che / Nel caso
che / Nell'ipotesi che / Nell'eventualità che Giampiero riesca ad
affittare quella casa al mare, passeremo da lui una settimana in luglio.
d. Purché / A patto che / A
condizione che tu mi faccia uno dei tuoi caffè, ti sarò
eternamente grato.
(136) a. Il dibattimento potrà
essere rinviato, qualora il perito ne abbia avanzato esplicita richiesta.
b. Il rilascio dei documenti richiesti
avverrà entro dieci giorni, quando / ove / laddove ricorrano le condizioni
previste dal secondo comma della circolare ministeriale . . .
c. Passeremo da Giampiero una settimana in
luglio, ammesso che / supposto che / nel caso che / nell'ipotesi che / nell'eventualità
che riesca ad affittare quella casa al mare.
d. Ti sarò eternamente grato,
purché / a patto che / a condizione che tu mi faccia uno dei tuoi
caffè.
Anche i costrutti che hanno la protasi con
un modo verbale non finito permettono generalmente l'anteposizione dell'apodosi
alla protasi:
(137) a. Pur di / A patto di / A
condizione di ottenere un lavoro,
sono disposto a trasferirmi in un'altra
città.
b. A dirti la verità, ti trovo
ingrassato.
c. Arrivando in tempo, non avremmo perso
il treno.
d. (Se) Preso in tempo, un raffreddore si
cura in tre giorni.
(138) a. Sono disposto a trasferirmi in
un'altra città, pur di / a patto di / a condizione di ottenere un
lavoro.
b. Ti trovo ingrassato, a dirti la
verità.
c. Non avremmo perso il treno, arrivando
in tempo.
d. Un raffreddore si cura in tre giorni,
(se) preso in tempo.
In alcuni casi la protasi posposta all'apodosi
è separata da una pausa più lunga, e pronunciata con un rilievo
prosodico maggiore: il risultato è una proposizione che più che
«condizionare» il contenuto proposizionale dell'apodosi, sembra indurre dubbi
sulla sua certezza. Oltre a se, gli operatori di subordinazione
più frequenti in questi casi sono ammesso che, purché, ed a
patto che:
(139) Domenica andremo a sciare. Se non fa
brutto tempo.
(140) Domenica andremo a sciare. Ammesso
che / Purché / A patto che non faccia brutto tempo.
Queste protasi posposte sono assimilabili
a proposizioni indipendenti; esse possono anche essere enunciate da un parlante
diverso da quello che enuncia l'apodosi (che a questo punto è una frase
semplice):
(141) a. Parlante A: Domenica andremo a
sciare.
b. Parlante B: Se non fa brutto tempo.
c. Ammesso che / Purché / A patto
che non faccia brutto tempo.
m) Apodosi accompagnate da
«allora»
I diversi tipi di periodi ipotetici
subordinati esemplificati finora presentano operatori di subordinazione che
introducono la protasi, ma sono privi di elementi di collegamento o di ripresa
nell'apodosi (fanno eccezione i costrutti «bi-affermativi» con elementi di
rinforzo: v. le frasi (73) e (74)). D'altronde una delle tradizionali
schematizzazioni del rapporto semantico ipoteticocondizionale, di origine
logica, vede l'apodosi accompagnata facoltativamente da allora: «se p,
(allora) q». L'inserimento di allora nell'apodosi non è
però possibile in tutti i tipi di costrutti condizionali. Generalmente
è possibile nei casi in cui fra i contenuti proposizionali di protasi ed
apodosi esiste o può essere instaurato un rapporto di
«condizione-conseguenza»:
(142) a. Se domenica ci sarà bel
tempo, allora andremo a sciare.
b. Se fossi un marziano, allora avrei le
orecchie verdi.
c. Se non foste arrivati in ritardo,
allora non avreste perso il treno.
L'inserimento di allora da
risultati grammaticali anche nel caso delle versioni subordinate dei costrutti
condizionali pseudocoordinati, mentre per i costrutti pseudocoordinati veri e
propri tale inserimento è possibile solo quando la protasi è
realizzata da una frase interrogativa:
(143) a. Se non alzi le mani, allora
sparo.
b. Se lo ripeti, allora ti rompo la testa.
c. Se mi dai retta, allora non ti
pentirai.
(144) a. Alza le mani o / altrimenti /
se no (allora) sparo!
b. Ripetilo e (allora) ti rompo la testa!
c. Vuoi un gelato? Allora te lo vado
subito a prendere.
Nel caso di apodosi interrogative
l'inserimento di allora rende il costrutto marginale, mentre esso
è compatibile con apodosi imperative, sia nella versione subordinata
sia in quella pseudocoordinata:
(145) a. Se avessi vinto alla
lotteria, ('allora) avresti comprato
un'auto nuova?
b. Se vincessi alla lotteria, ('allora)
cosa faresti con i soldi?
(146) a. Se hai bisogno di me, allora
chiamami a casa.
b. Hai bisogno di me? Allora chiamami a
casa.
Nei costrutti «bi-negativi» l'inserimento
di allora è generalmente possibile, mentre con i costrutti «bi-affermativi»
il risultato è di solito agrammaticale:
(147) a. Se tu giochi bene a tennis,
allora io sono Ivan Lendl.
b. Se sei un bravo cuoco, allora preparami
subito un filetto
al pepe verde!
c. Se ha preparato per tre mesi questo
esame, allora perché non sa rispondere ad una domanda così
semplice?
(148) a. Se la situazione nel Golfo
Persico è critica, (allora) quella del campi profughi di Gaza non
è certo allegra.
b. Se il parere del Fondo Monetario
Internazionale sulla economia del nostro paese è stato positivo, (allora)
non dobbiamo dimenticare la ripresa dell'inflazione.
c. Se Giulio se ne è andato dopo il
primo tempo, C'alierà) è perché non riusciva proprio a
sopportare quel film.
d. Se Ugo era adirato, (allora) Maria era
tranquilla.
e. Se è nevicato già in
ottobre, allora avete avuto un inverno freddissimo.
Nei periodi ipotetici in cui il contenuto
proposizionale della protasi condiziona non il contenuto proposizionale
dell'apodosi ma l'azione linguistica con essa eseguibile, l'inserimento di allora
da risultati marginali o agrammaticali:
(149) a. Se hai fame, (allora) ci sono
dei biscotti nella credenza.
b. Se posso permettermi, (allora) hai un
gran bell'aspetto.
La presenza di allora è
possibile nei costrutti con omissione di se, come anche con alcuni
operatori di subordinazione lessicalmente «ricchi»:
(150) a. Arrivassero / Fossero arrivati
in tempo i rinforzi, allora
riusciremmo / saremmo riusciti ad evitare
la sconfitta.
b. Qualora / Ove / Laddove ricorrano le
condizioni previste dal secondo comma della circolare ministeriale, allora il
rilascio dei documenti richiesti avverrà entro dieci giorni.
c. Ammesso che / Supposto che / Nel caso
che / Nell'ipotesi che / Nell'eventualità che Giampiero riesca ad
affittare quella casa al mare, allora passeremo da lui una settimana in luglio.
Con altri operatori di subordinazione
lessicalmente «ricchi» l'inserimento di allora da invece risultati
agrammaticali, che si ripetono per le varianti degli stessi operatori che
introducono protasi con modi verbali non finiti:
(151) a. Purché / A patto che /
A condizione che tu mi faccia uno dei
tuoi caffè, (allora) ti sarò
eternamente grato.
b. Pur di / A patto di / A condizione di
ottenere un lavoro, (allora) sono disposto a trasferirmi in un'altra
città.
Le protasi con modi verbali non finiti
danno comunque in genere risultati inaccettabili se combinate con apodosi
accompagnate da allora:
(152) a. A dirti la verità, (allora)
ti trovo ingrassato.
b. A darmi retta, (allora) ti troveresti
meglio.
c. Mangiando molto, (allora) ingrasserei.
d. (Se) Preso in tempo, (allora) un
raffreddore si cura in tre giorni.
I costrutti la cui apodosi è
accompagnata da allora non sono reversibili, se allora viene
interpretato come legato a se:
(153) a. (Allora) Andremo a sciare, se
domenica ci sarà bel tempo.
b. (Allora) Sparo, se non alzi le mani.
c. (Allora) Chiamami a casa, se hai
bisogno di me!
d. (Allora) Preparami subito un filetto al
pepe verde, se sei un bravo cuoco!
e. (Allora) Avete avuto un inverno
freddissimo, se è nevicato già in ottobre.
f. (Allora) Passeremo da Giampiero una
settimana in luglio, ammesso che / supposto che / nel caso che / nell'ipotesi
che / nell'eventualità che riesca ad affittare quella casa al mare.
Le sequenze esemplificate in (153) sono
accettabili anche con allora, purché tale avverbio venga
interpretato non come elemento che collega l'apodosi alla protasi del costrutto
condizionale, ma l'intero costrutto condizionale ad un eventuale contesto
linguistico precedente:
(154) a. Ci sono tre voti per il mare,
e otto voti per la montagna: allora I
andremo a sciare, se domenica ci
sarà bel tempo.
b. Te l'ho già detto due volte con
le buone: (adesso) allora sparo,
se non alzi le mani.
c. Non ti fare problemi, io non mi muovo
tutto il giorno: siamo
d'accordo? Allora chiamami a casa, se hai
bisogno di me! ecc.
2. Le frasi concessive
Per «frasi concessive» si intendono
diversi tipi di proposizioni subordinate, che pur instaurando con le
proposizioni sovraordinate da cui dipendono rapporti dai significati simili,
sono caratterizzate da differenze semantiche e sintattiche. Nei prossimi
paragrafi saranno distinti, e trattati separatamente, tre tipi di frasi
concessive: le proposizioni concessive fattuali , le proposizioni condizionali
concessive, e le proposizioni a-condizionali .
L'insieme di una proposizione subordinata
concessiva e della proposizione sovraordinata da cui questa dipende costituisce
una frase complessa, che chiameremo «costrutto concessivo»; parleremo quindi
di costrutti concessivi fattuali, costrutti condizionali concessivi, e
costrutti a-condizionali, esemplificati rispettivamente in (1), (2) e (3):
(1) Benché piovesse, Antonio
è uscito senza ombrello.
(2) Anche se piovesse, Antonio uscirebbe
senza ombrello.
(3) a. Che ti piaccia o no, stasera
andrò al cinema.
b. Ovunque vada, Ugo
troverà degli amici.
a) Semantica del costrutto
concessivo fattuale
Quando un parlante enuncia una frase
complessa come (1), mostra di ritenere che fra il «tipo di evento» presentato
dalla proposizione subordinata e quello presentato dalla proposizione sovraordinata
esista un contrasto: non ci si aspetta che in caso di pioggia la gente esca
senza ombrello. Questa aspettativa è esprimibile tramite un costrutto
condizionale, con una negazione sulla parte rilevante dell'apodosi:
(4) Normalmente se piove non si
esce senza ombrello.
Inoltre, sempre enunciando una frase come
(1), il parlante mostra di ritenere che in un momento cronologicamente precedente
il momento dell'enunciazione stava piovendo, e che in quel momento Antonio
è uscito senza ombrello: l'interlocutore assume di conseguenza che i
contenuti proposizionali della subordinata e della sovraordinata siano entrambi
«veri». Questa seconda parte del significato di un costrutto concessivo
fattuale è esprimibile tramite una «congiunzione», cioè tramite
una costruzione coordinata con e :
(5) Pioveva e Antonio è uscito
senza ombrello.
In questo senso (1) e (5) sono parziali
parafrasi l'una dell'altra poiché entrambe sarebbero considerate
«menzogne» sia nel caso che «non» fosse piovuto sia nel caso che Antonio «non»
fosse uscito senza ombrello: per la «verità» di costrutti del tipo di
(1) e (5) è necessaria sia la verità del contenuto proposizionale
della subordinata sia la verità del contenuto proposizionale della
sovraordinata (o, nel caso di (5), della prima e della seconda coordinata). In
termini tecnici, si dice che i contenuti delle due proposizioni sono
«implicitati»dall'enunciazione del costrutto.
Il valore semantico dei costrutti
concessivi fattuali è dato dalla combinazione dei due aspetti citati, e
può essere rappresentato con lo schema riportato in (6), nel quale con
«p» e «q» sono rispettivamente simbolizzati i contenuti proposizionali della
subordinata e della sovraordinata, e con «Pi»
e «q,» sono simbolizzati i «tipi di evento» presentati rispettivamente
dalla subordinata e dalla sovraordinata:
(6) «benché p, q» = «se p i, non qi»
E «pvero E qvero»
II contrasto soggiacente ad un costrutto
concessivo fattuale (rappresentato nello schema dalla formula «se pi, non qi»)
viene instaurato proprio fra i «tipi di evento», e non, più
semplicemente, fra gli stessi contenuti proposizionali espressi. Se questo
fosse il caso, l'aspettativa innescata da (1) dovrebbe essere espressa da (7):
(7) Normalmente se piove Antonio non esce
senza ombrello.
Ma la frase (1) può essere
enunciata senza creare anomalie semantiche in un universo di discorso nel quale
«Antonio esce notoriamente senza ombrello, che piova o che non piova»; tale
universo di discorso può anche essere trasformato in un contesto
linguistico, che aggiunto ad (1) permette di ottenere una sequenza
perfettamente accettabile:
(8) Benché piovesse, Antonio
è uscito senza ombrello, perché lui fa sempre così:
è un'abitudine acquisita da ragazzo.
Va sottolineato anche il fatto che il
contrasto fra i «tipi di evento» non deve necessariamente essere «presupposto
pragmaticamente», cioè far parte delle conoscenze comuni condivise. I
«tipi di evento» presentati in (9), per esempio, sono ben lungi dall'essere
normalmente considerati in contrasto, ma l'inserimento in un costrutto
concessivo fattuale «crea» l'effetto di contrasto (per questa come per
qualsiasi altra coppia di contenuti proposizionali), e così chiunque
enunci (9) mostra di ritenere vero (10):
(9) Benché Verdi sia ingegnere,
è una persona onesta.
(10) Normalmente se un uomo è
ingegnere non è onesto.
Negli esempi utilizzati finora i «tipi di
evento» presentati dalle due proposizioni si pongono in diretto contrasto l'uno
con l'altro, ma è possibile trovare costrutti concessivi fattuali nei
quali i «tipi di evento» presentati non sono di per sé affatto in
contrasto, come per esempio in (11), immaginato nel contesto del mercato
calcistico:
(11) Anche se Rossi è un grande
centromediano, è veramente molto caro.
Infatti il costrutto condizionale (12),
che esprime l'aspettativa soggiacente ad (11), ci appare patentemente falso,
poiché, se un giocatore di calcio è molto bravo, di norma
sarà anche molto caro:
(12) Normalmente se un giocatore
è molto bravo, non è molto caro.
Anche in questo caso però il
contrasto esiste; non è un contrasto «diretto» fra i tipi di evento
presentati dalle due proposizioni, ma è un contrasto «indiretto» fra le
conclusioni che a livello argomentativo si possono trarre dai due contenuti
proposizionali in un determinato contesto: l'alto valore sportivo del
calciatore è un argomento a favore del suo acquisto da parte di
una squadra, mentre il suo prezzo molto alto può essere un argomento a
sfavore, per esempio in connessione con eventuali difficoltà finanziarie
o con criteri morali.
La differenza tra contrasto
«diretto» e contrasto «indiretto» (che è simile, anche se non identica,
alla differenza esistente tra frasi avversative controaspettative e valoristiche
non dipende però unicamente dai contenuti proposizionali espressi o dai
tipi di evento presentati in un costrutto: esistono infatti frasi identiche che
possono assumere l'una o l'altra interpretazione al variare dell'universo del
discorso. Per esempio, una frase come (13) è facilmente interpretabile
come configurante un contrasto «indiretto», dove l'intelligenza è un
argomento a favore di brillanti risultati scolastici, e la mancanza di studio
è un controargomento; ma se uno ritiene che le persone intelligenti
devono sapere che studiare è doveroso e conveniente, allora
l'intelligenza e la mancanza di studio contrastano direttamente:
(13) Anche se mio figlio è
intelligente, non studia.
Una frase come (14), invece, è
più facilmente interpretabile come configurante un contrasto «diretto»:
qualcuno ritiene i francesi intelligenti, e si trova di fronte ad un
controesempio, un francese stupido! Ma (14) è anche interpretabile con
un contrasto «indiretto»; per esempio, qualcuno sa che Maria vuole sposare un
francese, e sa anche che le piacerebbe sposare un ragazzo intelligente: la
«francesità» di Pierre è un argomento favorevole al suo eventuale
matrimonio con Maria, ma la sua stupidità è un argomento
decisamente sfavorevole a tale fausto evento:
(14) Anche se è francese, Pierre
è stupido.
La differenza fra contrasto diretto e
contrasto indiretto è quindi un problema di interpretazione semantica
controllata anche a livello pragmatico, poiché concerne il significato
di un costrutto non solo in rapporto ai contenuti proposizionali espressi ed
all'operatore che li collega (in questo caso concessivo fattuale), ma anche in
rapporto a diversi possibili contesti ed universi di discorso.
In quanto segue utilizzeremo
indifferentemente esempi di costrutti concessivi fattuali interpretabili in
entrambi i modi, segnalando i casi particolari nei quali l'una o l'altra
interpretazione interagiscono in modo significativo con altre caratteristiche
sotto esame.
b) Sintassi del costrutto
concessivo fattuale
I costrutti concessivi fattuali possono
avere la proposizione subordinata introdotta da un operatore di subordinazione
che porta sull'intera frase, come in (1), o da un operatore di subordinazione
che si articola in modo particolare su una delle categorie sintattiche presenti
nella frase, come in (15):
(15) a. Per ricco che sia, Enrico non
potrà mantenerci tutti per un
anno intero.
b. Alto com'è, Giorgio non è
riuscito a segnare un solo canestro.
c) Operatori di subordinazione
proposizionali
L'operatore di subordinazione concessivo anche
se introduce normalmente proposizioni subordinate all'indicativo:
(16) a. Anche se piove, esco /
uscirò senza ombrello.
b. Anche se sta piovendo, esco /
uscirò senza ombrello.
c. Anche se stasera andrò a cena
fuori, non ho proprio voglia
di preoccuparmi del vestito.
d. Anche se eravamo in pieno inverno, la
temperatura non era
rigida.
e. Anche se è nevicato a lungo, le
strade sono pulite.
f. Anche se eri in ritardo, abbiamo
deciso di aspettarti.
g. Anche se c'era un tempo da lupi,
Riccardo volle uscire in
piena notte per cercarti.
Va notato che (16a) può essere
interpretato sia come costrutto concessivo fattuale, se il presente è
considerato «deittico», sia come costrutto condizionale concessivo, se il
presente ha valore «generico»; (16b) invece può essere solo un
concessivo fattuale, poiché sta piovendo ha solo valore deittico.
Anche se introduce, sia pur raramente, anche
subordinate al congiuntivo, di stile alto, letterario:
(17) a. «Altri inconvenienti sono
connessi al rito del breakfast che qui è sempre molto importante anche
se le materie prime che le compongono si siano di molto rarefatte» (E. Montale,
Fuori di casa, Milano, Mondadori, 1976, p. 38)
b. «Anche se per ora il servizio sia
limitato e costoso e nessuno rischi di trovare una macchina in agguato nella
propria camera . . . resta il fatto che la 'presa' dell'arrivo di un battello
a Calais . . . può mettere in luce cose, fatti, incontri»
Lo stesso sapore elevato hanno le
subordinate concessive fattuali introdotte da se anche, generalmente
all'indicativo, raramente al congiuntivo, e da pure se e se pure, sempre
all'indicativo:
(18) a. Se anche solitamente non ci
muoviamo da casa durante il fine settimana, per una volta possiamo ben fare uno
sforzo.
b. «Lo stile del Tommaseo s'eleva
all'altezza d'una vera opera d'arte ed ha un'impronta sua propria originale (.
. .), se anche tradisca a volte la troppa ricercatezza» (A. Mussafia, La
letteratura italiana della Dalmazia, «II Dalmata» 1892, n. 45)
c. Pure se si tratta di un risultato un
po' stentato, bisogna ammettere che è sempre meglio di quanto si
otteneva precedentemente.
d. Se pure ci troviamo di fronte ad un
caso pietoso, sapete bene che il nostro incarico non ci permette eccezioni.
Oltre ad anche se, si trovano benché,
sebbene, malgrado (che), nonostante (che), e, di stile lievemente
più alto, quantunque, per quanto, ancorché e seppure, che
introducono tutti subordinate al congiuntivo:
(19) a. Benché / Sebbene sia
molto alto, Giorgio non è riuscito a segnare un solo canestro.
b. Malgrado (che) / Nonostante (che) i
prezzi fossero saliti, il negozio all'angolo era ancora conveniente.
c. Quantunque / Per quanto l'onorevole fosse
molto in ritardo, decidemmo di aspettarlo per evitargli eventuali spiacevoli
incontri.
d. Ancorché / Seppure quell'anno
l'inverno fosse giunto molto presto, nel fondovalle la temperatura non era
rigida, e si potevano ancora fare lunghe passeggiate.
Seppure e se pure sono omofoni in alcune
parti d'Italia, ma non vanno confusi, poiché se pure introduce
subordinate concessive fattuali all'indicativo (v. (18d)) e subordinate
condizionali concessive con la concordanza del periodo ipotetico, mentre seppure
introduce solo subordinate concessive fattuali al congiuntivo, come in
(19d).
Diversamente dagli altri operatori di
subordinazione citati, nonostante (che) e malgrado (che) si
combinano difficilmente con costrutti nei quali il rapporto tra i due contenuti
proposizionali espressi, o tra i due «tipi di evento» presentati, sia
interpretabile solo come contrasto «indiretto»:
(20) "Nonostante (che) /
"Malgrado (che) Rossi sia un grande centromediano, è veramente
molto caro.
Inoltre, insieme a benché e sebbene,
compaiono nell'italiano substandard introducendo subordinate
all'indicativo, ed in queste frasi, che sono considerate agrammaticali
nell'italiano standard, il che non può essere omesso:
(21) a. Benché / Sebbene Giorgio
è molto alto, non è riuscito a segnare
un solo canestro.
b. Malgrado (che) / Nonostante (che) i
prezzi sono saliti, il negozio all'angolo è ancora conveniente.
Tramite l'utilizzo della struttura «per X
che F (con verbo al congiuntivo)» si costruiscono proposizioni concessive fattuali
articolate in genere su elementi aggettivali:
(22) a. Per poche che fossero le sue
pretese, mantenerlo per un periodo così lungo non sarebbe certo stato
uno scherzo.
b. Per ingiusta che questa decisione
potesse sembrare agli occhi di molti, in un caso del genere era l'unica
soluzione possibile.
Una struttura come «X come / quanto
F (con verbo all'indicativo)» può invece essere utilizzata per costruire
una subordinata concessiva fattuale articolata su un elemento aggettivale o
avverbiale:
(23) a. Alto com'è /
quant'è, Giorgio non è riuscito a segnare un
solo canestro.
b. Intelligente come dici di essere, ti
scappano un po' troppe
sciocchezze in questo periodo!
c. Tardi com'era, ha voluto a tutti i costi
andare a fare un giro lungo il fiume.
Non necessariamente però tale
struttura innesca una lettura concessiva fattuale, come si vede confrontando
(24a) con la sua parafrasi concessiva fattuale (24b), che è
semanticamente anomala, e con la sua parafrasi causale (24c), che invece
è perfettamente accettabile:
(24) a. Ubriaco com'ero, non sono
riuscito neppure a trovare il buco della serratura.
b. Anche se ero molto ubriaco, non sono
riuscito neppure a trovare il buco della serratura.
c. Siccome ero molto ubriaco, non sono
riuscito neppure a trovare il buco della serratura.
Anche l'uso dell'operatore per quanto permette
la costruzione di subordinate concessive (con verbo al congiuntivo) articolate
su elementi avverbiali o aggettivali:
(25) a. Per quanto tardi fossero giunti
gli aiuti del ministero, erano comunque sempre meglio di niente.
b. Per quanto veloci sembrassero i nostri
ragazzi, gli elementi del gruppo avversario arrivavano sempre con almeno tre
secondi di vantaggio.
Da segnalare che un significato molto
simile si può esprimere con proposizioni subordinate concessive in cui
l'operatore per quanto non si articola su un elemento aggettivale o
avverbiale, ma sulla intera proposizione subordinata, come per esempio nella
frase in (19c); in questi casi per quanto equivale grosso modo a benché:
(26) Per quanto / Benché gli aiuti
del ministero fossero giunti tardi, erano comunque sempre meglio di niente.
(27) Per quanto / Benché i nostri
ragazzi sembrassero veloci, gli elementi del gruppo avversario arrivavano
sempre con almeno tre secondi di vantaggio.
d) Semantica del costrutto
condizionale concessivo
II significato di un costrutto concessivo
fattuale ha un duplice aspetto: fra il «tipo di evento» presentato dalla
proposizione subordinata (p;) e quello presentato dalla sovraordinata
(q;) viene instaurato un rapporto di contrasto (dato l'uno, non ci
si aspetta l'altro); i contenuti proposizionali della subordinata e della
sovraordinata (rispettivamente p e q) sono «implicitati»: la loro verità
è necessaria perché l'intero costrutto sia «vero». Questo duplice
valore semantico è già stato rappresentato nello schema (6).
I costrutti condizionali concessivi
condividono con i concessivi fattuali il primo aspetto, secondo cui fra il tipo
di evento presentato dalla proposizione subordinata e quello presentato dalla
sovraordinata viene instaurato un rapporto di contrasto; lo si vede bene confrontando
(1), concessivo fattuale, (Benché piovesse, Antonio è uscito
senza ombrello) con (2), condizionale concessivo (Anche se piovesse,
Antonio uscirebbe senza ombrello).
Anche per i costrutti condizionali
concessivi vale la distinzione fra contrasto «diretto» e contrasto
«indiretto», e valgono le considerazioni pragmatiche ; perciò sono
possibili sia condizionali concessivi come (2), con contrasto diretto, sia
condizionali concessivi come (28), con contrasto indiretto:
(28) Anche se Rossi fosse un grande
centromediano, sarebbe veramente molto caro.
Ma, a differenza dei concessivi fattuali,
l'enunciazione di un condizionale concessivo non implicita la verità
dei contenuti proposizionali della subordinata e della sovraordinata;
(2) significa che in caso di pioggia, come in altri casi (per esempio di
non-pioggia), Antonio uscirebbe senza ombrello: il contenuto proposizionale
della sovraordinata deve essere vero perché l'intero costrutto risulti
vero, ma il contenuto proposizionale della subordinata può essere vero o
falso.
Questo secondo aspetto del significato di
un costrutto condizionale concessivo, che rappresentiamo con lo schema
riportato in (29), deriva dall'interazione della semantica del costrutto
condizionale con il significato di anche , per cui definiamo un
costrutto condizionale concessivo come il risultato dell'inserimento di un
elemento lessicale del tipo di anche in un costrutto condizionale:
(29) «anche Se p, q» —
«Pvero E qvero» O «pFalso E qVero»
II significato di anche agisce
sulla semantica del costrutto condizionale nel modo seguente: una struttura
del tipo «se p, q» indica che data la verità di p deve seguirne la verità
di q, ovvero che p e q debbono essere veri non indipendentemente ma insieme; a
ciò si aggiunge la «inferenza sollecitata», rappresentabile con «se
non-p, non-q», secondo cui data la falsità di p deve seguirne la
falsità di q. Quest'ultima clausola è normale ma non
indispensabile per i costrutti condizionali, ma necessaria per la semantica dei
costrutti «bi-condizionali» , rappresentabili con la ; struttura «solo se p,
q». Il significato di anche si oppone al significato di solo, e
«sospende» l'inferenza sollecitata: «anche se p, q» equivale a «se p, q» ed a
«se non-p, q» (come già detto sopra, la verità del contenuto
proposizionale della sovraordinata, q, è necessaria per la verità
dell'intero costrutto, mentre il contenuto proposizionale della subordinata,
p, può essere vero o falso).
È importante però che anche
si applichi all'intera proposizione subordinata del costrutto
condizionale, e non solo ad un qualche suo elemento, come per esempio nel
costrutto (30):
(30) Anche se bevi solo un goccio di alcol
sul lavoro, il principale ti licenzierà.
Il significato intuitivo di (30) è
che una infrazione seppur minima al divieto di bere alcol sul lavoro
avrà come conseguenza il licenziamento da parte del principale: anche
non si applica all'intera proposizione subordinata, ma solo a solo un
goccio di, come si vede più chiaramente da (31), perfettamente
equivalente a (30):
(31) Se bevi anche solo un goccio di alcol
sul lavoro, il principale ti licenzierà.
Quindi (30), pur superficialmente identico
a (2), non è un costrutto condizionale concessivo, ma un costrutto
condizionale di cui anche modifica un elemento, e significa «se bevi
(moltissimo / molto / non molto / poco / pochissimo I ... I solo un
goccio di) alcol sul lavoro, il principale ti licenzierà»; in quanto
costrutto condizionale poi può innescare (cosa che è impossibile
per un condizionale concessivo) l'inferenza sollecitata, espressa in
(32):
(32) Se non bevi (neanche solo un
goccio di) alcol sul lavoro, il principale non ti licenzierà.
e) Sintassi del costrutto
condizionale concessivo
Poiché i costrutti condizionali
concessivi risultano dall'inserimento di un elemento lessicale del tipo di anche
in una struttura condizionale, la loro concordanza dei modi e dei Tempi
corrisponde a quella dei costrutti condizionali. Come si è visto,
l'italiano contemporaneo presenta un sistema standard di concordanza,
affiancato da una variante colloquiale in via di espansione anche in livelli
più alti, e da un sistema «substandard», tipico solamente di alcune
varietà più basse.
Nel primo sistema, nella subordinata e
nella sovraordinata si trovano rispettivamente indicativo e indicativo, come
in (33a), congiuntivo imperfetto e condizionale semplice, come in (33b), e
congiuntivo piuccheperfetto e condizionale composto, come in (33c):
(33) a. Anche se studio di più,
non imparerò niente.
b. Anche se studiassi di più, non
imparerei niente.
c. Anche se avessi studiato di più,
non avrei imparato niente.
La variante colloquiale del sistema
standard, che, come ricordato, si sta però diffondendo verso l'alto,
prevede la possibilità che l'indicativo imperfetto sostituisca il
congiuntivo piuccheperfetto nella subordinata e / o il condizionale composto
nella sovraordinata, come in (34):
(34) a. Anche se studiavo di più,
non avrei imparato niente.
b. Anche se studiavo di più, non
imparavo niente.
c. Anche se avessi studiato di
più, non imparavo niente.
Nel sistema «substandard», invece dei modi
congiuntivo e condizionale appare costantemente l'imperfetto dell'indicativo,
così che (35a) corrisponde all'incirca a (33a) (ma a volte anche a
(33b)), mentre (35b) corrisponde all'incirca a (33b-c) (anche questo sistema
è in realtà più complesso di quanto appaia da questa sintetica
presentazione:
(35) a. Anche se studio di più,
non imparerò niente.
b. Anche se studiavo di più, non
imparavo niente.
Una serie di altre combinazioni è
dovuta all'interferenza tra il sistema dell'italiano standard, che prevede
congiuntivo nelle subordinate e condizionale nelle sovraordinate, ed alcuni
usi dialettali, caratterizzati da sistemi «simmetrici» che prevedono o
congiuntivo nella subordinata e nella sovraordinata, o condizionale nella
subordinata e nella sovraordinata. Questi usi sono inaccettabili, decisamente
substandard, ma attestati:
(36) a. Anche se potessi, non facessi
nulla per te.
b. Anche sei potrei, non farei nulla per
te.
f) Subordinate condizionali
concessive introdotte da «anche se»
L'operatore di subordinazione condizionale
concessivo anche se permette diverse combinazioni di tempi nella
subordinata e nella sovraordinata, con la concordanza all'indicativo:
(37) a. Anche se piove, esco /
uscirò senza ombrello. (= 16a)
b. Anche se domenica ci sarà
(sicuramente) bel tempo, non
potremo andare a sciare: ho del lavoro da
finire.
c. Anche se (per caso) ti sei ricordato
di riportarmi quel libro che ti avevo prestato, questa settimana non
riuscirò a leggerlo perché mi si sono rotti gli occhiali.
Come già segnalato, (37a)
può essere interpretato sia come condizionale concessivo, con il
contenuto proposizionale della subordinata vero o falso (se il presente ha
valore «generico»), sia come concessivo fattuale, con il contenuto
proposizionale della subordinata vero (se il presente ha valore «deittico»).
(37b), invece, assume molto difficilmente l'interpretazione di concessivo
fattuale: anche l'inserimento di sicuramente non riesce a conferire la
certezza della verità al contenuto proposizionale della subordinata, che
è proiettato nel futuro. (37c), al passato, è interpretabile come
condizionale concessivo grazie all'aggiunta di per caso, che favorisce
una interpretazione dubitativa; ma normalmente costrutti introdotti da anche
se con i Tempi passati dell'indicativo vengono interpretati come concessivi
fattuali:
(38) a. Anche se hai comprato il
giornale, non riuscirò a leggerlo
(perché mi si sono rotti gli
occhiali).
b. Anche se ti sei ricordato di portare la
carbonella, non possiamo preparare la grigliata (perché piove).
Queste caratteristiche dei costrutti
introdotti da anche se fanno pensare che tale operatore di
subordinazione «neutralizzi» l'opposizione tra concessivi fattuali e
condizionali concessivi, o che i costrutti concessivi fattuali introdotti da anche
se siano la versione «bi-affermativa» dei corrispondenti costrutti
condizionali concessivi (una eventuale versione «bi-negativa», che
comporterebbe la falsità dei contenuti proposizionali della subordinata
e della sovraordinata, è esclusa a priori dalla definizione semantica ,
che prevede la necessaria verità di q, il contenuto proposizionale
della sovraordinata).
Quando anche se si combina con
l'imperfetto indicativo nella subordinata e nella sovraordinata (non si
confondano però questi costrutti con quelli formalmente identici ma
appartenenti o alla variante colloquiale dell'italiano standard, o al sistema
substandard: v. rispettivamente le frasi (34b) e (35b)), l'interpretazione condizionale
concessiva è di nuovo possibile; si confronti (39a), che può
avere una lettura fattuale ed una ipotetica (quella parafrasata tra parentesi),
con (39b), che per la presenza dell'operatore di subordinazione sebbene è
solo concessivo fattuale:
(39) a. Durante quella lunga vacanza in
collina uscivamo sempre senza ombrello, anche se pioveva.
(«a volte pioveva, a volte no: quando
pioveva uscivamo comunque senza ombrello»)
b. Durante quella lunga vacanza in collina
uscivamo sempre senza ombrello, sebbene piovesse. («è piovuto, e siamo
comunque usciti senza ombrello»)
Come per i costrutti concessivi fattuali, anche
se introduce condizionali concessivi di stile alto, letterario, con la
subordinata al congiuntivo invece che all'indicativo:
(40) «Squattrinato come tutti i veri poeti
(e tale lo si considera anche se egli non scriva versi) la sua principale
professione è quella di Ospite» (E. Montale, farfalla di Dinard, Milano,
Monda-dori, 1976, p. 79)
Anche se condizionale concessivo prevede la
combinazione di congiuntivo imperfetto e condizionale semplice, e di
congiuntivo piuccheperfetto e condizionale composto, come in (41a, b), ma nel
caso si voglia sottolineare la «distanza» cronologica tra i contenuti espressi
dalle due proposizioni, in una dirczione o nell'altra, si combinano congiuntivo
piuccheperfetto e condizionale semplice, come in (4le), o congiuntivo
imperfetto e condizionale composto, come in (41d):
(41) a. Anche se rinascessi, non vorrei
cambiare tipo di vita.
b. Anche se fossi stato promosso a giugno,
non avrei potuto andare in vacanza.
c. Anche se quell'edificio fosse stato
venduto, nell'archivio del catasto non ne troveremmo traccia, poiché le
registrazioni di quell'anno sono finite bruciate in un incendio.
d. Anche se Enrico fosse a casa, non
avrebbe risposto al telefono: in questo periodo non vuole essere disturbato.
Come per i costrutti condizionali , anche
per i condizionali concessivi l'uso della concordanza all'indicativo piuttosto
che al congiuntivo-condizionale indica diversi gradi di «probabilità»
dei contenuti proposizionali espressi; ma a differenza dei costrutti condizionali
la «possibile verità» (segnalata dall'indicativo) o «possibile
falsità» (segnalata dal congiuntivo più condizionale) riguarda solo
il contenuto proposizionale della subordinata, p:
(42) a. Anche se studio di più,
non imparerò niente. (= 33a)
b. Anche se studiassi di più, non
imparerei niente. (= 33b)
Se un costrutto viene inserito in un
discorso indiretto al passato (e gli avvenimenti citati sono già
avvenuti al momento dell'enunciazione) la concordanza dei modi e dei Tempi
prevede solo la combinazione «congiuntivo piuccheperfetto + condizionale
composto», indipendentemente dalla forma che il costrutto potrebbe avere nella
corrispondente versione in discorso diretto. Così la «scelta» di modi e
tempi di (43d), obbligata dalla concordanza del discorso indiretto,
«neutralizza» completamente le differenze semantiche sia modali sia temporali
esistenti nei condizionali concessivi presenti in (43a-c):
(43) a. Aldo mi ha detto: «Ti offro /
offrirò una cena anche se XY perde / perderà la carica di sindaco».
b. Aldo mi ha detto: «Ti offrirei una cena
anche se XY perdesse la carica di sindaco».
c. Aldo mi ha detto: «Ti avrei offerto una
cena anche se XY avesse perso la carica di sindaco».
d. Aldo mi ha detto che mi avrebbe offerto
una cena anche se XY avesse perso la carica di sindaco.
Anche per i costrutti condizionali
concessivi, come per i costrutti condizionali, è possibile la
concordanza mista fra indicativo e congiuntivo-condizionale:
(44) a. Anche se non ti interessa
personalmente la partecipazione a quella gara, dovresti farlo per amicizia nei
confronti di Carlo: potrebbe avere bisogno di te durante la prova.
b. Anche se non ti interessasse
personalmente la partecipazione a quella gara, devi farlo per amicizia nei
confronti di Carlo: può avere bisogno di te durante la prova.
Oltre ad anche se esistono altri
operatori di subordinazione con significato condizionale concessivo. Di questi,
alcuni possono introdurre sia condizionali concessivi sia concessivi fattuali,
come anche se: sono se anche, pure se e se pure:
(45) a. Se anche studiassi di
più, non imparerei niente.
b. Se anche avessi studiato di più,
non avrei imparato nulla.
(46) a. Pure se fosse il re di tutta Europa,
non gli vorrei ubbidire.
b. Pure se fossimo stati in condizioni economiche
disperate, non avremmo accettato volentieri un aiuto che arrivava da un
avversario tradizionale della nostra famiglia.
(47) a. Se pure ci capitasse di ricadere
nello stesso errore già commesso una volta, saremmo in grado di
rimediare con meno fatica grazie all'esperienza compiuta.
b. Non mi credette: e se pure mi avesse
creduto, il mio intervento non sarebbe valso a farle cambiare opinione.
Si ricordi che se pure e seppure,
omofoni in alcune parti d'Italia, non sono da confondere, poiché il
primo è un introduttore di condizionali concessivi, e di concessive
fattuali all'indicativo, mentre il secondo introduce solo concessive fattuali
al congiuntivo.
Pure se con significato condizionale concessivo si
trova anche con subordinate al congiuntivo presente (in sostituzione
dell'indicativo), anche in questo caso stilisticamente piuttosto elevate:
(48) «Eppure in tutto questo che abbiamo
detto, pure se si sia disposti ad accettarlo in ogni sua pane, resta che al
Leopardi mancano note fondamentali dello spirito e del pensiero
settecentesco». (M. Sansone, Leopardi e la filosofia del Settecento, Firenze,
Olschki, 1964, p. 143)
Anche un costrutto condizionale può
essere interpretato come condizionale concessivo, purché sia abbastanza
evidente il contrasto esistente già di per sé fra i tipi di
evento presentati dalla subordinata e dalla sovraordinata; se il costrutto
condizionale è di tipo «bi-affermativo» viene però interpretato
come concessivo fattuale invece che come condizionale concessivo, come nell'esempio
(49b):
(49) a. Se poi ci fossimo trovati nei
guai non avremmo dovuto protestare, perché sapevamo fin dall'inizio che
ci stavamo imbarcando in una spedizione piuttosto pericolosa. (= «anche se ci
fossimo»)
b. Se il giudizio del Fondo Monetario
Internazionale sulla economia del nostro paese è stato positivo, non
dobbiamo dimenticare i rischi collegati al deficit pubblico. (= «sebbene il
giudizio ... sia positivo . . .»)
I costrutti condizionali con la
concordanza al congiuntivo e condizionale possono essere privi dell'operatore
di subordinazione se; anche tali costrutti condizionali possono
ricevere una interpretazione condizionale concessiva, che in alcuni casi viene
ribadita dall'inserimento di anche o di pure (si tratta comunque
di costrutti di stile alto):
(50) a. L'incidente di Gino è
successo in due secondi: fossi stato attentissimo, non avrei avuto il tempo di
intervenire.
b. Fossimo anche / pure riusciti ad
estorcergli una risposta positiva, il suo parere non sarebbe stato sufficiente.
Alcuni altri operatori di subordinazione
sono tipici dei condizionali concessivi (non possono cioè introdurre
concessivi fattuali). Quand'anche è stilisticamente più
alto di anche se, e ne condivide la concordanza tranne nei casi di
indicativo in subordinata e sovraordinata, nei quali richiede il congiuntivo
nella subordinata:
(51) a. Quand'anche nevica, non
resteremo chiusi in casa.
b. Quand'anche nevichi, non resteremo
chiusi in casa.
c. Quand'anche nevicasse, non resteremmo
chiusi in casa.
d. Quand'anche avesse nevicato, non
saremmo rimasti chiusi in casa.
Un costrutto condizionale concessivo
può essere introdotto dall'operatore di subordinazione condizionale se
accompagnato da neanche,neppure, o nemmeno (che sono
lessicalizzazioni di anche o pure più negazione); il
significato è simile, ma non identico, a quello di
un costrutto introdotto da anche se, con
la sovraordinata accompagnata dalla particella negativa non, come si
vede confrontando gli esempi a. con quelli b. :
(52) a. Neanche se hai molta sete devi
bere così in fretta.
b. Anche se hai molta sete non devi bere
così in fretta.
(53) a. Neppure se mi venisse a pregare
in ginocchio lo perdonerei.
b. Anche se mi venisse a pregare in
ginocchio non lo perdonerei.
(54) a. Nemmeno se fosse stato mandato
a vender ghiaccio agli esquimesi avrebbe rinunciato prima di provare.
b.Anche se fosse stato mandato a vender
ghiaccio agli e-squimesi non avrebbe rinunciato prima di provare.
La non interpretabilità di quand'anche,
neanche, neppure e nemmeno (gli ultimi tre accompagnati da se) come
introduttori di concessive fattuali è confermata dal fatto che non
possono combinarsi con sovraordinate con i tempi passati dell'indicativo (che
la subordinata sia all'indicativo oppure al congiuntivo):
(55) a. Quand'anche è nevicato,
non siamo rimasti chiusi in casa.
b. Quand'anche sia / fosse nevicato, non
siamo rimasti chiusi in casa.
(56) a. Neanche / Neppure / Nemmeno se
è stato mandato a vender ghiaccio agli esquimesi ha rinunciato prima di
provare.
b. Neanche / Neppure /Nemmeno se sia /
fosse stato mandato a vender ghiaccio agli esquimesi ha rinunciato prima di
provare.
Gli altri operatori di subordinazione che
abbiamo visto introdurre concessive fattuali non sono compatibili né
con la semantica né con la concordanza dei condizionali concessivi:
(57) a. Benché / Sebbene nevica,
non resteremo chiusi in casa.
b. Benché / Sebbene nevicasse, non
resteremmo chiusi in casa.
c Benché / Sebbene fosse nevicato,
non saremmo rimasti chiusi in casa.
(58) a. Malgrado (che) / Nonostante
(che) nevica, non resteremo chiusi in casa.
b. Malgrado (che) / Nonostante (che)
nevicasse, non resteremmo chiusi in casa.
c.Malgrado (che) / Nonostante (che) fosse
nevicato, non saremmo rimasti chiusi in casa.
(59) a. Quantunque / Per quanto nevica,
non resteremo chiusi in casa.
b. Quantunque / Per quanto nevicasse, non
resteremmo chiusi in casa.
c.Quantunque / Per quanto fosse nevicato,
non saremmo rimasti chiusi in casa.
(60) a. Ancorché / Seppure
nevica, non resteremo chiusi in casa.
b. Ancorché /Seppure nevicasse, non
resteremmo chiusi in casa.
c.Ancorché / Seppure fosse
nevicato, non saremmo rimasti chiusi in casa.
Anche gli operatori di subordinazione
«categoriali» non sono interpretabili come condizionali concessivi,
poiché l'elemento su cui si articolano non è presentato come
possibile, ma come certo, come si vede confrontando i costrutti in a. con le
loro parafrasi avversative coordinate in b.:
(61) a. Per poche che fossero le sue
pretese, mantenerlo per un periodo
così lungo non sarebbe certo stato
uno scherzo.
b. Le sue pretese erano poche, ma
mantenerlo per un periodo così lungo non sarebbe certo stato uno
scherzo.
(62) a. Alto com'è /
quant'è, Giorgio non è riuscito a segnare un solo
canestro.
b. Giorgio è (molto) alto, ma non
è riuscito a segnare un solo canestro.
(63) a. Tardi com'era, ha voluto a
tutti i costi andare a fare un giro lungo
il fiume.
b. Era (molto) tardi, ma ha voluto a tutti
i costi andare a fare un giro lungo il fiume.
(64) a. Per quanto veloci sembrassero i
nostri ragazzi, gli elementi del gruppo avversario arrivavano sempre con almeno
tre secondi di vantaggio.
b. I nostri ragazzi sembravano (molto)
veloci, ma gli elementi del gruppo avversario arrivavano sempre con almeno tre
secondi di vantaggio.
g)Semantica dei costrutti
a-condizionali
Nei costrutti detti a-condizionali il
contenuto proposizionale della subordinata non condiziona quello della
sovraordinata, contrariamente a quanto accade per i costrutti condizionali .
Tali costrutti possono essere fondamentalmente di due tipi, con le frasi (3a)
e (3b): Che ti piaccia o no, stasera andrò al cinema; Ovunque vada,
Ugo troverà degli amici. Il significato intuitivo di (3a) è
che data o meno una determinata condizione (la contentezza
dell'interlocutore), il parlante andrà al cinema; quello di (3b)
è che in ogni luogo nel quale il protagonista si possa recare
troverà sicuramente degli amici.
Ecco una analisi maggiormente formalizzata
della semantica di questi costrutti. Le subordinate di un a-condizionale come
(3a) esprimono la «disgiunzione» di un contenuto proposizionale p e del suo
contrario non-p, riassumibile con la formula «p o non-p», che è
tautologica, sempre vera: proprio per questo il contenuto proposizionale della
subordinata non ha alcun effetto su quello della sovraordinata. Il significato
di questo primo tipo di costrutto a-condizionale si può così
rappresentare: «p o non-p, q» = «pvero O PFalso> qVero».
II confronto fra questo schema e quello
riportato in (29), che rappresentava una parte del significato dei costrutti
condizionali concessivi, mostra quanto questi ultimi siano vicini
semanticamente a questo primo tipo di a-condizionali: in un caso la
possibilità che p sia falso è comunicata implicitamente dalla
presenza di anche (o di elementi lessicali dal significato affine),
nell'altro è espressa esplicitamente dalla «disgiunzione» presente nella
subordinata.
Nel caso dei costrutti a-condizionali come
(3b), la presenza di relativi indefiniti fa sì che la subordinata
esprima un contenuto «insaturo»: una «funzione proposizionale» con una
variabile libera, simbolizzabile con p(x).
Per tutti i valori assunti dalla variabile
x, e quindi per tutti i contenuti proposizionali ottenuti dalla subordinata,
il contenuto proposizionale della sovraordinata risulta vero." Il
significato di questo secondo tipo di costrutto a-condizionale si può
così rappresentare: «p(x), q» = «V x, p = F(x), qvero».
Anche in questo caso il confronto con lo
schema riportato in (29) mostra la vicinanza semantica fra questi pur diversi
tipi di costrutto: come nei condizionali concessivi, lo statuto del contenuto
proposizionale della subordinata è irrilevante per la verità di
quello della subordinata (e dell'intero costrutto),
A differenza dei costrutti condizionali
concessivi (e di quelli concessivi fattuali), dove fra i tipi di evento
presentati dalla subordinata e dalla sovraordinata viene comunque instaurato un
rapporto di contrasto, i costrutti a-condizionali non pongono esplicitamente
tale contrasto: semplicemente l'ascoltatore può inferire che fra il
tipo di evento presentato nella sovraordinata ed uno di quelli o disgiunti
nella subordinata o ottenibili dando un valore alla variabile x sempre nella
subordinata, un contrasto ci possa essere. Esemplificando, nell'es. (3a) di
2.4. si può vedere un contrasto fra il dispiacere dell'interlocutore e
l'intenzione del parlante di andare al cinema, come in (3b) è
ipotizzabile che possa esistere un luogo specifico nel quale il protagonista
«non» riuscirà a trovare degli amici.
Il costrutto a-condizionale non instaura
però necessariamente questo contrasto tra tipi di eventi:
(65) Dovremo stare attenti alla
concorrenza economica degli altri paesi europei, che facciano o no parte della
CEE.
(66) Dalla cima della collina, ovunque
girassimo gli occhi, non potevamo evitare di tornare a fissare sempre quel
villaggio.
h)I costrutti con 'disgiunzione'
I costrutti a-condizionali del tipo di (3
a) possono avere la subordinata costruita su una correlazione sia che...
sia che...:
(67) Sia che ti piaccia sia che non ti
piaccia, stasera andrò al cinema.
(68) Sia che lo paghino bene sia che lo
paghino male / non lo paghino bene, Piero fa il suo lavoro senza lamentarsi.
(69) Sia che abbia avuto ragione sia che
abbia avuto torto / non abbia avuto ragione / non l'abbia avuta, dobbiamo
aiutarlo perché è nostro amico.
Nei costrutti a-condizionali, il verbo
della subordinata è generalmente al congiuntivo; nello stile colloquiale
si trova anche l'indicativo:
(70) Sia che ti piace sia che non ti
piace, stasera andrò al cinema.
In uno stile piuttosto elevato è
possibile l'ellissi delle forme correlative, e la semplice giustapposizione
tramite virgole dei due elementi alternativi, con inversione di posizione fra
verbo e soggetto espresso:
(71) «In realtà la parola
'villanella', come designazione di forma poetica, cioè di un determinato
componimento, apparisca essa in scritti dialettali, apparisca in scritti
italiani, è termine letterario» (C. Calcaterra, Poesia e canto. Studi
sulla poesia melica italiana e sulla favola per musica, Bologna,
Zanichelli, 1951, p. 7)
A parte la correlazione con sia che...
sia che..., il costrutto può articolare la proposizione subordinata
su una «disgiunzione» con che... o (che)...:
(72) a. Che ti piaccia o (che) non ti
piaccia, stasera andrò al cinema.
b. Che lo paghino bene o (che) lo paghino
male / non lo paghino bene, Piero fa il suo lavoro senza lamentarsi.
c.Che abbia avuto ragione o (che) abbia avuto
torto / non abbia avuto ragione / non l'abbia avuta, dobbiamo aiutarlo
perché è nostro amico.
Nei costrutti articolati sulla
disgiunzione, la seconda parte della subordinata (quella che esprime non-p)
può subire diversi processi di riduzione o pronominalizzazione negativa,
che comportano però l'impossibilità (invece della
facoltatività) del secondo che:
(73) a. Che ti piaccia o (che) no /
meno, stasera andrò al cinema.
b. Che lo paghino bene o (che) no / meno /
male, Piero fa il suo
lavoro senza lamentarsi.
c.Che abbia avuto ragione o (che) no /
meno / torto, dobbiamo aiutarlo perché è nostro amico.
In alcuni casi, di stile più alto,
cade anche il primo che, e resta solo la disgiunzione o, ma
c'è di nuovo inversione di posizione fra verbo e soggetto espresso, come
nell'esempio (71):
(74) Ci piaccia o no / meno questa
situazione, ormai non c'è più nulla da fare.
Può esserci inversione di posizione
fra verbo e soggetto espresso anche quando gli elementi messi direttamente in
contrapposizione tramite la disgiunzione o sono anticipati prima del
verbo:
(75) a. Bene o male che lo paghino i
suoi committenti, Piero fa il suo
lavoro senza lamentarsi.
b. Ragione o torto che abbia avuto,
dobbiamo aiutarlo perché è nostro amico.
Fra i relativi indefiniti che compaiono
nelle subordinate (al congiuntivo) dei costrutti a-condizionali, chiunque sono
solamente pronominali:
(76) a. Chiunque tu sia, non ti voglio
ascoltare.
b. Checché tu sia, non ti voglio
ascoltare.
(77) a. Checché succeda durante
la riunione, è necessario affrontare il problema senza nascondere la
testa nella sabbia.
b. Chiunque succeda durante la riunione,
è necessario affrontare il problema senza nascondere la testa nella
sabbia.
Qualunque è usato sia
predicativamente che attributivamente (in quest'ultimo caso prevalentemente con
referenti singolari). Qualsiasi è usato in genere in posizione
attributiva (sempre con referenti singolari), e forma spesso un sintagma quasi
cristallizzato con cosa:
(78) a. Qualunque sia il motivo che lo
ha spinto tra di noi, non
voglio fidarmi di un forestiero.
b. «Le Materassi ... presero a rimanere
con la testa china sul lavoro ... qualunque fossero le escandescenze e le
risate squillanti delle dame» (A. Palazzeschi, Le sorelle Materassi, Firenze,
Vallecchi,1934, p. 272)
(79) a. A qualunque festa si vada,
è bene essere eleganti.
b. A qualunque feste si vada, è
bene essere eleganti.
(80) a. Da qualsiasi radice sociale
provenga, il razzismo risulta
sempre un profondo segno di ignoranza e di
barbarie.
b. Da qualsiasi radici sociali provenga,
il razzismo risulta sempre un profondo segno di ignoranza e di barbarie.
(81) Qualsiasi cosa facesse Enrico, sua
figlia Elena era sempre d'accordo.
Quale che è un aggettivo in funzione
predicativa, concorda in numero, e può sostituire qualunque e qualsiasi
nei contesti dove non possono occorrere (lo stile che ne risulta è
però sensibilmente più alto):
(82) a. Quale che sia il motivo che lo
ha spinto tra di noi, non
voglio fidarmi di un forestiero.
b. Quali che siano i motivi che lo hanno
spinto tra di noi, non voglio fidarmi di un forestiero.
(83) a. Quale che sia la festa a cui si
va, è bene essere eleganti.
b. Quali che siano le feste a cui si va,
è bene essere eleganti.
(84) a. Quale che sia la radice sociale
da cui proviene, il razzismo risulta sempre un profondo segno di ignoranza e di
barbarie.
b. Quali che siano le radici sociali da
cui proviene, il razzismo risulta sempre un profondo segno di ignoranza e di
barbarie.
(85) Quali che fossero le cose che
faceva Enrico, sua figlia Elena era sempre d'accordo.
Si trovano poi relativi indefiniti
articolati su ruoli circostanziali di modo, con comunque, e di luogo,
con dovunque e con il più ricercato ovunque:
(86) a. Comunque vada la seconda
metà della stagione invernale,
già di questo primo periodo
possiamo essere soddisfatti.
b. Dovunque siano finiti Giorgio e Franca,
stai sicuro che per
l'ora di cena torneranno.
c.Ovunque si sia perso il nostro valoroso
commilitone, non risparmieremo alcuno sforzo per ritrovarlo.
Con per quanto, se si articola su
un elemento nominale, la subordinata che ne risulta è di tipo
a-condizionale:
(87) a. Per quanti consigli tu gli dia,
lui fa ciò che gli pare.
b. Per quanto denaro guadagni, non
è mai contento.
Il significato di (87a) è «tu puoi
dargli x (pochissimi / pochi / alcuni I ... I molti / moltissimi /
infiniti) consigli, ma lui fa ciò che gli pare»; il significato di (87b)
è «lui può guadagnare x (pochissimo / poco I ... I molto /
moltissimo) denaro, ma non è mai contento»:
in questi casi la variabile x contenuta
nella subordinata a-condizionale assume valori di tipo quantitativo.
Un significato abbastanza simile a quello
di (87) può essere espresso dalle frasi (88), in cui però per
quanto, che si articola sull'intera proposizione subordinata, equivale
grosso modo a benché, e da quindi origine a costrutti concessivi
fattuali :
(88) a. Per quanto / Benché tu
gli dia molti consigli, lui fa ciò che
gli pare.
b. Per quanto / Benché guadagni
molto denaro, non è mai contento.
Un significato di tipo a-condizionale
emerge anche nei casi in cui i relativi indefiniti chiunque, qualunque,
qualsiasi (cosa), dovunque e ovunque introducono non delle
proposizioni subordinate extranucleari (come negli esempi visti finora), ma
delle frasi relative senza testa, ovvero dei SN o SP con un ruolo sintattico
nel nucleo della proposizione sovraordinata che li contiene:
(89) a. A chiunque telefoni, dite che
non sarò in ufficio prima di dopodomani.
b. Qualunque motivo lo abbia spinto fin
quassù, deve essere molto
importante.
c Qualsiasi cosa Antonio ti chieda, falla
subito senza porti problemi.
d. Dovunque / Ovunque andrai tu,
verrò anch'io.
Infatti le proposizioni relative
introdotte dagli indefiniti sono rispettivamente complemento indiretto in
(89a), soggetto in (89b), complemento oggetto in (89c), e complemento di luogo
in (89d).
Esistono numerosi costrutti con la sintassi
tipica degli a-condizionali, nei quali però è molto difficile
vedere un contrasto fra i tipi di evento che sono presentati nella sovraordinata
ed uno di quelli (due o più a seconda del tipo di a-condizionale)
configurati nella subordinata; ne presentiamo qui di seguito alcuni esempi:
(90) a. Sia che provengano dall'est
europeo sia che arrivino dal terzo o quarto mondo, la situazione giuridica
degli immigrati in Italia ha bisogno di una rapida sistemazione.
b. Che si tratti di agrumi e olive o di
prodotti lattiero-caseari, l'eliminazione dei montanti compensativi comunitari rischia
di creare notevoli problemi al comparto agroalimentare.
c. Chiunque sia stato ad innescare questa
situazione, il compito di risolverla tocca a noi.
d. Qualunque / Qualsiasi cosa abbiano
deciso di fare alla dirczione centrale, non devono dimenticarsi che il reparto
operativo continua ad avere importanti problemi di organico.
ÐÅÇÞÌÅ:
Óìîâíèé ñòàí â ³òàë³éñüê³é ìîâ³ ìຠäâà ÷àñè, ïðîñòèé
(òåïåð³øí³é) òà ñêëàäíèé (ìèíóëèé).
Ïðîñòèé ÷àñ óòâîðþºòüñÿ çà
äîïîìîãîþ çàê³í÷åíü ÿê³ äîäàþòüñÿ äî îñíîâè 䳺ñëîâà. Ñêëàäíèé
÷àñ óòâîðþºòüñÿ çà äîïîìîãîþ äîïîì³æíèõ 䳺ñë³â: avere (ìàòè) òà essere
(áóòè) â òåïåð³øíüîìó ÷àñ³ óìîâíîãî ñòàíó ç äîäàâàííÿì 䳺ïðèêìåòíèêà ìèíóëîãî
÷àñó (participio II).
Äîïîì³æíå 䳺ñëîâî essere âæèââàºòüñÿ ç íåïåðåõ³äíèìè 䳺ñëîâàìè ÿê³
âèðàæàþòü ïîñòóïîâèé ðóõ, ïåðåõ³ä ç îäíîãî ñòàíó â ³íøèé , à òàêîæ â
áåçîñîáîâèõ îáîðîòàõ òà ç 䳺ñëîâàìè ÿê³ âèðàæàþòü ÿâèùà ïðèðîäè. Äîïîì³æíå
䳺ñëîâî(avere) âæèâàºòüñÿ ç ïåðåõ³äíèìè 䳺ñëîâàìè ÿê³
âèðàæàþòü ÷àñîâ³ â³äíîñèíè òà ç ³ìåííèêàìè ÿê³ âèðàæàþòü ñòàí òà ïî÷óòòÿ.
Óìîâíèé ñòàí ³òàë³éñüêî¿ ìîâè ïðåçåíòóº ä³þ ÿê
³ìîâ³ðíó, ìîæëèâó ÷è ã³ïîòåòè÷íó , ÿêà ìîæå çä³éñíèòèñÿ â òåïåð³øíüîìó ÷àñ³ àáî
ìèíóëîìó ï³äêîðÿþ÷èñü ïåâíèì óìîâàì,
ÿê³ ìîæóòü áóòè âèðàæåí³ àáî
ïåðåäáà÷åí³.Òàê³ óìîâè º íåçàëåæíèìè â³ä
âîë³ òîãî , õòî êàæå àáî ïèøå.
ßê ïðîñòèé òàê ³ ñêëàäíèé ÷àñ â óìîâíîìó ñòàí³
ìîæå âèðàæàòè îáåðåæíå ñòàâëåííÿ äî òîãî ïðî êîãî
éäå ìîâà, íàòÿêàþ÷è íà òå ùî òîé õòî ãîâîðèòü íå ìຠáåçïîñåðåäíüîãî â³äíîøåííÿ
äî òîãî ïðî ùî ðîçïîâ³äàº. Öåé òèï³÷íèé ìåòîä çâè÷àéíî âèêîðèñòîâóþòü
æóðíàë³ñòè, ÿê³ çìóøåí³ îïèñóâàòè ïî䳿 ç ïåâíîþ äåë³êàòí³ñòþ òà
â³äïîâ³äàëüí³ñòþ.
Óìîâíèé ñòàí ìîæå âèðàæàòè:
-ïðîñòó ìîæëèâ³ñòü â ïðîñòîìó ÷è ñêëàäíîìó ÷àñ³:
In
casi come questo qualcuno parlerebbe (avrebbe parlato)di tradimento. òàêèõ âèïàäêàõ ÿê öåé äåõòî ì³ã áè êàçàòè
ïðî çðàäó.
-íàì³ð:
Ti
presterei io i soldi che ti servono.ß
ïîçè÷èâ áè òîá³ ãðîø³ ÿê³ òîá³ ïîòð³áí³.
-ïðîïîçèö³þ ïðî â³ðîã³äí³ñòü âèêîðèñòàííÿ:
Pagherei chissà che per
un bicchier d’acqua.ß ùî çàâãîäíî çàïëàòèâ áè çà ñêëÿíêó âîäè.
-ââ³÷ëèâå ïðîõàííÿ:
Preferirei rimanere sola.ß õîò³ëà á çîñòàòèñÿ íà îäèíö³ .
Vorrei
un caffe. ß á âèïèâ êàâè.
-ââ³÷ëèâå çàïðîøåííÿ òà ââ³÷ëèâó â³äìîâó:
-Ci verresti al cinema con noi? Òè ï³äåø ç íàìè â ê³íî?
-Ma io ,veramente,avrei da studiare.Àëå ÿ, ä³éñíî, ìàþ
ùå ïîâ÷èòèñÿ.
-âèÿâ áàæàííÿ:
Verrei
volentieri a Roma con te.ß á ç
çàäîâîëåííÿì ïî¿õàâ áè ç òîáîþ äî Ðèìó.
-ïèòàííÿ íà ï³äòâåðäæåííÿ:
Questo
sarebbe il libro di cui mi parlavi?
Öå ìàáóòü òà êíèãà ïðî ÿêó òè ìåí³ ðîçïîâ³äàâ?
-ñóìí³â òà íåâïåâíåíí³ñòü:
Che cosa potremmo fare?Ùî æ ìè ìîæåìî çðîáèòè?
Mia
madre potrebbe cambiare di carattere?
×è ìîæå ìîÿ ìàòè çì³íèòèñÿ?
-â³ðîã³äí³ñòü:
A
letto riposeremmo meglio. Â ë³æêó
ìè â³äïî÷èíåìî êðàùå.
-äîáðîçè÷ëèâèé äîê³ð:
Dovresti
studiare di piu! Òè ìàâ áè á³ëüøå
â÷èòèñÿ!
Ïðîñòèé ÷àñ óìîâíîãî ñòàíó âèêîðèñòîâóºòüñÿ äëÿ
âèðàæåííÿ áàæàííÿ,íàì³ðó ³ ò.ä.,ÿê³ ìîæóòü çä³éñíèòèñÿ ò³ëüêè â òåïåð³øíüîìó
àáî ìàéáóòíüîìó ÷àñ³:
Mario
sta dicendo che oggi o domani andrebbe a Venezia.
Ìàð³î
êàæå ùî ñüîãîäí³ àáî çàâòðà â³í ïî¿õàâ áè ó Âåíåö³þ.
Ñêëàäíèé ÷àñ óìîâíîãî ñïîñîáó âèðàæàº áàæàíó
ä³þ, àëå íå ðåàë³çîâàíó â ìèíóëîìó ³ ÿêà íå áóäå ðåàë³çîâàíà í³ â òåïåð³øíüîìó
í³ â ìàéáóòíüîìó:
Mario
ha detto poco fa che ieri sarebbe andato a Venezia.
Ìàð³î
ñêàçàâ ùî â÷îðà ïî¿õàâ áè ó Âåíåö³þ.
Îäíàê ,ñêëàäíèé ÷àñ óìîâíîãî ñòàíó òàêîæ
ìîæíà âèêîðèñòîâóâàòè äëÿ âèðàæåííÿ ìàéáóòíüî¿ ä³¿ àëå ò³ëüêè â òîìó âèïàäêó
êîëè òîé õòî ãîâîðèòü âæå çíຠùî öÿ ä³ÿ íå ðåàë³çóºòüñÿ :
Mario
sta dicendo che oggi o domani sarebbe andato a Venezia.
Ìàð³î êàæå ùî ñüîãîäí³ àáî çàâòðà â³í ïî¿õàâ áè
äî Âåíåö³¿.
Êð³ì òîãî ñêëàäíèé ÷àñ óìîâíîãî ñòàíó ìîæíà
âèêîðèñòîâóâàòè äëÿ âèðàæåííÿ ìàéáóòíüî¿ ä³¿ ³ â òîìó âèïàäêó êîëè ìàéáóòíÿ ä³ÿ
çàëåæèòü â³ä 䳺ñëîâà â ìèíóëîìó ÷àñ³ ÿêå íå çâ’ÿçàíå ç
òåïåð³øí³ì ÷àñîì ³ ðåçóëüòàò ö³º¿ 䳿 ùå íå â³äîìèé:
L’altro
ieri Mario ha detto che oggi o domani sarebbe andato a Venezia.
Ïîçàâ÷îðà Ìàð³î ñêàçàâ ùî ñüîãîäí³ àáî çàâòðà
ïî¿äå äî
Âåíåö³¿.
Äëÿ “ìàéáóòíüîãî ÷àñó â ìèíóëîìó“
âèêîðèñòîâóºòüñÿ
ò³ëüêè ñêëàäíèé ÷àñ óìîâíîãî ñòàíó, ïðè öüîìó íå ìàº
çíà÷åííÿ áóëà ä³ÿ ðåàë³çîâàíà ÷è í³:
L’altro
ieri Mario mi ha detto che sarebbe andato a Venezia.(e ci è andato ;e
non ci è andato;ma non so se poi ci è andato;)
Ïîçàâ÷îðà Ìàð³î ñêàçàâ ìåí³ ùî â³í ïî¿äå äî
Âåíåö³¿.( ³ â³í òóäè ïî¿õàâ; ³ â³í òóäè íå ïî¿õàâ ; ÿ íå çíàþ ÷è ïî¿õàâ â³í
òîä³ òóäè;)
 ñêëàäíèõ ðå÷åííÿõ ç óìîâíèì ï³äðÿäíèì (periodo ipotetico) òèïîâà ôóíêö³ÿ óìîâíîãî ñòàíó öå âèðàæåííÿ
íàñë³äêó(apodosi), à íå óìîâè(protesi)
íå äèâëÿ÷èñü íà òå , ùî ñàì òåðì³í óìîâíèé ñòàí, ïåðåäáà÷óº ïðîòèëåæíó ôóíêö³þ:
Se
il tempo cambia,potremmo fare una gita.
ßêùî
ïîãîäà çì³íèòüñÿ ,ìè ìîãëè á ï³äòè íà ïðîãóëÿíêó.
Se non dovevi uscire ,sarei venuto da te.
ßêáè
òîá³ íå òðåáà áóëî ³òè ,ÿ á ïðèéøîâ äî òåáå.
 ³òàë³éñüê³é ìîâ³ ³ñíóº ñòàíäàðòíà ñèñòåìà
óçãîäæåííÿ ÷àñ³â òà ñòàí³â,â ðàìêàõ óìîâíèõ êîíñòðóêö³é, ÿêà â ñó÷àñí³é ìîâ³
ò³ñíî ìåæóº ç ðîçìîâíèì âàð³àíòîì, âæèâàííÿ ÿêîãî ïîñòóïîâî ïîøèðþºòüñÿ (sistema “substandard”).
 ñòàíäàðòí³é ñèñòåì³ ìè ìîæåìî ìàòè ä³éñíèé
ñïîñ³á (indicativo) ÿê â protasi òàê ³ â apodosi
(Se
vieni alla festa, ti divertirai moltissimo.
ßêùî
òè ïðèéäåø íà ñâÿòî ,òè äîáðå ðîçâàæèøñÿ.),
óìîâíèé ñïîñ³á(congiuntivo)imperfetto â protasi òà ïðîñòèé óìîâíèé ñïîñ³á(condizionale semplice) â apodosi
(
Se venissi alla festa ,ti divertiresti moltissimo.),
ñongiuntivo
ïëþñêâàìïåðôåêò â protasi òà condizionale composto â apodosi
(Se fossi venuto alla festa ,ti saresti
divertito moltissimo).
Ðîçìîâíèé
âàð³àíò ñòàíäàðòíî¿ ñèñòåìè ïåðåäáà÷óº ìîæëèâ³ñòü çàì³íè êîëè indicativo imperfetto çàì³íþº congiuntivo
piuccheperfetto â protasi, àáî condizionale
composto â apodosi
(a.Se lo sapevo prima, sarei arrivato in
tempo a salutarti.
b.Se lo sapevo prima , arrivavo in tempo a
salutarti.
c.Se l’avessi saputo prima ,arrivavo in
tempo a salutarti.)
Â
ñòàíäàðòí³é ñèñòåì³ ³òàë³éñüêî¿ ìîâè ³ñíóþòü òàêîæ ðå÷åííÿ ç óìîâíèì ï³äðÿäíèì
â ÿêèõ ïðèñóòíÿ “íåïðàâèëüíà” ñèñòåìà óçãîäæåííÿ ÷àñ³â òà ñòàí³â:
ä³éñíèé ñïîñ³á â protasi
òà condizionale â apodosi, àáî congiuntivo â protasi òà indicativo â apodosi
(a.
Se vuoi proprio ottenere
quell’ incarico, dovresti recarti domani stesso dal funzionario responsabile.
b. Se (poi) volessi ottenere proprio
quell’incarico, devi recarti domani stesso dal funzionario responsabile.).
Letteratura usata:
1.Àëèñîâà Ò.Èòàëüÿíñêèé ÿçûê.-Ìîñêâà: Ìîñê.
óíèâ.,1962.
2.Àëèñîâà Ò.Ñèíòàêñèñ èòàë. ÿçûêà.- Ìîñêâà: Ìîñê.
óíèâ.,1971.
3. Ãëèâåíêî È. “Èòàëüÿíñêèé ÿçûê”- Ìîñêâà:
Ãîñ.èçä.,1923.
4.Êîðáîçåðîâà Í.Ì. Ïðîáëåìè ñåìàíòèêè ñëîâà , ðå÷åííÿ òà òåêñòó
– Êè¿â: ̳í. îñâ³òè ³ íàóêè Óêðà¿íè, 2001
5.Êðàñîâà Ã. Ñòðóêòóðíî-ñåìàíòè÷åñêàÿ õàðàêòåðèñòèêà
èòàë.ÿçûêà.-Ìîñêâà:Ìîñê.óíèâ.1978.
6.Ëåáåäåâà Ã.Óñëîâíîå íàêëîíåíèå â èòàë.
ÿçûêå.-Ìîñêâà:Ìîñê.óíèâ.,1978
7.×åðäàíöåâà Ò.Ñòðóêòóðíî-ñåìàíòè÷åñêîå èññëåäîâàíèå
ôðàçåîëîãèè èòàë. ÿçûêà.-Ìîñêâà:ÈÌÎ,1963.
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